Il fact-checking di Meloni in vista del Consiglio europeo

Abbiamo verificato nove dichiarazioni fatte alla Camera dalla presidente del Consiglio prima di incontrare a Bruxelles i capi di Stato e di governo dell’Ue
ANSA/MASSIMO PERCOSSI
ANSA/MASSIMO PERCOSSI
Martedì 12 dicembre la presidente del Consiglio Giorgia Meloni ha fatto un discorso alla Camera in vista del Consiglio europeo del 14 e 15 dicembre, replicando poi agli interventi in aula dei deputati.

Dall’economia al lavoro, passando per il Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr), abbiamo verificato nove dichiarazioni di Meloni per vedere quali sono supportate dai fatti e quali no.

L’andamento dell’avanzo primario

«L’avanzo primario, fatta eccezione per il periodo Covid e post Covid, ha quasi costantemente registrato un incremento dai primi anni Novanta a oggi e dal 2024 noi torneremo in avanzo primario»

La dichiarazione di Meloni è corretta. Con il termine “avanzo primario” si intende una differenza positiva tra quanto lo Stato incassa (per esempio attraverso le tasse) e quanto spende (per esempio per finanziare i servizi pubblici), al netto di quanto gli costano gli interessi sul debito pubblico. Quando questa differenza è negativa, si parla invece di “disavanzo primario”.

Tra il 1990 e il 2019 l’avanzo primario dell’Italia è stato in media pari all’1,75 per cento del Pil. È l’undicesimo dato più alto su oltre 100 Stati che abbiamo analizzato in un precedente fact-checking ed è il più alto tra i grandi Paesi Ue e quelli del G7. Nella Nota di aggiornamento al documento di economia e finanza (Nadef), presentata a settembre, il governo Meloni ha previsto che l’Italia tornerà a registrare un avanzo primario nel 2024, con un valore pari allo 0,6 per cento del Pil. Secondo le previsioni del governo, questa percentuale salirà allo 0,9 per cento nel 2025 e all’1,4 per cento nel 2026.

L’equilibrio del sistema pensionistico

«Il nostro sistema pensionistico è tra i più equilibrati d’Europa»

Qui non è chiaro a che cosa faccia riferimento Meloni quando parla di “equilibrio” del sistema pensionistico. In generale fare confronti tra i sistemi pensionistici dei vari Paesi europei e del mondo è difficile per i molti fattori che li differenziano.

Esistono comunque alcuni indici che provano a paragonare l’adeguatezza e la solidità dei sistemi pensionistici a livello internazionale. Tra questi c’è il Global Pension Index, realizzato dalla società di consulenza Mercer insieme al CFA Institute, un’organizzazione no profit attiva nell’educazione finanziaria. L’edizione 2023 di questo indice ha confrontato il sistema previdenziale di una cinquantina di Paesi, tra cui 16 europei, sulla base di una serie di indicatori. L’Italia ha ricevuto un punteggio più basso di quello di Paesi come Spagna, Francia e Germania, soprattutto a causa del rischio di essere poco sostenibile in futuro visto il calo demografico e il costante invecchiamento della popolazione.

I record nel mercato del lavoro

«Il mercato del lavoro sta facendo registrare risultati record sul fronte dell’occupazione, e particolarmente sul fronte dell’occupazione stabile»

La presidente del Consiglio ha ragione, anche se serve fare una precisazione. Secondo i dati provvisori di Istat, a ottobre in Italia c’erano 23,7 milioni di occupati, il numero più alto da quando ci sono le serie storiche mensili. I lavoratori dipendenti con un contratto a tempo indeterminato erano 15,7 milioni, anche questo un primato. 

Il miglioramento dei dati sull’occupazione non è però iniziato con il governo Meloni, ma è in atto da tempo, almeno dall’inizio del 2021. Già durante il governo Draghi, in vari mesi erano stati raggiunti diversi primati, poi aumentati ancora durante il governo Meloni.
Grafico 1. Andamento del numero degli occupati in Italia – Fonte: Istat
Grafico 1. Andamento del numero degli occupati in Italia – Fonte: Istat

La crescita della borsa

«La borsa italiana nel 2023 sta facendo registrare la migliore performance d’Europa»

La dichiarazione della leader di Fratelli d’Italia è supportata dai numeri. Al 12 dicembre l’indice FTSE MIB di Milano era più alto di circa il 28 per cento rispetto al 1° gennaio 2023. Nello stesso periodo il CAC 40 francese ha registrato un +16 per cento, il DAX tedesco un +21 per cento, l’IBEX 35 spagnolo un +23 per cento e il FTSE 100 inglese un +1 per cento.

La revisione del Pnrr

«La proposta di rimodulazione del Piano nazionale di ripresa e resilienza ci ha consentito di liberare 21 miliardi di euro»

Qui Meloni è fuorviante: con questa dichiarazione la presidente del Consiglio sembra voler dire che grazie alla revisione del Pnrr, ora l’Italia avrà a disposizione 21 miliardi di euro in più, ma le cose non stanno così. 

Il 24 novembre la Commissione europea ha dato il suo via libera preliminare alla revisione del Pnrr, dopo mesi di trattative con il governo Meloni, che a inizio agosto aveva presentato la sua proposta per modificare il piano. L’8 dicembre è arrivata anche l’approvazione dell’Ecofin, una delle formazioni del Consiglio dell’Unione europea. Il nuovo Pnrr potrà contare su 194,4 miliardi di euro, quasi 3 miliardi in più rispetto agli oltre 191 miliardi di euro originari. Perché allora Meloni parla di 21 miliardi?

La revisione del Pnrr prevede la rimodulazione dei finanziamenti destinati alle varie missioni del piano, come ha spiegato il 5 dicembre in un’audizione in Parlamento l’Ufficio parlamentare di bilancio, un organismo indipendente che vigila sui conti pubblici italiani (Grafico 2). Questa rimodulazione riguarderà circa 21 miliardi di euro, che però per circa 18 miliardi di euro facevano già parte del piano e che ora saranno destinati a interventi diversi rispetto a quelli previsti dal Pnrr originario. Per esempio oltre 8 miliardi di euro sono stati spostati nella nuova missione del Pnrr dedicata al programma REPowerEU, introdotto dall’Ue per ridurre la dipendenza energetica degli Stati membri dalla Russia. A questa missione si aggiungono i quasi 3 miliardi di euro aggiuntivi di cui abbiamo parlato sopra.
Grafico 2. La variazione delle risorse per le missioni del Pnrr – Fonte: Ufficio parlamentare di bilancio
Grafico 2. La variazione delle risorse per le missioni del Pnrr – Fonte: Ufficio parlamentare di bilancio

La guerra in Ucraina

«La Russia è riuscita a invadere solo l’11 per cento del territorio ucraino»

Non è chiaro da dove provenga la percentuale indicata da Meloni, ma sembra essere un dato affidabile. 

Secondo le stime del Belfer Center, un centro di ricerca dell’Università di Harvard, citate di recente dall’agenzia stampa Reuters, a oggi la Russia controlla il 17 per cento del territorio ucraino, considerando anche la penisola della Crimea, annessa illegalmente nel 2014. La superficie della Crimea è pari a 26 mila chilometri quadrati, poco più del 4 per cento degli oltre 600 mila chilometri quadrati di superficie dell’intera Ucraina. Sottraendo questo 4 per cento al 17 per cento citato sopra, si ottiene un 13 per cento circa di territorio occupato dai russi dall’inizio della guerra, una percentuale vicina all’11 per cento indicato da Meloni.

La guerra tra Israele e Hamas

«Noi non abbiamo votato contro il cessate il fuoco [a Gaza]. Noi ci siamo astenuti su una risoluzione che, secondo noi, era molto sbilanciata, pur contenendo obiettivi che condividevamo, nella quale non vi era alcun riferimento ad Hamas, alla condanna di quello che è avvenuto lo scorso 7 ottobre»

Qui il riferimento è alla votazione tenutasi il 27 ottobre all’Assemblea generale delle Nazioni Unite. In quell’occasione è stata approvata una risoluzione per chiedere a tutte le parti in causa nell’attuale conflitto tra Israele e Hamas che fossero rispettati «immediatamente e pienamente» gli obblighi previsti dalle leggi internazionali umanitarie e sui diritti umani, «in particolare per quanto riguarda la protezione dei civili». Il testo ha anche chiesto la protezione del personale umanitario e di consentire l’ingresso di aiuti per tutti i civili. L’Italia si è astenuta nella votazione, insieme alla maggior parte dei Paesi dell’Unione europea e del G7.
Immagine 1. I voti dei Paesi nell’Assemblea generale dell’Onu sulla risoluzione per Gaza del 27 ottobre – Fonte: Onu
Immagine 1. I voti dei Paesi nell’Assemblea generale dell’Onu sulla risoluzione per Gaza del 27 ottobre – Fonte: Onu
Prima della votazione finale sulla risoluzione, non è passato un emendamento proposto dal Canada, che nonostante abbia raccolto più voti favorevoli che contrari non è riuscito a ottenere la maggioranza dei due terzi dei votanti. Questo emendamento chiedeva che la risoluzione respingesse e condannasse «inequivocabilmente gli attacchi terroristici di Hamas avvenuti in Israele a partire dal 7 ottobre 2023 e la cattura degli ostaggi».

La tassa sugli extraprofitti energetici

«È una fake news quella delle risorse che non sarebbero state prese dalle società energetiche, perché la tassa è immutata, l’incasso non è ridotto. Banalmente, l’ultima rata della tassazione del 2023 sarà versata all’inizio del 2024»

Il decreto “Anticipi”, già approvato dal Senato e ora all’esame della Camera, contiene (art. 6) alcune novità per la tassa sui cosiddetti “extraprofitti” delle aziende energetiche introdotta solo per quest’anno dalla legge di Bilancio per il 2023. Tra le altre cose, con il decreto “Anticipi” il governo ha deciso di non far pagare più alle aziende la quota della tassa che andava versata entro il 30 novembre.

Parallelamente è stato però istituito un contributo di solidarietà di pari valore per il 2024. «In concreto, dunque, la quota del contributo di solidarietà per il 2023 non versata […] sarà comunque dovuta a titolo di contributo di solidarietà temporaneo per l’anno 2024», ha sottolineato un dossier del Parlamento, parlando di un’entrata potenziale per le casse dello Stato di 450 milioni di euro. Restano da capire però le modalità e le tempistiche con cui andrà versato questo contributo.

L’attivazione del Mes

«Il Mes è uno strumento che sta lì e può essere utilizzato all’occorrenza; quello che non si può utilizzare è il Mes secondo le modifiche che sono previste dal trattato»

Quello che dice la leader di Fratelli d’Italia è corretto. In questi giorni i partiti sono tornati a discutere della ratifica da parte del Parlamento della riforma del trattato che nel 2012 ha istituito il Meccanismo europeo di stabilità (Mes).

La ratifica della riforma del trattato non comporta una richiesta di aiuto al Mes: non c’è nessun automatismo dato che questi sono due processi separati. Al momento però chi volesse chiedere assistenza al Mes, ossia i 20 Paesi che adottano l’euro, non potrebbe farlo sulla base delle novità contenute nella riforma, perché il trattato in vigore è ancora quello istitutivo. Potrebbe invece fare ricorso agli strumenti che il Mes mette a disposizione da anni.

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