Il nuovo Parlamento europeo non è troppo diverso dal precedente

I rapporti di forza tra i gruppi parlamentari non sono cambiati drasticamente dopo le elezioni europee, così come i ruoli di vertice all’interno dell’assemblea
Ansa
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Martedì 16 luglio a Strasburgo è iniziata la prima seduta della decima legislatura del Parlamento europeo. In questa occasione i 720 deputati neoeletti si sono riuniti per scegliere il presidente e i vicepresidenti del Parlamento europeo. Il presidente del Parlamento europeo svolge un ruolo fondamentale: dirige i lavori dell’assemblea, facendo rispettare il regolamento interno, la rappresenta nei contesti internazionali, e firma le leggi europee e il bilancio dell’Ue. In caso di assenza questi compiti spettano ai vicepresidenti.

Nonostante i partiti di destra ed estrema destra abbiano ottenuto buoni risultati alle elezioni europee di giugno, i rapporti di forza tra i gruppi politici nel Parlamento europeo non sono cambiati drasticamente rispetto alla scorsa legislatura. Così, nella seduta del 16 luglio la parlamentare europea del Partito Popolare Europeo (PPE) Roberta Metsola è stata riconfermata come presidente del Parlamento europeo per i primi due anni e mezzo della legislatura. Allo stesso modo, l’elezione dei 14 vicepresidenti ha restituito uno scenario simile a quello degli scorsi cinque anni. All’interno del Parlamento europeo la maggioranza formata da popolari, socialisti e liberali, che ha guidato finora l’Ue, ha retto rispetto ai risultati elettorali ottenuti dai partiti di destra alle ultime elezioni europee. 

Per verificare la resistenza di questi equilibri sarà comunque necessario attendere il risultato del voto per l’elezione del nuovo presidente della Commissione europea, previsto in Parlamento per il 18 luglio, in cui la presidente uscente Ursula von der Leyen (PPE) punta alla riconferma.  Vediamo qual è la composizione definitiva del Parlamento europeo e come mai i rapporti di forza tra i gruppi di fatto non sono cambiati. 

I nuovi gruppi politici

All’interno del Parlamento europeo i 720 parlamentari non sono raggruppati con il criterio del Paese di provenienza, ma si organizzano in gruppi politici in base a valori e programmi comuni. Per costituire un gruppo è richiesta l’adesione di un minimo di 23 europarlamentari eletti in almeno un quarto degli Stati membri (sette su 27). 

Nella nuova legislatura i gruppi politici all’interno del Parlamento europeo sono otto, uno in più rispetto alla legislatura precedente. I gruppi più numerosi sono ancora quello del PPE e quello dei Socialisti e Democratici (S&D). Il PPE può contare infatti su 188 deputati, pari al 26 per cento dell’intera assemblea, in aumento rispetto alla scorsa legislatura, mentre i socialisti su 136 deputati, pari al 18 per cento del totale e in lieve calo rispetto agli scorsi cinque anni. Al terzo posto con 84 deputati, ossia il 12 per cento dei membri dell’assemblea, c’è il nuovo gruppo dei “Patrioti per l’Europa” (in inglese Patriots For Europe, PFE), nato per volontà del primo ministro ungherese Viktor Orbán. Questa formazione ha sostituito il precedente gruppo euroscettico di Identità e Democrazia, che si è sciolto: quasi tutti i partiti che ne facevano parte, tra cui la Lega di Matteo Salvini e il Rassemblement National di Marine Le Pen, hanno infatti aderito a PFE. 

Il quarto gruppo per dimensione è quello dei Conservatori e Riformisti Europei (ECR), dove 24 dei 78 membri sono i deputati italiani eletti con Fratelli d’Italia. I parlamentari europei dell’ECR corrispondono al 10 per cento di tutta l’assemblea. I liberali di Renew Europe, terza forza parlamentare nella nona legislatura, sono passati invece al quinto posto con 77 deputati. A seguire ci sono il gruppo dei Verdi/Alleanza Libera Europea (Greens/EFA) con 53 deputati, quello della Sinistra al Parlamento europeo con 46 deputati e il neonato gruppo di estrema destra “Europa delle Nazioni Sovrane” (Europe of Sovereign Nations, ESN) di cui fanno parte 25 deputati, tra i quali i 14 eletti in Germania con il partito di estrema destra tedesco Alternative für Deutschland. A questi gruppi si aggiungono 33 parlamentari europei “non iscritti”, cioè che non hanno aderito a nessun gruppo politico. Appartengono ai “non iscritti” i parlamentari europei di Bündnis Sahra Wagenknecht, un partito di estrema sinistra tedesco nato da una scissione di Die Linke, mentre non ne fanno più parte i parlamentari europei del Movimento 5 Stelle, che in questa legislatura hanno aderito al gruppo della Sinistra europea. 

In generale i gruppi politici di destra ed estrema destra sono dunque usciti rafforzati dalle elezioni europee. «Se andiamo a vedere il complesso dei seggi c’è stato qualche movimento a favore delle forze di destra, che si è riflesso sostanzialmente in un aumento da due a tre gruppi parlamentari rispetto alla scorsa legislatura», ha spiegato a Pagella Politica Nicola Lupo, professore ordinario di Diritto delle assemblee elettive all’Università Luiss. Tuttavia, Lupo ha confermato che le elezioni non hanno drasticamente cambiato gli equilibri all’interno del Parlamento europeo. «L’unica maggioranza possibile è ancora quella che fa leva sull’alleanza tra popolari e socialisti con l’aggiunta di altre forze, tra cui la più naturale è quella dei liberali. Da questo punto di vista non c’è stato un cambiamento radicale».

I vertici del Parlamento europeo

Il primo segnale di continuità tra la nona e la decima legislatura è emerso per l’appunto con l’elezione dei vertici del Parlamento europeo. La presidente uscente Metsola, esponente maltese del PPE, è stata confermata con un’ampia maggioranza di 562 voti, quando per la sua rielezione ne bastavano 312. Metsola ha ottenuto dunque anche più voti di quelli disponibili alla maggioranza formata da popolari, socialisti e liberali, che può contare su 401 parlamentari europei. La sua unica sfidante Irene Montero, ex ministra dell’Uguaglianza in Spagna per Podemos e oggi deputata nel gruppo della Sinistra al Parlamento europeo, si è invece fermata a 61 voti. 

Allo stesso modo, l’elezione dei vicepresidenti ha confermato la solidità dell’accordo tra popolari, socialisti e liberali, restituendo un risultato quasi identico a quello della legislatura precedente. Tre vicepresidenze su 14 sono state attribuite al PPE, cinque sono andate ai socialisti (tra cui l’italiana Pina Picierno del Partito Democratico, già vicepresidente durante il primo mandato di Metsola) e due sono andate ai liberali di Renew Europe. Al gruppo dei Conservatori e Riformisti europei, di cui fa parte Fratelli d’Italia, sono andate altre due vicepresidenze, i Verdi ne hanno ottenuto una, così come il gruppo della Sinistra. In questa legislatura l’unico cambiamento ha riguardato quindi gli equilibri tra Renew ed ECR, dato che nei cinque anni precedenti i liberali avevano tre vicepresidenti e i conservatori soltanto uno. Tra i vicepresidenti eletti nel gruppo dei Conservatori e Riformisti europei c’è un’altra italiana: Antonella Sberna, europarlamentare alla prima legislatura per Fratelli d’Italia, eletta insieme al lettone Roberts Zile, che già ricopriva questo incarico dal 2022.

Il “cordone sanitario”

I due nuovi gruppi di destra, “Patrioti per l’Europa”, di cui fa parte la Lega, ed “Europa delle nazioni sovrane”, non hanno invece ottenuto nessun ruolo di vertice all’intero del Parlamento europeo. L’assenza di questi due gruppi tra gli incarichi apicali è frutto di una precisa strategia messa in atto da tempo dai partiti di maggioranza, che ha l’obiettivo di escludere i partiti euroscettici dai ruoli decisionali all’interno del Parlamento europeo. Questa strategia è stata definita nel gergo politico e giornalistico “cordone sanitario”. «Il “cordone sanitario” fa sì che questi gruppi non partecipino alla distribuzione delle cariche né dei vicepresidenti, né dei presidenti di commissione e neanche come relatori per le leggi europee. L’idea alla base è che questi gruppi sono contro l’integrazione europea in modo netto, quindi non avrebbe senso coinvolgerli appieno nella gestione del Parlamento europeo», ha spiegato Lupo. In passato il “cordone sanitario” riguardava anche il gruppo di ECR, mentre oggi sono gli altri due gruppi a esserne maggiormente penalizzati. «Al momento i Conservatori e Riformisti non sono parte della maggioranza in modo organico, ma non sono neanche al di là del cordone sanitario, quindi partecipano alla distribuzione delle cariche del Parlamento europeo. Al tempo stesso è chiaro che il gruppo più estremista (ESN, ndr) non abbia possibilità di partecipare alla distribuzione delle cariche». 

La posizione particolare dell’ECR all’interno degli equilibri europei è frutto di un percorso di dialogo con popolari, socialisti e liberali in atto da alcuni anni. Come anticipato, nella scorsa legislatura i conservatori avevano già ottenuto una vicepresidenza, e in alcune occasioni diversi membri di questo gruppo hanno votato a favore di provvedimenti insieme alla maggioranza a sostegno di von der Leyen. Questo è accaduto per esempio ad aprile 2024, poco prima delle elezioni europee, quando i parlamentari europei di Fratelli d’Italia hanno votato a favore di gran parte del nuovo “Patto su migrazione e asilo”, ossia i dieci nuovi regolamenti europei per la gestione dei flussi migratori, nel quadro di un dialogo instaurato tra von der Leyen e Giorgia Meloni da quando quest’ultima è a capo del governo italiano. Le trattative in corso in questi giorni tra von der Leyen e il gruppo ECR potrebbero portare alcune delegazioni conservatrici a votare a favore della presidente della Commissione, aumentando le sue probabilità di ottenere un secondo mandato. Alla presidente, infatti, servono almeno 361 voti per essere rieletta e la maggioranza formata da socialisti, popolari e liberali può contare su poco più di 400 voti, ma non tutti sono garantiti a causa del voto segreto (su questo torneremo più avanti).

La continuità all’interno dei gruppi

Al di là della posizione di ECR, la continuità tra la nuova legislatura e quella appena conclusa non si è limitata alla scelta della presidente e dei vicepresidenti del Parlamento europeo. 

La maggior parte dei gruppi politici già esistenti hanno infatti scelto di confermare quasi tutti i propri capigruppo. Questa scelta è dovuta per lo più alla prassi per cui il presidente di un gruppo politico è indicato dalla delegazione nazionale più numerosa. Per esempio, il 19 giugno il tedesco Manfred Weber è stato riconfermato presidente del gruppo del PPE, incarico che ricopre ininterrottamente dal 2014, in quanto la Germania è la nazione più rappresentata tra i deputati popolari. Il 25 giugno Valérie Hayer, esponente del partito Renaissance di Emmanuel Macron, è stata invece riconfermata come leader del gruppo di Renew Europe, dal momento che la delegazione francese è la più numerosa all’interno del gruppo liberale.

La situazione per i Socialisti e Democratici è un po’ diversa. I socialisti hanno infatti rinnovato la loro fiducia alla capogruppo uscente Iratxe Garcia Perez, del Partito Socialista Operaio Spagnolo (PSOE), sebbene quest’ultimo non sia la forza politica nazionale più numerosa all’interno del gruppo S&D. Il PSOE conta infatti 20 parlamentari europei, contro i 21 eletti dal Partito Democratico, che però ha rinunciato a candidare un proprio esponente come capogruppo. Il caso di riconferma più recente al vertice dei socialisti risale al 2009 con il tedesco Martin Schulz, ma in quel caso la delegazione tedesca tra i socialisti era la più numerosa. «Tra PD e PSOE c’è tutto sommato una differenza minimale e per facilitare la gestione interna si è quindi privilegiata la continuità, con l’idea di proseguire il lavoro fatto», ha spiegato Lupo.

Le modifiche all’organizzazione interna sono state minime anche per i gruppi che indicano due “co-presidenti” anziché un unico capogruppo. Il gruppo dei Conservatori ha confermato l’italiano Nicola Procaccini, mentre ha sostituito il co-titolare polacco Ryszard Legutko, non più europarlamentare, con il connazionale Joachim Brudziński. I Verdi hanno mantenuto al vertice la tedesca Terry Reintke, sostituendo il francese Philippe Lamberts, pure lui non più europarlamentare, con l’olandese Bas Eickhout. Il gruppo della Sinistra al Parlamento europeo ha invece confermato la coppia franco-tedesca composta da Manon Aubry e Martin Schirdewan, nonostante dopo l’ingresso del Movimento 5 Stelle la delegazione nazionale più numerosa sia diventata quella italiana.

L’appuntamento decisivo

Per quanto riguarda la Commissione europea, l’ultima prova per confermare la continuità tra la nuova legislatura e quella precedente  resta comunque la votazione in programma il 18 luglio, dove von der Leyen è candidata come presidente della Commissione europea per un secondo mandato. 

Candidata di punta del PPE, von der Leyen ha ottenuto un primo via libera alla riconferma da parte dei capi di Stato e di governo dei 27 Stati membri durante il Consiglio europeo del 28 giugno. In quell’occasione la presidente del Consiglio italiana Meloni aveva deciso di astenersi. «Di fronte a crisi internazionali multiple ancora aperte si preferisce non cambiare completamente l’indirizzo politico, ma assestarlo. Questo non significa che non ci saranno cambiamenti, perché come sempre il voto degli elettori conta. Di questo ci accorgeremo già dalle parole di von der Leyen, che non credo replicherà esattamente il discorso che fece cinque anni fa. Anche nella prossima Commissione mi aspetto che più della metà dei componenti saranno nuovi», ha detto Lupo.

Il risultato della votazione su von der Leyen è reso ancora più incerto dallo scrutinio segreto, che favorisce il fenomeno dei cosiddetti “franchi tiratori”. Nel gergo politico e giornalistico i “franchi tiratori” sono quei parlamentari che, approfittando del voto segreto, votano contro la linea del proprio gruppo in Parlamento. In altre parole, il voto segreto potrebbe favorire la creazione di un’opposizione interna ai gruppi che si sono dichiarati pubblicamente favorevoli al secondo mandato di von der Leyen, incluso il gruppo del PPE di cui lei stessa fa parte. «Non dimentichiamoci che quando von der Leyen è stata individuata come Spitzenkandidat (“candidata di punta” in tedesco, ndr) c’è stata una divisione all’interno dei popolari, con poco più di metà del partito che ha votato a favore. A posteriori si vedrà se questa frattura interna si è risanata o se ancora lascia tracce», ha concluso Lupo.

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