Come è andata la direzione nazionale del Pd

La discussione, a cui hanno partecipato circa 80 dirigenti, è andata avanti per dieci ore: dal prossimo segretario al ruolo delle donne, ecco i principali temi affrontati
ANSA
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Il 6 ottobre si è tenuta a Roma la direzione nazionale del Partito democratico, convocata in via straordinaria dal segretario Enrico Letta per analizzare le cause della sconfitta alle elezioni del 25 settembre e discutere su quale sarà il futuro del partito.

L’evento è stato aperto da una lunga relazione di Letta, che ha dato inizio ai lavori per l’organizzazione del prossimo «congresso costituente» del Partito democratico, dove tra le altre cose si eleggerà anche il nuovo segretario (elezione a cui Letta non parteciperà).

Oggi il Partito democratico raccoglie al suo interno persone e idee politiche molto diverse tra loro. La direzione nazionale infatti è durata quasi dieci ore, con circa 80 interventi, durante i quali i dirigenti hanno sollevato diversi temi di dibattito sul futuro del partito. Abbiamo messo in fila quelli principali.

La relazione del segretario

Letta è il segretario del Partito democratico da marzo 2021, quando è stato chiamato a guidare il partito dopo le dimissioni di Nicola Zingaretti. Nel suo intervento, durato più di un’ora, Letta ha fornito diversi spunti di riflessione, dalla cosiddetta “analisi della sconfitta” alle elezioni, fino al futuro del partito, sia per quanto riguarda il suo ruolo nel prossimo governo che la sua stessa identità.

Letta ha anche allontanato le voci su un possibile scioglimento del partito o un cambio del nome e del simbolo: «Io sono tra quelli che pensano che è stato un grande successo far nascere il Partito democratico quindici anni fa», ha detto, aggiungendo: «Amo il simbolo del Pd, io sono perché rimanga così com’è perché racconta il nostro servizio all’Italia».

Per quanto riguarda il deludente risultato elettorale, Letta ha indicato come cause principali la legge elettorale, che «ha dato effetti pessimi», e la mancata formazione del cosiddetto “campo largo” con le altre forze politiche alternative alla destra. «Noi abbiamo lavorato per un campo largo, è stato impossibile perché abbiamo avuto interlocutori che non volevano stare insieme», ha dichiarato Letta. Allo stesso tempo, non sono mancate le ammissioni di colpa per una campagna elettorale insoddisfacente, durante la quale il Partito democratico non è riuscito a ottenere la fiducia delle classi sociali più svantaggiate. «Non siamo stati considerati interlocutori di quella fascia di società formata da quelli che non ce la fanno», ha detto Letta. Nella sua relazione il segretario ha anche ribadito l’importanza di fare «un’opposizione intransigente» al prossimo governo di centrodestra e di rifiutare, nel caso di caduta dell’esecutivo, governi di unità nazionale per «chiedere subito elezioni anticipate». 

Secondo Letta la nuova classe dirigente dovrà essere formata «dalle nuove generazioni» e dalle donne, partendo dalla riconferma di due figure femminili come capogruppo alla Camera e al Senato. Per quanto riguarda l’iter congressuale, il segretario si è augurato che la nuova classe dirigente «sia in carica per la prossima primavera, e che quindi tutto il percorso congressuale si concluda con l’inverno, per partire in maniera determinata da marzo».

Gli interventi dei dirigenti

Alla relazione di Letta, approvata dalla direzione del Partito democratico con un solo voto contrario e due astenuti, sono seguiti gli interventi di diversi dirigenti ed esponenti del partito.

Tra le prime a parlare è stata Monica Cirinnà, senatrice di lungo corso non rieletta in questa tornata elettorale e l’unica a votare contro la relazione del segretario. Il discorso di Cirinnà è stato molto duro nei confronti delle scelte strategiche del partito. «Il risultato delle elezioni ci parla di errori politici e di un profondo logoramento del partito. Siamo stati visti come fuori dalla realtà, è colpa nostra e c’è ora necessità di un passaggio di testimoni di generazioni e, perché no, anche di genere», ha detto.

Come era prevedibile, molti interventi sono stati incentrati sulla selezione del prossimo segretario del partito, un ruolo per cui alcuni esponenti si sono già candidati più o meno ufficialmente. Sul tema però sono emerse visioni differenti. Secondo l’attuale capogruppo alla Camera Debora Serracchiani, il nuovo congresso «non deve prendere scorciatoie» e «va evitata la corsa alle candidature», mentre l’ex ministra dei Trasporti Paola De Micheli ha ribadito la sua volontà di candidarsi alla segreteria del Partito democratico, affermando: «Voglio confermare la mia candidatura, che non è una candidatura solitaria ma è una candidatura senza paura di rompere le convenienze».

Dall’area più di sinistra del partito sono invece arrivati gli interventi del vicesegretario Peppe Provenzano e del ministro del Lavoro Andrea Orlando, che hanno presentato il proprio punto di vista sul futuro del partito. «Oggi al di là di noi c’è una tradizione della sinistra italiana da far vivere, io non voglio regalare questo patrimonio a Conte», ha detto Provenzano riferendosi al presidente del Movimento 5 stelle Giuseppe Conte, mentre Orlando ha chiarito: «Io non credo ci dobbiamo sciogliere, ma dobbiamo capire che giudizio diamo sul mercato, sul rapporto lavoro-impresa tra economia e finanza e su questa nuova fase del capitalismo».

Chiudendo la direzione, il segretario Letta ha posto l’accento sulle prossime elezioni regionali in Lazio, Lombardia e Friuli-Venezia Giulia, viste come «la prima occasione di rilancio e rigenerazione», e sull’importanza di fare un’opposizione istituzionale e costruttiva al prossimo governo: «Farà bene al Pd, ci aiuterà a rigenerarci e a ripensare al futuro», ha concluso il segretario.

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