La crisi demografica si fa sentire anche in Europa

Nel 2022 sono nati meno di 4 milioni di bambini in tutta l’Ue, quasi mezzo milione in meno rispetto a vent’anni prima
ANSA
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In Italia si fanno sempre meno figli: nel 2022 le nascite sono state 393 mila, più del 30 per cento in meno rispetto al 2008. Ma la bassa natalità non è un problema soltanto italiano: il 7 marzo Eurostat, l’ufficio statistico dell’Unione europea, ha pubblicato i dati più aggiornati sulle nascite nei 27 Stati membri, che mostrano un quadro preoccupante. 

In breve, seppure con grandi differenze tra i singoli Paesi, nell’Ue nascono troppi pochi bambini: se le cose non cambieranno, in pochi anni la popolazione europea inizierà a calare, un fenomeno che sta già colpendo vari Stati, tra cui l’Italia.

Nascono pochi bambini

Secondo Eurostat, nel 2022 nei 27 Paesi Ue sono nati circa 3,9 milioni di bambini, 210 mila in meno dell’anno precedente, 540 mila in meno rispetto a dieci anni prima e 486 mila in meno rispetto a vent’anni fa. 
Il Paese con più nascite è stata la Germania (739 mila), seguita da Francia (727 mila) e Italia (393 mila). Ma i numeri assoluti dipendono anche dalla popolazione: per capire meglio l’andamento delle nascite si usa un altro indicatore, il cosiddetto “tasso di fecondità”, ossia il numero medio di figli per donna tra i 15 e i 49 anni. Il tasso di fecondità dovrebbe essere pari a 2,1 se si volesse mantenere il numero di abitanti stabile, in assenza di immigrazione ed emigrazione. Nel 2022 il tasso di fecondità è stato in media pari a 1,46, circa il 30 per cento in meno rispetto alla soglia di 2,1. Quello del 2022 è il dato peggiore dal 2004.
Ci sono grandi differenze nei dati tra i vari Paesi Ue. Per esempio in cima alla classifica c’è la Francia, con un tasso di fecondità pari a 1,79, mentre all’ultimo posto c’è Malta (1,01). La Spagna è penultima (1,16) e l’Italia terzultima (1,24). Tra i Paesi con il tasso di fecondità più alto ci sono anche la Romania (1,71), la Bulgaria (1,65) e la Repubblica Ceca (1,46). La Germania (1,46) si posiziona invece a metà classifica. 

Nell’Ue il tasso di fecondità è sceso in media del 5 per cento rispetto al 2012, ma questo indicatore non sta scendendo in tutti i Paesi. Nel 2022 nove Stati membri hanno raggiunto un tasso di fecondità più alto rispetto a dieci anni prima: tra questi ci sono la Slovacchia (+17 per cento), l’Ungheria (+16 per cento), la Romania (+13 per cento) e la Germania (+4 per cento). I cali più alti nel tasso di fecondità, tra il 20 e il 30 per cento, si registrano in Svezia, Lituania, Irlanda, Malta e Finlandia. In Italia, Spagna e Francia il calo è stato tra l’11 e il 13 per cento.

La popolazione cresce nell’Ue, ma cala in diversi Paesi

Finora l’immigrazione sta evitando che in Europa il basso livello delle nascite faccia calare il numero complessivo degli abitanti. Anche qui ci sono grandi differenze tra i Paesi: alcuni hanno una popolazione in crescita, altri in calo, come l’Italia. 

Nel 2022 i 27 Stati membri dell’Ue avevano 447 milioni di abitanti, in crescita dell’1,4 per cento rispetto al 2012, quando erano 441 milioni. In dieci anni 17 Paesi hanno avuto un aumento del numero degli abitanti. Allargando lo sguardo, se si prendono i dati degli ultimi sessant’anni, si nota che dal 2010 la crescita della popolazione nell’Ue ha sensibilmente rallentato. Se non ci fosse l’immigrazione, la popolazione europea sarebbe in calo costante dal 2012.
Tra il 2012 e il 2022 Malta e Lussemburgo sono i due Paesi che hanno avuto la maggiore crescita della popolazione, rispettivamente con un aumento del 26 e del 23 per cento, seguiti dall’Irlanda (+11 per cento) e dalla Svezia (+10 per cento). La crescita di Malta, nonostante il basso tasso di fecondità, è dovuta all’alta immigrazione: solo nel 2022 sono arrivate dall’estero 22 mila persone, il 4 per cento di tutta la popolazione dell’isola. I cali peggiori sono stati registrati invece in Bulgaria (-12 per cento) e in Croazia (-10 per cento). Con un calo della popolazione superiore al 5 per cento ci sono anche Romania, Lituania, Grecia e Lettonia. 

Germania e Francia hanno avuto un aumento del 4 per cento, mentre la Spagna del 2 per cento. L’Italia è l’unico tra i grandi Paesi europei  ad aver registrato un calo del numero degli abitanti (-1 per cento). 

Il calo del numero degli abitanti causa vari problemi: le aree interne si spopolano, ci sono conseguenze sull’economia, sulle pensioni e sulla sanità. Una volta iniziato, il declino demografico è complicato da arrestare: per esempio l’Italia ha perso quasi due milioni di abitanti solo tra il 2016 (anno con il numero più alto di abitanti) e il 2022.

Che cosa succederà in futuro

Eurostat elabora anche una serie di previsioni su come cambierà in futuro la popolazione europea. Queste stime poggiano su alcune premesse e, nonostante siano soggette a errori, forniscono un quadro di quello che potrebbe accadere nei prossimi decenni se non ci sarà un cambiamento di rotta.

Nel 2022 l’Ue aveva 447 milioni di abitanti, numero che arriverà a 453 milioni nel 2025. Nel 2060 saranno 440 milioni, nel 2080 426 milioni, che diventeranno 420 milioni nel 2100. Dunque, secondo Eurostat, la popolazione europea inizierà a scendere dopo il 2030 e con un’accelerazione del calo dopo il 2050.
Fra circa quarant’anni, nel 2060 la popolazione europea sarà diminuita dell’1,5 per cento, una percentuale che nasconde però grandi differenze tra i vari Stati membri. Eurostat stima che in quell’anno la Lettonia avrà perso il 28 per cento della popolazione, la Lituania il 23 per cento, la Grecia il 20 per cento e Romania, Bulgaria e Croazia circa il 18 per cento. Malta ne avrà guadagnato il 51 per cento, il Lussemburgo il 46 per cento, l’Irlanda e la Svezia il 20 per cento. 

Tra i grandi Paesi europei, si stima che nel 2060 l’Italia avrà perso più del 6 per cento della sua popolazione (circa 3,6 milioni di persone), mentre la Germania sarà cresciuta dell’1,3 per cento (1,1 milioni), la Francia del 3,3 per cento (2,2 milioni) e la Spagna del 3,9 per cento (1,9 milioni).

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