Il fact-checking di Meloni a Cernobbio

Abbiamo verificato 13 dichiarazioni della presidente del Consiglio, che non è sempre stata precisa
ANSA/MATTEO BAZZI
ANSA/MATTEO BAZZI
Il 7 settembre la presidente del Consiglio Giorgia Meloni è stata ospite dell’annuale Forum di Cernobbio, organizzato da The European House-Ambrosetti (Teha). 

Dai numeri sui musei all’economia, passando per il Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr) e l’occupazione, abbiamo verificato 13 dichiarazioni di Meloni per vedere quante sono confermate da fatti e numeri. In alcune frasi la presidente del Consiglio ha detto la verità, in altre no.

Le visite dei musei

«Credo che sia stato molto importante per esempio aver significativamente incrementato i visitatori e gli introiti delle tante realtà culturali che ha l’Italia»

Con questa dichiarazione Meloni ha difeso l’operato dell’ex ministro della Cultura Gennaro Sangiuliano, che si è dimesso il 7 settembre. Con tutta probabilità, quando parla di «tante realtà culturali che ha l’Italia», la presidente del Consiglio fa riferimento ai musei, ai monumenti e alle aree archeologiche statali, che in effetti nel 2023 hanno visto aumentare sia i visitatori sia gli introiti. Secondo i dati più aggiornati del Ministero della Cultura, l’anno scorso i visitatori degli istituti statali sono stati oltre 57,7 milioni, a fronte dei circa 47,1 milioni del 2022. Gli introiti lordi sono cresciuti da 234,6 milioni di euro a 313,9 milioni. Tra le novità più significative c’è stata l’introduzione del biglietto a pagamento per visitare il Pantheon a Roma, il cui ingresso costa 5 euro dal 1° luglio 2023. In sei mesi, grazie a questa misura, sono stati incassati circa 6 milioni di euro.

Le aperture dei musei

«Credo che sia stata una scelta molto intelligente chiudere la vergogna tutta italiana di musei e siti archeologici chiusi durante i giorni di festa»

Anche con questa dichiarazione la presidente del Consiglio ha commentato quanto fatto da Sangiuliano alla guida del Ministero della Cultura. Durante il suo mandato l’ex ministro ha più volte ribadito la necessità che i musei restassero aperti durante le festività, agendo di conseguenza. Alla fine del 2022 il Ministero della Cultura ha annunciato l’apertura straordinaria dei musei statali il 26 dicembre 2022, il 1° gennaio e il 2 gennaio 2023. Un annuncio simile è stato fatto in occasione della Pasqua di quest’anno. 

Su queste aperture straordinarie, però, vanno fatte almeno due osservazioni. In primo luogo, già in passato i musei statali erano rimasti aperti durante Pasqua e Pasquetta, per esempio nel 2022 durante il governo Draghi. In secondo luogo, non è vero che la chiusura dei musei durante le feste è una «vergogna tutta italiana», usando le parole di Meloni. Per citare solo alcuni esempi, il Museo Louvre di Parigi è chiuso il 1° gennaio, il 1° maggio e il 25 dicembre, e i giorni festivi che cadono di martedì, ossia il giorno di chiusura settimanale del museo; anche il Museo del Prado di Madrid è chiuso il 1° gennaio, il 1° maggio e il 25 dicembre, mentre fa orario ridotto il 6 gennaio, il 24 e il 31 dicembre; la Tate Modern di Londra è chiusa il 24, 25 e 26 dicembre.

L’attuazione del Pnrr

«L’Italia è la prima nazione per realizzazione del suo Pnrr, nonostante sia anche quella che ha il Piano più grande»

Meloni ha rivendicato lo stesso primato anche in un altro punto del suo discorso a Cernobbio, dicendo: «Oggi essere la prima nazione nella realizzazione del Pnrr è una cosa che sicuramente porta lustro a questa nazione». In realtà non è vero che l’Italia è prima tra i 27 Paesi europei nell’attuazione del proprio Pnrr, come dimostrano i dati raccolti dalla Commissione europea.

Ma partiamo dalla seconda parte della dichiarazione di Meloni. In valori assoluti è vero che il Pnrr italiano è il piano più grande, visto che in totale vale oltre 194 miliardi di euro. Questa cifra corrisponde al 9,3 per cento del Prodotto interno lordo (Pil) italiano. Da questa prospettiva tre Paesi Ue hanno un Pnrr più “ricco” di quello italiano: Grecia, Croazia e Spagna.
Fino a oggi l’Italia ha raggiunto 232 traguardi e obiettivi sui 617 concordati con l’Ue: in valore assoluto questo è il numero più alto, ma qui è importante sottolineare che i 27 Paesi Ue hanno tutti concordato un numero diverso di traguardi e obiettivi. Se si guarda l’attuazione del piano da un’altra prospettiva, la classifica cambia. L’Italia ha raggiunto infatti il 37 per cento dei suoi traguardi e obiettivi: cinque Paesi hanno fatto meglio.
A oggi l’Ue ha erogato cinque rate su dieci all’Italia, lo stesso numero di quelle ricevute dalla Croazia, ma non tutti i piani si basano sull’erogazione di dieci rate. Per esempio la Francia ha ricevuto tre rate su cinque (il 60 per cento) ed è davanti all’Italia. 
Finora l’Italia ha ricevuto dall’Ue 113,5 miliardi di euro, il 58,4 per cento del valore totale del Pnrr. Ma anche in questo caso, in percentuale Francia e Danimarca hanno ricevuto più soldi dell’Italia.
Aggiungiamo un ultimo dato, su cui però non si possono fare confronti tra i vari Paesi Ue. Secondo i dati più aggiornati forniti dal governo, a metà luglio l’Italia aveva speso 52,2 miliardi di euro del Pnrr, il 27 per cento del valore totale e il 46 per cento dei soldi ricevuti. Quest’anno sono stati spesi meno di 10 miliardi sui 40,2 miliardi previsti per tutto il 2024. Vari organismi indipendenti hanno sottolineato più volte che la spesa delle risorse del Pnrr deve accelerare.

Com’è cambiata l’economia mondiale

«Nel 1990 l’Unione europea con 12 Stati membri valeva il 26,5 per cento del Prodotto interno lordo globale. Oggi l’Unione europea con 27 Stati membri vale il 16,1 per cento del Prodotto interno lordo globale. Nel 1990 il Prodotto interno lordo della Cina era 1,8 per cento del prodotto interno lordo globale, oggi è il 18 per cento. Gli Stati Uniti sono oggi al 26 per cento»

Le percentuali indicate dalla presidente del Consiglio sono confermate dai dati della Banca mondiale, consultabili a questo link.

L’Italia nell’Ue

«Siamo un Paese fondatore dell’Unione europea, siamo la terza economia europea, siamo la seconda manifattura europea, siamo la terza nazione per numero di abitanti»

È tutto corretto: nel 1951 l’Italia è stata tra i sei Paesi fondatori della Comunità europea del carbone e dell’acciaio (Ceca); secondo Eurostat, in valore assoluto il Pil italiano è il terzo più alto dell’Ue, dietro a Germania e Francia; il valore della produzione industriale italiana è il secondo più alto dell’Ue, dietro a quello della Germania; e il numero di abitanti del nostro Paese è il terzo più alto, dietro a Germania e Francia.

L’andamento dell’economia

«Il Prodotto interno lordo cresce più della media europea, cresce più di quello di altre grandi nazioni dell’Europa occidentale»

La presidente del Consiglio esagera. Secondo i dati Eurostat più aggiornati, nel secondo trimestre di quest’anno il Pil italiano è cresciuto dello 0,2 per cento rispetto al primo trimestre, stessa percentuale di crescita registrata dalla Francia, e in media dai 20 Paesi dell’area euro e dai 27 Paesi Ue. La Germania è calata dello 0,1 per cento, mentre la Spagna è cresciuta dello 0,8 per cento. 

Questa dinamica è stata sottolineata di recente in una nota anche dall’Ufficio parlamentare di bilancio, un organismo indipendente che vigila sui conti pubblici italiani.

Il record di occupati

«Noi abbiamo il numero di occupati più alto della storia d’Italia da quando Garibaldi l’ha unificata»

Partiamo dai dati più recenti. Secondo Istat, a luglio 2024 c’erano poco più di 24 milioni di occupati in Italia: per la precisione, 24 milioni e novemila. Questo è il numero più alto mai raggiunto da gennaio 2004, ossia dal primo mese per cui sono disponibili i dati mensili sugli occupati confrontabili tra loro. Come mostra il grafico, la crescita degli occupati non è un fenomeno iniziato con l’attuale governo, ma è in corso da tempo: la risalita è partita nel 2021, durante il governo Draghi, ed è proseguita con il governo Meloni, che si è insediato il 22 ottobre 2022.

Il calo della disoccupazione

«Abbiamo il tasso di disoccupazione più basso dal 2008»

La dichiarazione di Meloni è supportata dai numeri. Secondo i dati Istat più aggiornati, a luglio il tasso di disoccupazione in Italia era pari al 6,5 per cento: l’ultima volta che era stato registrato un dato così basso era marzo 2008 (6,4 per cento). Come si vede dal grafico, il calo del tasso di disoccupazione è iniziato prima dell’insediamento del governo Meloni, avvenuto il 22 ottobre 2022.

L’aumento dell’occupazione femminile

«Abbiamo il tasso di occupazione femminile più alto di sempre»

Secondo Istat, a luglio 2024 il tasso di occupazione femminile nella fascia di età tra i 15 e i 64 anni era pari al 53,6 per cento. Detto altrimenti, poco più della metà delle donne in questa fascia della popolazione era occupata. Questa percentuale è la più alta da gennaio 2004, ossia da quando sono disponibili le serie storiche con i dati mensili confrontabili.

Il calo dei contratti a tempo determinato

«Aumento dei contratti stabili, diminuzione del precariato»

È corretto. Secondo Istat, a luglio in Italia c’erano quasi 18,8 milioni di lavoratori dipendenti: di questi, il 14,7 per cento aveva un contratto a tempo determinato. Come mostra il grafico, questa percentuale è in calo da tempo, con una dinamica di decrescita iniziata prima dell’insediamento del governo Meloni.

L’andamento delle esportazioni

«Siamo, nel 2023, la quarta nazione esportatrice al mondo, altra cosa che non era mai accaduta»

Qui Meloni esagera. Secondo i dati contenuti nell’ultimo rapporto dell’Agenzia per la promozione all’estero e l’internazionalizzazione delle imprese italiane (Ice), un ente pubblico legato al Ministero degli Esteri, nel 2023 il valore delle esportazioni di merci italiane è stato il sesto più alto al mondo (il quinto se si escludono i Paesi Bassi, che sono un caso particolare). La quota di esportazioni italiane sul totale delle esportazioni mondiali è del 2,8 per cento, una percentuale già raggiunta negli anni precedenti. Il valore delle esportazioni di servizi dell’Italia è stato invece il sedicesimo più alto

È probabile comunque che Meloni abbia fatto confusione con un’altra statistica. Il 25 agosto Il Sole 24 Ore ha pubblicato un articolo scritto da Marco Fortis, vicepresidente della Fondazione Edison ed ex consigliere economico di Matteo Renzi quando era presidente del Consiglio. Secondo le stime di Fortis, tra gennaio e giugno 2024 le esportazioni italiane hanno raggiunto un valore pari a 316 miliardi di euro, quarto dato più alto al mondo, dietro a Cina, Stati Uniti e Germania, e davanti al Giappone, fermo a 312 miliardi di euro. 

Questi numeri però vanno letti con attenzione, per almeno due motivi. In primo luogo, quando si confrontano i dati delle esportazioni tra Paesi diversi, per poter fare paragoni diretti spesso si convertono i valori nella stessa valuta. In questo caso i valori in yen (la valuta giapponese) sono stati convertiti in euro. Ma se il tasso di cambio tra yen ed euro è cambiato negli ultimi mesi, questo può avere avuto un effetto sul confronto tra i due Paesi. E in effetti è quello che è avvenuto, con lo yen che ha perso valore nei confronti dell’euro. In secondo luogo, i numeri che abbiamo appena visto non ci dicono qual è stato l’andamento delle esportazioni italiane. Come ha sottolineato lo stesso Fortis nel suo articolo, nei primi sei mesi di quest’anno il valore delle esportazioni italiane è calato dell’1,1 per cento rispetto allo stesso periodo dell’anno scorso. Secondo Istat, nella prima metà del 2024 c’è stato anche un calo in volumi delle esportazioni dell’Italia. Di questo calo Meloni non ne ha parlato in televisione.

Il numero dei governi

«In 75 anni di storia repubblicana noi abbiamo avuto 68 governi. Attualmente io guido il nono governo più longevo della storia d’Italia. Se arrivo a Natale, sarò il sesto»

Procediamo con ordine. È vero che durante la storia repubblicana si sono succeduti alla guida del Paese 68 governi. Il governo Meloni è in carica dal 22 ottobre 2022, quindi a oggi da 689 giorni: secondo i nostri calcoli, solo otto governi sono durati di più. Se il governo Meloni dovesse rimanere in carica fino al 25 dicembre, governerebbe per 796 giorni, diventando il settimo governo più longevo, non il sesto. Per superare il secondo governo Moro, rimasto in carica 832 giorni effettivi, al governo Meloni basterà rimanere in carica fino a febbraio e salire così al sesto posto.

I soldi per l’assegno unico

«Questo è un governo che sull’assegno unico ha messo altri 3 miliardi»

L’assegno unico e universale è un sostegno economico, introdotto durante il governo Draghi, destinato alle famiglie con figli a carico. Secondo i dati Inps più aggiornati, quest’anno oltre 6,1 milioni di famiglie hanno beneficiato di almeno una mensilità dell’assegno unico, un numero in linea con quello indicato da Meloni.

È vero che l’attuale governo ha aumentato i fondi per l’assegno unico. La legge di Bilancio per il 2023, approvata alla fine del 2022, ha aumentato di 2,9 miliardi di euro complessivi i finanziamenti della misura per gli anni 2023, 2024 e 2025.

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