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Urso non la dice tutta sull’aumento dell’export italiano

| 18 luglio 2024
La dichiarazione
«Noi siamo il Paese che, all’interno dell’Unione europea, nel confronto con gli altri Paesi industriali avanzati, ha accresciuto di più il proprio export negli ultimi quattro anni»
Fonte: Facebook | 15 luglio 2024
Ansa
Ansa
Verdetto sintetico
Il ministro delle Imprese e del Made in Italy ha ragione a metà.
In breve
  • Secondo l’ultimo rapporto ICE sulla presenza dell’Italia nell’economia mondiale, nel periodo 2019-2023 il nostro Paese ha aumentato il valore dell’export di merci del 5,9 per cento, un risultato migliore di Francia e Germania. TWEET
  • Per quanto riguarda il valore dell’export dei servizi, il tasso di crescita medio annuo dell’Italia è stato pari al 4,5 per cento, un dato più basso rispetto a Germania, Francia, Spagna, Belgio, Lussemburgo e Irlanda. TWEET
  • In ogni caso, queste crescite sono dovute esclusivamente all’aumento del prezzo delle merci e dei servizi esportati, e non al volume degli scambi, che è invece diminuito rispetto all’anno scorso. TWEET
Il 15 luglio è stato presentato a Roma il nuovo rapporto dell’Agenzia per la promozione all’estero e l’internazionalizzazione delle imprese italiane, un ente pubblico legato al Ministero degli Esteri e noto anche con la sigla ICE. Secondo questo studio, nel 2023 le esportazioni di beni e servizi italiani sono aumentate dello 0,2 per cento rispetto all’anno precedente, mentre le importazioni sono scese dello 0,5 per cento, portando «un lieve contributo positivo» alla crescita del Prodotto interno lordo (PIL).

Questo risultato è stato sottolineato anche dal ministro delle Imprese e del Made in Italy Adolfo Urso, che nel suo intervento alla presentazione del report ha detto (min. 00:17) che «nel confronto con gli altri Paesi industriali avanzati» dell’Unione europea, l’Italia è quello che «ha accresciuto di più il proprio export negli ultimi quattro anni». 

Abbiamo verificato e la dichiarazione di Urso è vera solo in parte.

Le esportazioni italiane

Come sottolinea anche il rapporto ICE, il leggero aumento del valore delle esportazioni non è dovuto a un aumento dei volumi di commercio, ma all’aumento generale dei prezzi delle merci: in una parola, all’inflazione. In quasi tutti i settori infatti gli scambi di merci sono diminuiti e il dato positivo è stato possibile solo grazie a un aumento medio unitario del prezzo dei manufatti del 5,8 per cento. Quando Urso parla di «crescita dell’export» quindi, bisogna tenere a mente che la crescita in questione non rappresenta una crescita del commercio italiano verso l’estero o una maggiore presenza dei prodotti Made in Italy nel mondo, anzi: i volumi sono in calo, e quello che è cresciuto è solo il prezzo di questi beni o servizi.

Quest’ultima distinzione, quella tra “beni” e “servizi”, è importante perché è presente anche nelle analisi sulle esportazioni del rapporto ICE: con i primi si intendono generalmente le merci, dalle materie prime ai manufatti; i secondi invece comprendono le attività umane che possono essere commercializzate con l’estero come i servizi digitali, turistici, di marketing, della logistica e dei trasporti, per fare alcuni esempi.

Secondo il rapporto ICE, nel 2023 le esportazioni di beni italiani valevano 678 miliardi di dollari. Le esportazioni di servizi invece sono più contenute, e nel 2023 erano pari a 146 miliardi di dollari: quindi secondo i dati più aggiornati nel nostro Paese l’export di beni vale circa cinque volte quello dei servizi.

Torniamo alle parole del ministro Urso, secondo cui l’Italia nelle esportazioni «ha accresciuto di più il proprio export negli ultimi quattro anni» rispetto agli altri Paesi avanzati dell’Ue. Secondo il rapporto ICE, il tasso di crescita medio annuo (TMCA) del valore delle esportazioni di merci nel periodo 2019-2023 dell’Italia è stato pari al 5,9 per cento, un risultato che ha portato il nostro Paese al sesto posto nella classifica dei 15 esportatori mondiali di merci, dietro a Cina, Stati Uniti, Germania, Paesi Bassi e Giappone. Rispetto agli altri Paesi europei presenti nella classifica, il valore dell’export delle merci italiano negli ultimi quattro anni è cresciuto più di quello di Germania (+3,6 per cento) e Francia (+3,2 per cento), ma meno di Paesi Bassi (+7,3 per cento) e Belgio (+6,1 per cento). 

Va detto comunque che questi tassi di crescita medi annui sono stati molto influenzati dalla pandemia da Covid-19. In particolare, tra il 2019 e il 2020 tutti i Paesi dell’Ue citati hanno subito un calo piuttosto drastico del valore delle esportazioni, tra il -6,1 per cento del Belgio e il -14,5 per cento della Francia, salvo poi registrare aumenti del valore delle esportazioni intorno al 20 per cento tra il 2020 e il 2021. Per intenderci, nell’ultimo tasso di crescita medio annuo precedente alla pandemia (2014-2019) le variazioni percentuali erano molto più basse: l’Italia per esempio in quei cinque anni ha registrato un aumento dello 0,3 per cento.

L’effetto “Rotterdam-Anversa”

Tornando ai dati più recenti, a prima vista si potrebbe dire che il ministro Urso ha sbagliato, dal momento che almeno due Paesi avanzati dell’Ue hanno registrato tra il 2019 e il 2023 un aumento delle esportazioni di merci superiore a quello dell’Italia. In realtà, i dati sulle esportazioni di Paesi Bassi e Belgio risentono di solito di un effetto che gli studiosi chiamano “effetto Rotterdam” o “effetto Rotterdam-Anversa”. 

In poche parole i porti di queste due città, che sono rispettivamente il primo e il secondo porto più grande dell’Ue per traffico commerciale, costituiscono una tappa intermedia per numerose merci partite da un Paese e destinate a un altro. Al momento della ripresa del viaggio, però, le merci dirette da questi due porti verso la loro destinazione finale risultano partite da Rotterdam o Anversa, andando ad aumentare le statistiche delle esportazioni di Paesi Bassi e Belgio nonostante i beni scambiati non siano stati prodotti in questi due Paesi. A causa di questa distorsione, gli osservatori tendono a non considerare questi due Stati nelle classifiche dei Paesi esportatori.

Ricapitolando: il valore delle esportazioni italiane di merci, che corrisponde a una importante fetta delle esportazioni totali, tra il 2019 e il 2023 è cresciuto del 5,9 per cento, un dato superiore a quello di Francia e Germania.

Le esportazioni di servizi

Il discorso è invece diverso per quanto riguarda l’andamento del valore delle esportazioni di servizi. Secondo il rapporto ICE, in questo ambito il tasso di crescita medio annuo dell’Italia nel periodo 2019-2023 è stato pari al 4,5 per cento, un risultato più basso rispetto al +4,7 per cento di Germania, Francia e Belgio, e al +6 per cento della Spagna. Nell’Unione europea la crescita italiana nelle esportazioni di servizi è più bassa anche di quella del Lussemburgo (+6,3 per cento) e dell’Irlanda (+11,5 per cento). 

Insomma, nel campo dell’export di servizi l’Italia non è il «Paese avanzato» dell’Ue con il tasso di crescita più alto negli ultimi quattro anni. Anzi, come sottolinea il rapporto ICE, l’Italia non rientra nemmeno nella classifica dei 15 esportatori mondiali di servizi, dato che il nostro Paese è al sedicesimo posto. Nonostante il trend positivo, infatti, diversi centri studi hanno sottolineato come la crescita italiana nell’export di servizi proceda a un ritmo più basso rispetto a quello degli altri Stati dell’Europa occidentale.

Il verdetto

Secondo Adolfo Urso le esportazioni italiane negli ultimi quattro anni sono cresciute di più rispetto agli «altri Paesi avanzati» dell’Unione europea. Abbiamo verificato e il ministro delle Imprese e del Made in Italy ha ragione solo in parte.

Secondo l’ultimo rapporto ICE, nel periodo 2019-2023 il nostro Paese ha aumentato il valore dell’export di merci del 5,9 per cento, un risultato migliore di Francia e Germania.

Per quanto riguarda l’export dei servizi, il tasso di crescita medio annuo dell’Italia è stato pari al 4,5 per cento, un dato più basso rispetto a Germania, Francia, Belgio, Spagna, Lussemburgo e Irlanda. Va comunque specificato che questa crescita è dovuta esclusivamente all’aumento del prezzo delle merci e dei servizi esportati, e non al loro volume, che è invece diminuito rispetto all’anno scorso.

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