Calenda vs Bonelli: chi ha ragione sul nucleare

Il leader di Azione ha lanciato una petizione a favore delle centrali, il co-portavoce di Europa Verde lo ha criticato. Numeri alla mano, nelle dichiarazioni di entrambi ci sono errori
ANSA
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Il 20 giugno Azione ha lanciato la petizione “Nucleare? Sì grazie” per raccogliere firme e chiedere il ritorno della produzione di energia nucleare in Italia. A sostegno di questa iniziativa il segretario del partito Carlo Calenda ha elencato in un video alcuni dati a favore del nucleare. Il giorno dopo il co-portavoce di Europa Verde Angelo Bonelli ha accusato Azione e Calenda di fare disinformazione, controbattendo ai numeri elencati dal segretario di Azione.

Chi ha ragione tra i due? Abbiamo verificato alcune dichiarazioni ed entrambi hanno commesso errori.

Quanta energia è prodotta con il nucleare

Calenda: «Oggi il 24 per cento dell’energia elettrica in Europa è prodotta dal nucleare. Il nucleare è la prima fonte di produzione»

Bonelli: «Calenda dice che il nucleare è la prima fonte di produzione di energia elettrica in Europa e che rappresenta il 24 per cento. Tutto ciò è falso: la prima fonte sono le rinnovabili con il 40 per cento. Il nucleare è al 21,9 per cento»

Per verificare le dichiarazioni di Calenda e Bonelli abbiamo usato i dati elaborati da Our World in Data, un progetto curato dall’Università di Oxford. Le fonti dei dati consultate da Our World in Data sono tre: la Statistical Review of World Energy, realizzata da BP, società operativa nel settore energetico; l’Ember Yearly Electricity Data del 2023, un database realizzato dal centro studi indipendente Ember; e l’Ember European Electricity Review del 2022, pubblicato da Ember l’anno scorso.

Secondo le elaborazioni di Our World in Data, nel 2021 il 25,4 per cento dell’energia elettrica prodotta nei 27 Paesi dell’Unione europea proveniva dal nucleare, una percentuale più alta delle due indicate da Calenda e Bonelli (entrambi non hanno spiegato quali sono le fonti dei loro numeri). L’energia solare e quella eolica contribuivano insieme per il 19,1 per cento. A queste però vanno aggiunte altre forme di energia rinnovabile, come l’idroelettrico e le biomasse. Complessivamente la quota delle rinnovabili arrivava al 37 per cento, una percentuale di poco inferiore al «40 per cento» citato da Bonelli, ma comunque superiore al 25,4 per cento del nucleare.
Nel 2021 erano 13 gli Stati Ue che producevano energia con le centrali nucleari. Tra questi c’erano Francia, Germania, Spagna, Svezia, Finlandia e Ungheria. Lo scorso aprile la Germania ha chiuso i suoi ultimi tre reattori nucleari, una scelta annunciata da tempo e criticata da alcuni attivisti per il clima. Per esempio a ottobre 2022 l’attivista Greta Thunberg ha detto che, secondo lei, la Germania sbagliava a chiudere le centrali nucleari se contemporaneamente prolungava l’attività delle centrali a carbone. 

Quanto emette il nucleare

Calenda: «[Il nucleare] è a emissioni praticamente zero»

Sulle emissioni di CO2 dell’energia nucleare abbiamo pubblicato un fact-checking lo scorso marzo proprio a partire da una dichiarazione di Calenda. Il leader di Azione ha di fatto ragione se si considerano le emissioni generate durante la produzione di energia nelle centrali nucleari. 

Il discorso cambia se si prende in considerazione tutto il ciclo di vita di una centrale nucleare, considerando quindi le emissioni prodotte dalla sua realizzazione al suo smaltimento, e altri fattori come l’estrazione dell’uranio e il suo trasporto. Nel complesso gli studi più recenti mostrano che, tenendo conto di tutto il ciclo di vita, l’energia nucleare è tra quelle con la minor quantità di emissioni, con stime diverse a seconda delle metodologie usate.

Quanto costa il programma nucleare di Azione

Bonelli: «Il programma nucleare di Calenda costerebbe oltre 450 miliardi di euro»

A marzo 2022 Azione ha presentato la sua «proposta sul nucleare». Il piano del partito di Calenda è costruire entro il 2050 otto centrali nucleari di terza generazione (la tecnologia della quarta generazione è ancora agli inizi), con tre o quattro reattori per centrale, sfruttando i siti italiani che in passato hanno già ospitato centrali. Nella proposta pubblicata sul sito ufficiale di Azione manca però una stima dei costi di realizzazione delle centrali.

Ad agosto 2022 Europa Verde ha criticato la proposta di Azione per due motivi. Da un lato il partito di Bonelli ha scritto sul suo sito ufficiale che «il costo a consuntivo per il programma nucleare di Calenda va da un minimo di 275 miliardi di euro a 400 miliardi». Due cifre entrambe più basse dei «450 miliardi» di cui parla ora lo stesso Bonelli. Dall’altro lato Europa Verde ha accusato Calenda di non voler dire dove saranno costruite le centrali, mentre una «mappa» dei siti scelti «con molta probabilità» esiste già. Come abbiamo spiegato più nel dettaglio in un fact-checking, questa accusa era parecchio fuorviante.
Tornando alla questione dei costi, non è semplice stimare con precisione quanto costerebbe costruire in Italia il numero di centrali nucleari proposto da Azione. È certo però che i costi sarebbero alti. Assumendo un costo tra i 6 miliardi e i 9 miliardi di euro per reattore, quelli proposti da Azione costerebbero almeno 200 miliardi di euro. Ci sono casi recenti in Europa dove i costi di realizzazione di un reattore sono aumentati rispetto a quelli preventivati.

C’è poi la questione dei tempi. In un’altra analisi abbiamo spiegato quanti anni servono per costruire una centrale nucleare. La risposta è: dipende. In estrema sintesi, se si prendono gli anni più recenti, ci vogliono almeno tra i sette e i dieci anni per costruire una centrale: in alcuni casi c’è voluto meno tempo, in alcuni casi di più. I tempi si velocizzano o allungano a seconda dei Paesi. Storicamente gli Stati più veloci a costruire reattori nucleari sono stati la Cina, il Giappone e la Corea del Sud. Per quanto riguarda le tempistiche più recenti di Paesi come Francia, Stati Uniti e Regno Unito, i dati scarseggiano per il ridotto numero di reattori in costruzione negli ultimi anni.
World Nuclear Association
World Nuclear Association

Il costo dell’energia rinnovabile

Bonelli: «Sole e vento sono fonti energetiche gratuite»

Questa dichiarazione del co-portavoce di Europa Verde rischia di essere fuorviante. È vero che il Sole e il vento di per sé non costano, a differenza per esempio dell’uranio per le centrali nucleari o delle fonti fossili. Ma tutte le fonti di energia hanno però dei costi. 

In un fact-checking pubblicato nel 2021 siamo entrati più nel dettaglio su questo tema. Misurare i costi produttivi dell’elettricità in base alla fonte energetica non è semplice. Tra le tante variabili di cui tenere conto ci sono le spese di costruzione dell’impianto, le spese operative e di manutenzione, unite al costo della materia prima e all’aspettativa di vita dell’impianto di produzione. Esistono varie stime che utilizzando metodologie diverse arrivano a costi variabili. Secondo alcuni il costo delle energie rinnovabili è il più conveniente e si sta abbassando negli anni, mentre secondo altri lo è il nucleare.

E lo stoccaggio dei rifiuti nucleari?

Calenda: «I rifiuti nucleari ad alta attività di tutto il mondo starebbero in un campo da calcio alto 10 metri»

L’esempio del campo da calcio o da football americano è spesso citato quando si parla dei rifiuti nucleari, chiamati impropriamente “scorie radioattive”. I rifiuti nucleari ad alta attività, di cui parla Calenda, sono quelli che perdono la loro radioattività in migliaia di anni. Ma come ha spiegato Nick Touran, ricercatore con un dottorato in ingegneria nucleare, su What is nuclear?, il suo sito dedicato alla spiegazione di come funziona l’energia nucleare, bisogna fare attenzione a capire bene questo esempio. «Spesso non è chiaro quali sono le premesse e i dettagli presi in considerazione», ha infatti sottolineato Touran, parlando delle varie stime in circolazione. Per esempio i rifiuti nucleari sarebbero impilati nei cosiddetti “cask”, che sono contenitori speciali usati nei depositi, oppure compattati in un qualche modo? A seconda delle premesse lo spazio occupato dai rifiuti cambia sensibilmente.

Calenda non ha comunque citato quale sia la fonte del suo dato. Sul sito ufficiale dell’Office of Nuclear Energy del Dipartimento dell’energia degli Stati Uniti si legge che i rifiuti nucleari prodotti dal 1950 in poi dai soli reattori nucleari statunitensi, «se fosse possibile impilarli tutti insieme, occuperebbero un singolo campo da football per un’altezza di meno di 10 yard». Una yard è lunga all’incirca 0,9 metri, mentre un campo da football americano è lungo oltre 100 metri e largo circa 50 metri, un po’ meno di un campo da calcio. Non è chiaro però quali siano le premesse dietro questo conto (nei calcoli di Touran la forbice varia da un campo da football pieno fino a 135 metri a uno pieno fino a 15 centimetri di altezza).

Al di là della correttezza o meno della dichiarazione di Calenda, il cui ordine di grandezza sembra tutto sommato plausibile, rimane un non detto importante, di cui Azione è consapevole. «Il deposito di superficie non può essere quello definitivo per questo tipo di rifiuti, che dovranno essere invece smaltiti in un deposito di profondità (geologico), come quello quasi completato in Finlandia e la cui costruzione è stata avviata in Svezia», si legge nella proposta di Azione sul nucleare. 

Come racconta un recente approfondimento della Bbc, pubblicato il 14 giugno 2023, in Finlandia è stata quasi completata la costruzione di un deposito destinato a ospitare a oltre 400 metri sotto terra i rifiuti radioattivi prodotti dal Paese. La costruzione del deposito è iniziata 20 anni fa, con un costo finora di circa un miliardo di euro (altre stime parlano di 4 miliardi di euro per i costi di gestione per i prossimi 100 anni). 

Oggi i rifiuti presenti in Italia – risultanti sia dalle centrali attive in passato sia da attività legate alla medicina, all’industria o alla ricerca – sono custoditi in decine di depositi temporanei, sparsi sul territorio nazionale. A gennaio 2021 la Sogin, una società pubblica che ha il compito di smantellare gli impianti nucleari esistenti e di gestire i rifiuti nucleari, ha reso pubblica la proposta della cosiddetta “Carta nazionale delle aree potenzialmente idonee” (Cnai), dove sono state indicate 67 località – perlopiù concentrate in Piemonte, Lazio, Basilicata e Sardegna – ritenute idonee per ospitare un unico deposito nazionale. Al momento il luogo non è ancora stato selezionato e il deposito, se mai si farà, sarà un deposito di superficie, e non geologico come quello finlandese.

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