Quanto è a rischio la Commissione von der Leyen

Il Parlamento europeo voterà una mozione di censura, ma i numeri per la sfiducia restano lontani, nonostante le divisioni nella maggioranza
ANSA
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Lunedì 7 luglio è in programma al Parlamento europeo la discussione della mozione di censura contro la Commissione europea, guidata dalla presidente Ursula von der Leyen. La mozione, presentata da oltre 70 parlamentari dell’opposizione, sarà votata giovedì 10 luglio e punta a far dimettere l’attuale Commissione.

A oggi le probabilità di successo sono molto basse, salvo sorprese. Ma finora la maggioranza che sostiene la Commissione ha comunque mostrato segni di fragilità e divisione.

La mozione contro von der Leyen

Il rapporto tra Commissione europea e Parlamento europeo funziona in modo diverso rispetto a quello nei Parlamenti nazionali.

In base all’articolo 131 del regolamento del Parlamento europeo, la mozione di censura è l’equivalente di una mozione di sfiducia contro la Commissione. Per essere presentata, deve essere firmata da almeno un decimo dei parlamentari europei, cioè da almeno 72 su 720.

L’articolo 234 del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea stabilisce che devono trascorrere almeno tre giorni tra la presentazione della mozione e il voto, che si tiene a scrutinio pubblico. Per essere approvata, la mozione deve ottenere sia la maggioranza assoluta dei membri del Parlamento (almeno 361 voti su 720), sia i due terzi dei voti espressi, poiché non è garantita la partecipazione di tutti i parlamentari. Se venisse approvata, l’intera Commissione dovrebbe dimettersi, rimanendo in carica solo per l’ordinaria amministrazione fino alla nomina del nuovo esecutivo.

Finora nessuna mozione di censura è mai stata approvata, benché siano previste fin dal Trattato di Roma del 1957. Alcune sono state presentate, ma tutte sono state respinte, come accaduto nel 2014 contro la Commissione guidata da Jean-Claude Juncker.

Tra le accuse rivolte a von der Leyen ci sono la scarsa trasparenza nelle trattative per l’acquisto dei vaccini contro la COVID-19, l’uso improprio dei trattati europei per promuovere il piano di riarmo europeo e l’interferenza nei processi elettorali di alcuni Stati membri, tra cui Romania e Germania.

Il cambio di equilibri

La possibilità che la mozione venga approvata resta molto remota. I parlamentari che l’hanno sottoscritta appartengono soprattutto a tre gruppi: i Conservatori e Riformisti Europei, i Patrioti per l’Europa e l’Europa delle Nazioni Sovrane.

A luglio 2024, questi gruppi hanno votato contro la riconferma di von der Leyen alla guida della Commissione, a differenza della cosiddetta “maggioranza Ursula”, che le ha garantito 401 voti favorevoli e l’aveva sostenuta anche nella scorsa legislatura. 

Questa maggioranza è formata dal Partito Popolare Europeo, dai Socialisti e Democratici e dai liberali di Renew Europe. Nella votazione del secondo mandato, però, una quarantina di parlamentari di questi tre gruppi non ha sostenuto von der Leyen. Il loro mancato appoggio è stato in parte bilanciato dai Verdi, che hanno votato a favore dopo aver ricevuto rassicurazioni sul rispetto del Green Deal e della transizione ecologica.
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A novembre 2024, il Parlamento ha approvato la nuova squadra dei commissari con 370 voti favorevoli, un numero inferiore rispetto a quelli ottenuti dalla sola von der Leyen. In quell’occasione, i Verdi si sono divisi: i parlamentari olandesi e la maggioranza di quelli tedeschi hanno votato a favore, mentre gli italiani di Europa Verde hanno votato contro, insieme a francesi e spagnoli.

Anche tra i Conservatori e Riformisti Europei ci sono state divisioni: Fratelli d’Italia, la Nuova Alleanza Fiamminga in Belgio e Alleanza Nazionale in Lettonia hanno votato a favore della Commissione (di cui fa parte il commissario europeo italiano Raffaele Fitto), mentre i polacchi di Diritto e Giustizia e i romeni dell’Alleanza per l’Unione dei Romeni hanno votato contro. Gheorghe Piperea, primo firmatario della mozione di censura, appartiene a quest’ultimo partito.

Per passare, la mozione di censura dovrebbe ricevere l’appoggio anche di una parte dei parlamentari che ha votato a favore della Commissione Ue. 

Negli scorsi giorni, i gruppi parlamentari della maggioranza hanno confermato il loro sostegno alla Commissione, ma il clima resta incerto. Gli equilibri politici sono cambiati e il Parlamento europeo si è spostato a destra rispetto alla scorsa legislatura.

I Socialisti, i Liberali e i Verdi hanno perso numerosi seggi, soprattutto in Germania e Francia, dove i loro partiti sono in difficoltà. Al contrario, le forze di destra sono cresciute, e oggi Patrioti per l’Europa e l’Europa delle Nazioni Sovrane contano insieme oltre cento parlamentari.

La “maggioranza Venezuela”

Questo cambiamento ha prodotto due effetti principali. Il primo è l’indebolimento della “maggioranza Ursula”, che si è confermata anche se con numeri più esigui. Il secondo è la sempre più evidente insofferenza dei Popolari verso i loro alleati che, secondo loro, sbilanciano la coalizione troppo a sinistra e con i quali l’alleanza rischia di essere elettoralmente nociva.

In Germania, i sondaggi più recenti stimano il Partito Socialdemocratico al 15 per cento e i Verdi al 12 per cento. In Francia, i voti di socialisti e verdi si sono spostati verso l’alleanza guidata da Jean-Luc Mélenchon, mentre il partito liberale di Emmanuel Macron è in affanno. In Spagna, le forze di sinistra, pur essendo ancora al governo, sono in difficoltà.

Nel frattempo, in molti Paesi i partiti di destra e di estrema destra hanno migliorato i propri risultati, influenzando così anche gli equilibri interni al Parlamento europeo.

Il Partito Popolare Europeo, che è il gruppo più numeroso, ha cercato di prendere le distanze da alcune posizioni progressiste, per evitare di essere associato a esse nei rispettivi contesti nazionali. Un esempio significativo è la sua posizione sul Green Deal, che ha cercato di ridimensionare o rallentare, ritenendolo elettoralmente penalizzante.

Questo atteggiamento ha generato tensioni nella maggioranza, perché Socialisti e Liberali hanno accusato il Partito Popolare Europeo di non farsi problemi a votare, in alcune occasioni, con i gruppi di destra e di estrema destra.

In gergo giornalistico, questa possibile alleanza è stata definita “maggioranza Venezuela”, perché il 19 settembre 2024 il Parlamento europeo ha approvato una risoluzione di condanna delle elezioni venezuelane e del regime di Nicolás Maduro proprio grazie ai voti congiunti del Partito Popolare Europeo, dei Conservatori e Riformisti, dei Patrioti per l’Europa e dell’Europa delle Nazioni Sovrane.

Un mese dopo, il 23 ottobre, la stessa maggioranza ha votato a favore di un emendamento che consentiva l’utilizzo dei fondi europei per costruire muri alle frontiere. In risposta, Socialisti e Liberali hanno bocciato la risoluzione sulla relazione finanziaria del 2025.

Uno scenario improbabile

Nonostante alcuni partiti del Partito Popolare Europeo siano apparsi sempre meno a loro agio nella “maggioranza Ursula”, è difficile immaginare una vera crisi della Commissione von der Leyen, per almeno tre motivi.

Il primo è che, al di là delle tensioni politiche, i voti in Parlamento raccontano una realtà diversa secondo il Partito Popolare Europeo. Fonti di questo schieramento hanno dichiarato a Pagella Politica che, in questi mesi, i Socialisti hanno votato contro la linea della maggioranza più spesso di quanto i Popolari abbiano votato con le destre.

Il secondo motivo è che, anche se i Popolari volessero cambiare maggioranza, bisognerebbe trovare un’intesa politica con le forze di destra e di estrema destra. Oltre a una certa comunanza di vedute sulla migrazione e sul rallentamento del Green Deal, le divergenze restano molte: il Partito Popolare Europeo è fortemente europeista e difficilmente potrebbe costruire un programma condiviso con i partiti sovranisti.

Il terzo motivo riguarda le alleanze nazionali. Per esempio, in Germania governa una coalizione formata dalla CDU/CSU, che fa parte del Partito Popolare Europeo, e dal Partito Socialdemocratico, che siede nei Socialisti e Democratici. È improbabile che i parlamentari tedeschi rompano l’alleanza europea con i loro stessi alleati nazionali. Un discorso simile vale per i polacchi del Partito Popolare Europeo, che sono avversari dei Conservatori e Riformisti, e per l’Ungheria.

Dunque, resta aperto un nodo politico: quello del peso dei Socialisti, soprattutto nelle altre istituzioni europee, tra cui il Consiglio europeo. Oggi, i Socialisti nel Parlamento europeo si ritrovano nella difficile posizione di essere un alleato indispensabile per i Popolari ma, allo stesso tempo, mal sopportato. D’altro canto, i Popolari si ritrovano nella condizione di essere costretti dai numeri e dalla politica a un’alleanza con una sinistra da cui vorrebbero prendere le distanze. Pur essendo improbabile la fine della “maggioranza Ursula”, è probabile che si apra una trattativa: i Socialisti vorranno preservare il proprio peso, i Popolari tenderanno a ridurlo.

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