Sale l’astensionismo, la politica abbassa il quorum alle elezioni

Il Senato ha approvato all’unanimità un disegno di legge che riduce la soglia minima di votanti per la validità delle elezioni nei comuni sotto i 15 mila abitanti. Ora il testo passa alla Camera
ANSA / MATTEO BAZZI
ANSA / MATTEO BAZZI
Mercoledì 1° marzo il Senato ha approvato un disegno di legge che modifica alcune regole per le elezioni comunali nei comuni con meno di 15 mila abitanti. Il testo, presentato dalla Senatrice Daisy Pirovano (Lega) e da altri senatori della Lega, è stato approvato all’unanimità, con 125 voti favorevoli su 125 votanti. Sul provvedimento la Commissione Affari costituzionali del Senato aveva approvato la richiesta di procedura d’urgenza, per velocizzare l’esame del testo, fissando la data della discussione in aula per la stessa mattinata del 1° marzo. Questo disegno di legge non è infatti una novità. Lo stesso testo era stato approvato a maggio 2021 dal Senato nella scorsa legislatura ed era poi passato alla Camera. Qui l’esame in commissione si era concluso ad aprile 2022 ma, complice la fine anticipata della legislatura, il testo non è stato approvato ed è decaduto (nella scorsa legislatura solo l’1 per cento delle proposte di legge presentate dai parlamentari è diventata legge). Tra le altre cose, il testo discusso durante la scorsa legislatura aveva ripreso i contenuti di un disegno di legge del Partito democratico, che modificava alcune regole delle elezioni nei comuni sotto i 3 mila abitanti. 

Ora, dopo l’approvazione del Senato, il nuovo disegno di legge passerà all’esame della Camera. Per diventare legge a tutti gli effetti, il testo dovrà essere approvato dalla Camera senza modifiche, altrimenti dovrà tornare al Senato per un nuovo esame.

Che cosa dice il disegno di legge

Al momento la legge prevede che nei comuni con meno di 15 mila abitanti se alle elezioni si presenta una sola lista, e dunque un solo candidato sindaco, la consultazione è valida solo se la lista ottiene almeno il 50 per cento delle preferenze e ha votato almeno il 50 per cento degli aventi diritto (il cosiddetto quorum). Il testo approvato dal Senato riduce la soglia minima di votanti dal 50 al 40 per cento e cancella l’articolo 60 del decreto del presidente della Repubblica del 1960, che impone una serie di limiti per l’elezione dei consiglieri comunali. Durante l’esame del testo Pirovano ha spiegato che, seppure non con «piacere», l’abbassamento del quorum è stato deciso per rispondere all’astensionismo crescente degli ultimi anni. 

In più il disegno di legge elimina dal computo totale degli elettori i cittadini iscritti all’Anagrafe degli italiani residenti all’estero (Aire) che non hanno votato. Gli iscritti all’Aire sono i cittadini che si trasferiscono fuori dall’Italia per più di un anno o sono nati all’estero. Questi possono votare per corrispondenza solo per le elezioni politiche, per i referendum abrogativi e costituzionali, e per le elezioni del Parlamento europeo. Alle elezioni comunali, invece, il voto per corrispondenza non è previsto e dunque gli iscritti all’Aire sono obbligati a tornare in Italia per votare. Il 18 marzo 2021, in un’audizione alla Commissione Affari costituzionali del Senato, i rappresentanti dell’Associazione nazionale dei comuni italiani (Anci) avevano spiegato che, complice la difficoltà di tornare in Italia, i cittadini iscritti all’Aire generalmente non esercitano più il loro diritto di voto alle elezioni comunali da tempo e «contribuiscono al mancato raggiungimento del quorum previsto per la validità delle elezioni». 

La riduzione della soglia minima di votanti e l’esclusione degli iscritti all’Aire dal totale degli elettori non sono comunque una novità. Queste misure erano state introdotte temporaneamente per le elezioni comunali del 2021 dal secondo governo Conte per l’emergenza dovuta alla pandemia da Covid-19. Per lo stesso motivo il governo Draghi aveva riproposto queste misure in occasione delle elezioni comunali del 2022. L’ultimo decreto “Milleproroghe”, approvato definitivamente dal Parlamento lo scorso 23 febbraio, ha prorogato le stesse misure anche per le elezioni comunali del 2023. Queste si terranno il 14 e il 15 maggio e coinvolgeranno quasi 600 comuni in tutta Italia, di cui quasi 500 con meno di 15 mila abitanti. 

Il disegno di legge approvato dal Senato introduce poi un numero minimo di firme per la presentazione delle liste nei comuni con meno di mille abitanti. A differenza degli altri, in questi comuni non è al momento necessaria nessuna sottoscrizione per candidarsi alle elezioni comunali. Il provvedimento approvato dal Senato stabilisce che per presentare una lista nei comuni tra i 751 e mille abitanti saranno necessarie tra le 15 e le 30 firme; in quelli tra 501 e 750 abitanti tra le dieci e le 20 firme, mentre nei comuni con meno di 500 abitanti saranno necessarie tra le cinque e le dieci firme. «È una norma che assicura la stabilità dei comuni e soprattutto allontana i commissariamenti dai comuni, che provocano il blocco dell’attività amministrativa, la stasi politica e costi maggiori, che devono sopportare i comuni stessi», ha affermato Pirovano durante l’esame del testo in Senato.

Lo scontro sull’emendamento della maggioranza

Nonostante il disegno di legge sia stato approvato all’unanimità, in Senato non sono mancati gli attriti tra i partiti della maggioranza e dell’opposizione. Durante l’esame in Commissione Affari costituzionali alcuni senatori di Forza Italia, tra cui la capogruppo Licia Ronzulli, hanno presentato un emendamento che chiedeva di cambiare le regole per il ballottaggio nelle elezioni comunali nelle città sopra i 15 mila abitanti. A oggi in questi comuni se nessuno dei candidati sindaco ottiene il 50 per cento più uno dei voti al primo turno, è necessario un secondo turno tra i due candidati più votati per decretare il vincitore. L’emendamento presentato dai senatori di Forza Italia proponeva di abbassare la soglia minima per la vittoria al primo turno dal 50 al 40 per cento. In altre parole, se uno dei candidati avesse raggiunto al primo turno il 40 per cento dei voti sarebbe stato eletto sindaco senza dover ricorrere al secondo turno. Il ballottaggio sarebbe stato comunque necessario se nessuno dei candidati avesse raggiunto questa soglia. 

L’emendamento ha sollevato le critiche dei partiti all’opposizione, secondo cui la sua approvazione avrebbe modificato eccessivamente il sistema di elezione dei sindaci nelle grandi città, all’interno di un provvedimento che i partiti al governo e all’opposizione avevano concordato di approvare con urgenza. L’emendamento è stato quindi ritirato in commissione, ma i partiti di centrodestra lo hanno ripresentato durante la discussione in aula, scatenando le proteste dell’opposizione, che hanno minacciato di ricorrere alla Giunta per il regolamento. L’emendamento è stato nuovamente ritirato e il Senato ha dato il via libera al testo.

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