Il fact-checking del comizio di Meloni in Basilicata

Abbiamo verificato cinque dichiarazioni della presidente del Consiglio, che ha commesso vari errori
ANSA
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Il 19 aprile la presidente del Consiglio Giorgia Meloni ha partecipato a Potenza all’evento conclusivo della campagna elettorale della coalizione di centrodestra per le elezioni regionali in Basilicata del 21 e 22 aprile.

Dalla sanità al contrasto dell’evasione fiscale, passando per le misure a sostegno delle madri lavoratrici, abbiamo verificato cinque dichiarazioni della leader di Fratelli d’Italia, che ha detto alcune cose non supportate dai fatti.

I soldi per la sanità

«Non vi fate raccontare le fake news perché i numeri non sono un’opinione: 134 miliardi di euro nel 2024 sulla sanità. Dicono: “No ma nel resto del mondo si calcolano in rapporto al Prodotto interno lordo”. Il rapporto al Prodotto interno lordo percentuale di 6,88: la più alta di sempre»

Quello che dice la presidente del Consiglio è scorretto: non è vero che nel 2024, in base ai dati più aggiornati, il finanziamento per la sanità in Italia raggiungerà un valore pari al 6,88 per cento del Pil. 

Con tutta probabilità la fonte dei numeri di Meloni è l’Agenzia nazionale per i servizi sanitari regionali (Agenas). A marzo Agenas ha scritto in un rapporto che nel 2024 il finanziamento del Servizio sanitario nazionale raggiungerà i 134 miliardi di euro, considerando le risorse aggiuntive messe dall’ultima legge di Bilancio. Secondo l’agenzia, questa cifra corrisponde a un valore pari al 6,8 per cento del Pil, in aumento rispetto al 6,6 per cento del 2023, quando il finanziamento è stato di quasi 129 miliardi.

I valori assoluti sono confermati anche dalla Corte dei Conti, ma le cifre di Agenas hanno almeno due problemi. Il primo problema: l’agenzia ha usato le stime Istat sul Pil nominale aggiornate a settembre 2023, che si fermavano al 2022. Se si rapporta il valore del finanziamento annuale al Servizio sanitario nazionale con le stime più aggiornate, riviste al rialzo a marzo, il rapporto tra finanziamento e Pil cala. Il secondo problema: come ha spiegato Lorenzo Borga su Il Foglio, Agenas ha sbagliato a stimare il valore del Pil nominale per il 2023 e per il 2024 (anno non ancora concluso). L’agenzia ha applicato al Pil del 2022 una crescita dello 0,7 per cento per calcolare il Pil del 2023 e ha applicato la stessa percentuale di crescita al Pil del 2023 per calcolare la crescita del 2024. La crescita annua dello 0,7 per cento era quella stimata da Istat quando Agenas ha fatto i conti, ma l’istituto nazionale di statistica fa riferimento al Pil reale e non al Pil nominale, ossia il Pil usato dall’agenzia. Questa non è una differenza da poco: la crescita del Pil reale è infatti al netto dell’inflazione, quindi con il suo errore Agenas ha sottostimato il valore assoluto del Pil a cui ha rapportato il valore del finanziamento al Servizio sanitario nazionale. In questo modo risulta sovrastimato il rapporto tra finanziamento e Pil, che nel 2024 non è pari al 6,8 per cento.

Nel Documento di economia e finanza (Def), approvato il 9 aprile, il governo Meloni ha scritto che nel 2024 la spesa sanitaria in Italia (per la stragrande maggioranza composta proprio dal finanziamento al Servizio sanitario nazionale) raggiungerà un valore pari al 6,4 per cento del Pil. Questa percentuale calerà nel 2025 e nel 2026 al 6,3 per cento, nonostante gli aumenti in valore assoluto.

I record nell’occupazione

«In Italia, nell’ultimo anno, noi abbiamo avuto il record occupazionale, il record di contratti stabili, il record di lavoro femminile. Lo abbiamo costruito con provvedimenti e strumenti»

Secondo Istat, a dicembre 2023 in Italia il tasso di occupazione era pari al 61,9 per cento (quello femminile al 52,8 per cento) e c’erano oltre 23,7 milioni di occupati, di cui 15,7 milioni dipendenti con un contratto a tempo indeterminato. Sui «record» Meloni ha ragione: questi dati sono i più alti dal 2004, ossia da quando sono disponibili le serie storiche mensili. 

Va detto però che l’aumento non è iniziato a ottobre 2022, con l’insediamento del nuovo governo e le promesse di cancellare il reddito di cittadinanza (impegno poi mantenuto). Il trend di crescita degli occupati è iniziato infatti già nel 2021. Nonostante i miglioramenti degli ultimi tre anni, il tasso di occupazione italiano resta il più basso di tutta l’Unione europea.

La posizione dell’Italia nella crescita dell’economia

«I risultati sono certificati da diversi indicatori che non sono del governo, che sono di soggetti istituzionali terzi, che l’Italia oggi, pur in una difficoltà immensa, in una situazione che intorno a noi è esplosiva, sta facendo meglio di molti altri Paesi europei. Quanti anni erano che non sentivamo l’Italia nelle prime file delle liste che si facevano e che era sempre fanalino di coda. Oggi non è così»

Non è chiaro a quali indicatori faccia riferimento Meloni quando dice che oggi l’Italia, grazie al suo governo, è «nelle prime file» tra i Paesi europei. I dati sulla crescita del Pil nel 2023 e le stime per il 2024 mostrano che parlare di «prime file» è un’esagerazione. 

Secondo Eurostat, nel 2023 l’economia italiana è cresciuta dello 0,9 per cento rispetto all’anno precedente. Dodici Stati membri dell’Unione europea su 27 hanno registrato una crescita più alta, tra cui la Spagna (+2,5 per cento). 

Per il 2024 la Commissione europea stima una crescita del Pil italiano dello 0,7 per cento, la ventunesima percentuale più alta su 27 Stati membri. Anche il Fondo monetario internazionale ha stimato la stessa percentuale di crescita per l’Italia, calcolando che 16 Paesi Ue faranno meglio del nostro nel 2024.

Il sostegno alle madri lavoratrici

«Abbiamo cercato di aiutare le madri, particolarmente le madri lavoratrici. Lo abbiamo fatto aumentando i congedi parentali, lo abbiamo fatto con la decontribuzione per le donne che hanno due o più figli, lo abbiamo fatto con gli asili nido gratuiti per il secondo figlio»

Qui Meloni non la racconta tutta, sia sul taglio dei contributi sia sugli asili nido.

In primo luogo il governo Meloni non ha introdotto l’asilo nido gratuito per le famiglie che hanno almeno due figli. Con la legge di Bilancio per il 2024 ha aumentato il “bonus asilo nido” per le famiglie che rispettano alcune condizioni. L’aumento andrà alle famiglie che hanno un Isee inferiore ai 40 mila euro, almeno un figlio con meno di 10 anni di età e un altro nato dal 1° gennaio 2024 in poi. 

Come ha sottolineato l’Ufficio parlamentare di bilancio, un organismo indipendente che vigila sui conti pubblici, l’aumento del bonus garantisce la «copertura integrale» della retta dell’asilo nido solo per alcune famiglie (e non per tutte) e solo in «alcune delle grandi città», tra cui Palermo e Napoli, mentre è «insufficiente in altre», tra cui Milano, Roma, Lecce e in molti altri capoluoghi.

In secondo luogo, l’ultima legge di Bilancio ha finanziato per tre anni la decontribuzione per le madri lavoratrici con tre o più figli con al massimo 18 anni di età, ma solo per quelle dipendenti con un contratto a tempo indeterminato. La stessa condizione vale per le madri con due figli, ma per loro la decontribuzione vale solo per quest’anno.

La lotta all’evasione fiscale

«Abbiamo fatto la riforma fiscale […]. Anche qui i risultati si vedono perché ci hanno detto: “Amici degli evasori, i condoni”. Poi è successo che sono usciti i dati sul recupero dei proventi della lotta all’evasione fiscale. E si è scoperto, indovinate cosa? Che nel 2023 l’Italia ha avuto il record di recupero dell’evasione fiscale. E sapete perché? Perché tantissima gente ha versato spontaneamente, non solamente per le norme che noi abbiamo fatto. Certo abbiamo anche fatto delle norme che altri prima di noi non avevano voluto fare. Penso alle aziende “apri e chiudi” […]»

Come già fatto nelle scorse settimane, qui Meloni esagera i meriti del suo governo nel contrasto all’evasione fiscale. 

A febbraio l’Agenzia delle Entrate ha annunciato che, grazie alle sue attività, nel 2023 sono confluiti nelle casse dello Stato 24,7 miliardi di euro, «la somma più alta di sempre». Nel 2022 era stato raggiunto il precedente record, pari a 20,2 miliardi di euro.

Dei soldi recuperati nel 2023, 19,6 miliardi sono frutto di attività di controllo ordinarie dell’Agenzia delle Entrate, che erano già operative prima dell’insediamento del governo Meloni. La differenza più marcata tra il 2023 e il 2022 è dovuta alle attività straordinarie di recupero. L’anno scorso lo Stato ha incassato 5,1 miliardi di euro da queste attività, quasi 4 miliardi in più rispetto all’anno precedente. Questa differenza è il risultato dei soldi incassati con la nuova “rottamazione delle cartelle” introdotta dal governo Meloni con la legge di Bilancio per il 2023. La rottamazione è un condono fiscale perché ha permesso ai contribuenti non in regola con il fisco di pagare il debito senza pagare le sanzioni.

Sul recupero dell’evasione non può aver pesato la riforma del fisco, come invece ha detto Meloni. Il governo infatti ha presentato in Parlamento il disegno di legge delega sulla riforma fiscale a marzo 2023. Il testo è stato poi approvato definitivamente dalla Camera ad agosto, ma i primi decreti legislativi per rendere operativa la riforma sono stati approvati soltanto alla fine di dicembre 2023.

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