Su giovani e ambiente il governo non sta mantenendo le promesse

Questi due capitoli sono quelli su cui la coalizione di centrodestra è più indietro rispetto agli impegni presi con gli elettori
EPA/FILIP SINGER
EPA/FILIP SINGER
Acquista Bugie al potere, il libro di Pagella Politica con il fact-checking del primo anno del governo Meloni. È disponibile anche in tutte le librerie.

Il governo Meloni è in carica da più di 400 giorni ma sull’ambiente e sulle politiche giovanili l’attuazione del suo programma è più indietro rispetto ad altri ambiti, come il lavoro, l’economia e l’energia. 

Alle scorse elezioni la coalizione formata da Fratelli d’Italia, Lega, Forza Italia e Noi Moderati si era presentata agli elettori promettendo 17 iniziative in due capitoli: uno dedicato all’“Ambiente”, l’altro a “Giovani, sport e sociale”. I progressi in questi due ambiti sono finora stati pochi, come abbiamo verificato analizzando le 100 principali promesse elettorali nel “Promessometro” del governo.

Le promesse sull’ambiente

Iniziamo dall’ambiente, considerato dalla coalizione di centrodestra «una priorità» (anche se nel programma elettorale è al dodicesimo punto su quindici). Tra le altre cose era stato promesso agli elettori di introdurre un «piano strategico nazionale di economia circolare» per migliorare il riciclo dei rifiuti. I dettagli di questa proposta non sono noti. In ogni caso, nell’estate del 2022 il governo Draghi ha pubblicato la nuova “Strategia nazionale per l’economia circolare”, un impegno che l’Italia aveva preso con il Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr). Ma in questo primo anno di governo Meloni su questo punto non sembrano esserci state altre novità.

Per quanto riguarda il riscaldamento globale, il centrodestra ha dichiarato di voler «rispettare e aggiornare gli impegni internazionali assunti dall’Italia per contrastare i cambiamenti climatici». A luglio il Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza energetica ha inviato alla Commissione europea la sua proposta di aggiornamento del Piano nazionale integrato energia e clima (Pniec). Questo è un piano fondamentale perché, in oltre 400 pagine, stabilisce quali sono gli obiettivi italiani entro il 2030 sulla produzione di energia da fonti rinnovabili, sulla riduzione di emissioni di CO2 e sul miglioramento dell’efficienza energetica. 

Varie associazioni ambientaliste, tra cui il WWF e Legambiente, hanno criticato il piano del governo, perché a detta loro continuerebbe a dare troppo spazio al gas naturale, in contraddizione con il processo di progressivo abbandono dei combustibili fossili. Critiche simili sono arrivate anche da altre organizzazioni, come il think tank Ecco Climate, secondo cui il piano mancherebbe inoltre di «un impianto di governance» in grado di renderlo «uno strumento attuativo ed efficace». In questi mesi non sono mancate dichiarazioni di esponenti della maggioranza che negano l’origine antropica dei cambiamenti climatici. Per esempio ad agosto il vicepresidente del Consiglio Matteo Salvini ha detto che lo scioglimento dei ghiacciai è un fenomeno ciclico, non causato dalle emissioni che aumentano le temperature. Ma le cose non stanno così.
Proseguendo con il programma del governo, a oggi non sono ancora stati approvati né un «piano straordinario per la tutela e la salvaguardia della qualità delle acque marittime e interne» né un «programma straordinario di resilienza delle aree a rischio dissesto idrogeologico con interventi mirati». Anzi, nella sua proposta di revisione del Piano nazionale di riprese e resilienza (Pnrr) presentato alla Commissione europea, il governo ha scritto che sarebbe stato impossibile usare entro il 2026 quasi 1,3 miliardi di euro destinati dal piano a progetti contro il dissesto idrogeologico. L’intenzione del governo è quella di togliere queste risorse dal Pnrr e di finanziare i progetti con altri fondi, al momento non ancora individuati con precisione. 

Destino analogo ha avuto la proposta che riguarda il «rimboschimento e piantumazione di alberi sull’intero territorio nazionale, in particolare nelle zone colpite da incendi o calamità naturali». Nella proposta di modifica del Pnrr il governo ha chiesto di ridimensionare l’obiettivo, considerato irraggiungibile, di piantare 6,6 milioni di nuovi alberi entro il 2024.

Sul fronte della «salvaguardia della biodiversità», il governo non ha istituito «nuove riserve naturali», mentre a scuola non sono stati ancora introdotti l’«educazione ambientale» e il «rispetto della faune e della flora». Per «incentivare l’utilizzo del trasporto pubblico», il governo ha seguito quanto già fatto dal precedente, rifinanziando il bonus per coprire una parte delle spese degli abbonamenti dei viaggiatori, abbassando però la soglia di reddito annua per accedere da 35 mila a 20 mila euro.

Le promesse sui giovani

Il lento avanzamento delle promesse elettorali vale anche per il capitolo dedicato alle politiche giovanili. Come prima cosa, i partiti che ora sono al governo hanno proposto di introdurre la «valutazione dell’impatto generazionale delle leggi e dei provvedimenti a tutela delle future generazioni». Non è chiaro in che cosa consiste questa proposta. Il precedente governo Draghi aveva istituito il Comitato per la valutazione dell’impatto generazionale delle politiche pubbliche (Covige), per monitorare in maniera più efficace gli investimenti dedicati ai giovani. Su questo fronte da parte del governo Meloni non sembrano esserci state novità. 

Discorso analogo vale per altri due punti: il «sostegno allo sport quale strumento di crescita e integrazione sociale e promozione di stili di vita sani» e il «potenziamento degli strumenti di finanziamento per esperienze formative e lavorative all’estero per giovani diplomati e laureati, finalizzate al reimpiego sul territorio nazionale delle competenze acquisite». 

Al momento il governo ha proposto di introdurre l’“Erasmus italiano”, con borse di studio fino a mille euro. Chi accederà a questo nuovo programma potrà andare a studiare per un certo periodo di tempo in un’università italiana – non estera quindi – diversa da quella in cui si è iscritto. Sullo sport il governo ha stanziato varie risorse, ma per intervenire su situazioni già esistenti. Per esempio ha autorizzato varie spese legate alle Olimpiadi invernali di Milano-Cortina 2026 e ha dato la possibilità a federazioni, enti, associazioni e società sportive di pagare le imposte dovute al fisco in 60 rate mensili. Nel complesso, i versamenti sospesi hanno un valore pari a 889 milioni di euro, di cui tra i 500 e i 600 milioni riguardano società di calcio di Serie A.

A oggi, poi, non sono state introdotte nuove «borse di studio universitarie per meriti sportivi», uno strumento che esisteva già prima che si insediasse l’attuale governo; non è stato reintrodotto il «sistema del prestito d’onore per studenti universitari»; e non è stato approvato un «programma di investimento e potenziamento dell’impiantistica sportiva, anche scolastica e universitaria». A settembre il Parlamento ha approvato in via definitiva la riforma per introdurre in Costituzione il riconoscimento del  «valore educativo, sociale e di promozione del benessere psicofisico dell’attività sportiva in tutte le sue forme». Vista la genericità della frase inserita, la tutela dello sport in Costituzione ha un valore prettamente simbolico: dovrà essere la politica ad attuarla attraverso proposte di legge o altri provvedimenti specifici.
E per quanto riguarda il «supporto all’imprenditoria giovanile, incentivi alla creazione di start-up tecnologiche e a valenza sociale»? Alla Camera è in esame il disegno di legge presentato a luglio dal governo per valorizzare di più il Made in Italy. Alcune misure riguardano le start-up, alcune delle quali hanno però protestato negli scorsi mesi contro le proposte del governo. Il disegno di legge, infatti, propone di spostare in un fondo per il Made in Italy 300 milioni di euro destinati nel 2024 al Fondo di sostegno del venture capital, creato per sostenere investimenti nel capitale delle start-up innovative e delle piccole e medie imprese innovative. 

Infine qualcosa è stato fatto per supportare e valorizzare gli enti delle «associazioni sportive dilettantistiche», ma sulla scia di quanto già avvenuto in passato. Per esempio la legge di Bilancio per il 2023 ha prorogato il riconoscimento di un credito di imposta, per un valore massimo di 10 mila euro, per gli investimenti in pubblicità in favore di leghe e società sportive professionistiche, nonché di società e associazioni sportive dilettantistiche.

Acquista Bugie al potere, il libro di Pagella Politica con il fact-checking del primo anno del governo Meloni. È disponibile anche in tutte le librerie.

AIUTACI A CRESCERE NEL 2024

Siamo indipendenti: non riceviamo denaro da partiti né fondi pubblici dalle autorità italiane. Per questo il contributo di chi ci sostiene è importante. Sostieni il nostro lavoro: riceverai ogni giorno una newsletter con le notizie più importanti sulla politica italiana e avrai accesso a contenuti esclusivi, come le nostre guide sui temi del momento. Il primo mese di prova è gratuito.
Scopri che cosa ottieni
Newsletter

I Soldi dell’Europa

Il lunedì, ogni due settimane
Il lunedì, le cose da sapere sugli oltre 190 miliardi di euro che l’Unione europea darà all’Italia entro il 2026.

Ultimi articoli