Il fact-checking degli “appunti di Giorgia” – Episodio 3

Dall’immigrazione alla legge di Bilancio, passando per la querela contro Saviano, abbiamo verificato dieci dichiarazioni della presidente del Consiglio
ANSA/FABIO FRUSTACI
ANSA/FABIO FRUSTACI
Il 17 dicembre, durante la festa dei dieci anni di Fratelli d’Italia a Roma, la presidente del Consiglio Giorgia Meloni, intervistata dal giornalista Roberto Inciocchi, ha presentato la terza puntata della sua rubrica “Gli appunti di Giorgia”, dove racconta quanto fatto finora dal governo. 

Dall’immigrazione alla legge di Bilancio, passando per la querela contro Saviano, abbiamo verificato dieci dichiarazioni della presidente del Consiglio: in alcuni casi è stata precisa, in altri ha commesso errori.

Le retromarce di Fratelli d’Italia

«Non c’è una cosa sulla quale noi non stiamo facendo esattamente quello che volevamo fare e che avevamo detto che avremmo fatto» (min. 10:25)

Non è vero: al governo Fratelli d’Italia ha approvato alcune misure in contraddizione con quanto promesso in passato ai suoi elettori. Vediamo almeno due esempi.

Nel 2019 Meloni aveva più volte ripetuto che le accise sui carburanti andassero «progressivamente abolite». L’11 novembre scorso il governo Meloni ha prorogato, in un primo momento, fino alla fine del 2023 il taglio alle accise introdotto a marzo dal governo Draghi. Ma dieci giorni dopo ha cambiato idea, riducendo il taglio per il mese di dicembre. In concreto, dal 1° dicembre le accise sui carburanti sono aumentate di 10 centesimi rispetto al periodo precedente, rimanendo comunque a un livello più basso rispetto a quello precedente al taglio voluto dal governo Draghi. 

Rimanendo sul fronte dell’energia, nel 2016 Meloni aveva fatto campagna elettorale per il sì al referendum abrogativo sulle trivelle per l’estrazione di gas. Dopo poche settimane dall’insediamento, il suo governo ha introdotto una norma per aumentare proprio l’estrazione di gas in mare, per far fronte ai rincari energetici.

In quanto è stata scritta la legge di Bilancio

«La manovra è stata fatta dopo 30 giorni dalla nascita del governo» (min. 17:50)

I numeri tornano: il governo Meloni si è insediato il 22 ottobre, mentre il disegno di legge di Bilancio per il 2023 è stato approvato dal Consiglio dei ministri nella notte tra il 21 e il 22 novembre, quindi 30 giorni dopo. Il testo è stato poi presentato in Parlamento il 29 novembre e l’esame in Commissione Bilancio alla Camera è iniziato il 1° dicembre. Per evitare l’esercizio provvisorio, la legge di Bilancio dovrà essere approvata da entrambe le camere entro il 31 dicembre.

La rivalutazione delle pensioni

«Noi abbiamo indicizzato al 120 per cento le pensioni più basse, e non abbiamo indicizzato al 100 per cento quelle che erano più alte» (min. 21:48)

Meloni ha ragione, anche se questo non vuol dire che le pensioni minime più che raddoppieranno. Con il disegno di legge di Bilancio, il governo ha deciso di modificare (art. 58), per il 2023 e il 2024, il meccanismo con cui il valore delle pensioni viene adeguato alla crescita dell’inflazione. Non tutte le pensioni aumenteranno allo stesso modo: quelle con un valore fino a 2.100 euro aumenteranno tutte del 7,3 per cento (una percentuale stabilita dal Ministero dell’Economia e delle Finanze), mentre quelle superiori ai 2.100 euro aumenteranno con percentuali inferiori, che si abbassano via via al crescere del valore della pensione. 

Per le pensioni minime, la rivalutazione sarà più generosa rispetto alle altre: nel 2023 cresceranno non del 7,3 per cento (quella che sarebbe una rivalutazione al 100 per cento), ma dell’8,8 per cento, con un +1,5 per cento in più (ecco perché si parla di rivalutazione al 120 per cento). Numeri alla mano, il prossimo anno una pensione minima da circa 525 euro salirà così a 571 euro, invece che a 564 euro. 

Il 18 dicembre, il ministro dell’Economia e delle Finanze Giancarlo Giorgetti ha poi annunciato che le pensioni minime per chi ha almeno 75 anni di età saliranno fino a 600 euro al mese.

Il taglio del cuneo fiscale

«Noi abbiamo aumentato di un punto il taglio del cuneo fiscale sui redditi fino a 20 mila euro» (min. 22:17)

È vero. Questa norma è contenuta nell’articolo 52 del disegno di legge di Bilancio, ora all’esame della Camera, che ha rinnovato per il 2023 la riduzione del cuneo fiscale (ossia la differenza tra il lordo e il netto in busta paga) del 2 per cento, introdotta dal governo Draghi per i redditi fino a 35 mila euro annui. In più, il disegno di legge di Bilancio ha proposto di alzare questa riduzione al 3 per cento per chi ha uno stipendio mensile fino a 1.538 euro, ossia circa 20 mila euro l’anno, contando la tredicesima. Il 18 dicembre, il ministro Giorgetti ha annunciato che il governo alzerà questa soglia a 25 mila euro annui.

I soldi contro il “caro carrello”

«Abbiamo messo 500 milioni per combattere il “caro carrello”, sui generi di prima necessità, per le persone in difficoltà» (min. 22:52)

Meloni ha ragione. L’articolo 78 del disegno di legge di Bilancio ha proposto la creazione di un fondo da 500 milioni di euro destinato all’acquisto di «beni alimentari di prima necessità» per i cittadini che hanno un Isee inferiore a 15 mila euro. Dopo che la legge sarà approvata dal Parlamento, sarà però compito del Ministero dell’Agricoltura, della Sovranità alimentare e delle Foreste, insieme a quello dell’Economia e delle Finanze, stabilire con un decreto i criteri per l’accesso a questo fondo e l’erogazione dei soldi.

Chi riguarda il Regolamento di Dublino

«Il Regolamento di Dublino prevede che le ridistribuzioni valgano per i profughi o per la protezione sussidiaria. Non valgono neanche per quella che l’Italia chiamava protezione umanitaria» (min. 27:50)

Qui Meloni ha fatto confusione. Il Regolamento di Dublino III, in vigore dal 2013, «stabilisce i criteri e i meccanismi di determinazione dello Stato membro competente per l’esame di una domanda di protezione internazionale presentata in uno degli Stati membri» da un cittadino proveniente da un Paese terzo. Il principio alla base del Regolamento di Dublino prevede che lo Stato d’arrivo del migrante sia quello che deve farsi carico della sua domanda d’asilo o di protezione internazionale, salvo alcune eccezioni, come la presenza di un familiare in altri Paesi Ue. 

Il Regolamento serve quindi per decidere quali Paesi sono responsabili per l’esame delle richieste dei migranti che entrano nel territorio dell’Ue, ma non tratta il tema delle ridistribuzioni, ossia il trasferimento tra diversi Stati europei di migranti che hanno già ottenuto una forma di asilo o di protezione internazionale, oppure che hanno presentato domanda. 

È vero comunque che i criteri stabiliti dal Regolamento di Dublino III per quanto riguarda l’esame delle domande sono validi per i richiedenti asilo, ossia coloro che hanno presentato domanda per ottenere lo status di rifugiati, e per i richiedenti di protezione sussidiaria. Secondo la Convenzione di Ginevra, lo status di rifugiato può essere riconosciuto a coloro che nel Paese di origine potrebbero essere perseguitati «per la razza, la religione, la cittadinanza, l’appartenenza a un determinato gruppo sociale o le opinioni politiche». La protezione sussidiaria, invece, viene concessa a chi non possiede i requisiti per lo status di rifugiato ma che tornando nel Paese d’origine potrebbe comunque  correre rischi di un grave danno.

Il Regolamento di Dublino III non si applica ai richiedenti di protezione speciale, introdotta in Italia nel 2018 dai decreti “Sicurezza”, voluti dall’allora ministro Salvini, in sostituzione della “protezione umanitaria”. Questa viene riconosciuta in casi particolari ai migranti per i quali non può essere riconosciuto lo status di rifugiato o la protezione sussidiaria.

I rifugiati ucraini nell’Ue

«Siamo la quarta nazione in Europa che accoglie profughi ucraini» (min. 28:37)

Meloni ha ragione. Secondo i dati dell’Alto commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati (Unhcr), al 6 dicembre oltre 173.200 rifugiati ucraini hanno trovato accoglienza in Italia. È il quarto numero più alto tra i Paesi membri dell’Unione europea, dietro a Polonia (circa un milione e 530 mila), Germania (quasi un milione e 22 mila) e Repubblica Ceca (quasi 468 mila).

I migranti ridistribuiti dall’Italia

«Dei 3 mila richiedenti asilo sbarcati in Italia che dovevano essere ridistribuiti, ne sono stati ridistribuiti 117: di cui 38 in Francia e 57 in Germania» (min. 29:00)

Come abbiamo spiegato in un fact-checking del 10 novembre, entro quella data 117 migranti erano stati ricollocati dall’Italia verso altri Paesi europei: 38 in Francia, 74 in Germania (non 57) e cinque in Lussemburgo.

I «3 mila richiedenti asilo» di cui parla Meloni fanno riferimento alla quota che, sulla base di un’intesa raggiunta questa estate dal governo Draghi, gli altri Paesi europei si erano detti disponibili ad accettare dall’Italia. L’intesa, però, si è interrotta a inizio novembre dopo lo scontro tra il governo italiano e quello francese per la gestione dei migranti.

La querela contro Saviano

«Io ho querelato Roberto Saviano perché mi ha ripetutamente dato della “bastarda”, affibbiandomi la responsabilità della morte di un bambino in mare» (min. 42:50)

Durante l’intervista alla festa di Fratelli d’Italia, Meloni ha dichiarato che non ritirerà la querela per diffamazione nei confronti dello scrittore Roberto Saviano. A dicembre 2020, ospite a Piazzapulita su La7, Saviano aveva dichiarato: «Viene solo da dire: “Bastardi, come avete potuto?”. A Meloni, a Salvini: “Bastardi, come è stato possibile?”». Come spiega Il Post, Saviano disse quella frase «dopo che, in trasmissione, era stato mostrato un video con l’intervista a una donna migrante il cui figlio di sei mesi era morto in mare, in seguito al ribaltamento della barca su cui stavano viaggiando». 

In seguito, lo scrittore aveva giustificato le sue parole dicendo di aver ritenuto Meloni e Salvini come i «maggiormente responsabili di una costante e imperitura propaganda politica fatta ai danni degli esseri umani, più disperati e più deboli e più incapaci di difendersi, i profughi». Il processo contro Saviano è iniziato il 15 novembre 2022.

La crescita dell’economia italiana

«Nell’ultimo trimestre l’Italia è cresciuta più della Francia, più della Germania, più della Spagna» (min. 46:10)

Secondo i dati Eurostat più aggiornati, pubblicati il 7 dicembre, nel terzo trimestre del 2022, ossia tra luglio e settembre di quest’anno (quando c’era ancora il governo Draghi), il Prodotto interno lordo italiano è cresciuto dello 0,5 per cento rispetto ai tre mesi precedenti, una percentuale più alta di quella di Germania (0,4 per cento), Francia (0,2 per cento) e Spagna (0,2 per cento). Rispetto allo stesso trimestre del 2021, il Pil italiano è cresciuto del 2,6 per cento, percentuale più alta di quella francese (1 per cento) e tedesca (1,3 per cento), ma più bassa di quella spagnola (3,8 per cento).

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