Perché la Costituzione è antifascista

Storici e giuristi ricordano perché la legge fondamentale dello Stato è figlia della Resistenza e quindi «antifascista nell’anima»
Ansa
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Ogni anno la festa della Liberazione dal nazifascimo del 25 aprile genera diverse discussioni e dibattiti tra le forze politiche. I partiti di destra, in particolare, hanno varie volte contestato o disertato le celebrazioni per questa festa, istituita nel 1946, alimentando la discussione tra chi reputa la commemorazione come fondamentale per la Repubblica italiana e chi invece la considera una giornata “divisiva”.

Quest’anno il dibattito ha avuto ancora più eco per il fatto che la presidente del Consiglio è Giorgia Meloni, leader di Fratelli d’Italia d’Italia, il partito considerato erede del Movimento sociale italiano. Quest’ultimo è stato per decenni il principale partito della destra nostalgica italiana, fondato nel 1946 da un gruppo di reduci del fascismo e della Repubblica sociale italiana. 

Negli ultimi giorni sono state tante le dichiarazioni fatte dai politici della maggioranza che hanno fatto discutere sul 25 aprile, ma la più controversa è stata quella del presidente del Senato Ignazio La Russa (Fratelli d’Italia) che il 21 aprile in un’intervista a Repubblica ha affermato che «nella Costituzione non c’è alcun riferimento all’antifascismo».

Il giorno successivo La Russa ha spiegato che la sua dichiarazione era relativa al fatto che nella legge fondamentale dello Stato «non c’è la parola “antifascismo”», come affermato anche dal capogruppo di Fratelli d’Italia al Senato Lucio Malan presentando la mozione della maggioranza per il 25 aprile. Le parole di La Russa sono state criticate da diversi esponenti dell’opposizione, tra cui la segretaria del Partito democratico Elly Schlein, che ha dichiarato che «l’antifascismo è la Costituzione». 

Ma la nostra Costituzione è davvero una legge antifascista? Abbiamo chiesto il parere di storici e costituzionalisti e la risposta è sì, sia da un punto di vista storico che giuridico.

L’antifascismo “giuridico” della Costituzione

La Costituzione italiana è la legge fondamentale della nostra Repubblica ed è al vertice della gerarchia delle leggi. È formata da 139 articoli e da 18 disposizioni transitorie e finali. La Costituzione italiana è entrata in vigore il 1° gennaio 1948 ed è stata redatta tra il 1946 e il 1948 dall’Assemblea costituente, l’organo legislativo creato dopo la nascita della Repubblica italiana. 

L’unico riferimento esplicito al fascismo contenuto nella Costituzione si trova tra le disposizioni transitorie e finali, le regole che avrebbero dovuto guidare il passaggio dalla monarchia alla repubblica. «È vietata la riorganizzazione, sotto qualsiasi forma, del disciolto partito fascista», recita infatti la dodicesima disposizione finale.

Al di là di questo riferimento, gli esperti hanno spiegato a Pagella Politica che l’antifascismo della Costituzione è rappresentato dai valori che propone. «La nostra Costituzione è antifascista nell’anima, perché proclama una serie di diritti fondamentali inviolabili, come la libertà di voto, il pluralismo dei partiti, un sistema di divisione e bilanciamento dei poteri dello Stato, tutti elementi che contrastano con l’idea che era stata del fascismo di partito unico, di stato gerarchico, di assenza di elezioni e pluralismo», ha spiegato a Pagella Politica Alfonso Celotto, professore di diritto costituzionale all’Università Roma Tre.

Secondo Celotto, dunque, la condanna al fascimo nella legge fondamentale dello Stato è espressa in maniera «strutturale» e si rintraccia in diversi punti del testo: nelle garanzie sulla libertà personale, nella libertà di associazione, nel divieto di creazione di gruppi paramilitari con scopo politico, oltre che nel già citato divieto di ricostituire il partito fascista. «Nello scrivere la Costituzione i padri costituenti furono lungimiranti. Come disse Piero Calamandrei (giurista e deputato dell’Assemblea costituente, ndr), la Costituzione deve essere “presbite e non miope”, cioè deve vedere lontano e durare per cento, duecento anni, senza mai invecchiare. Per questo, piuttosto che rimarcare a parole l’antifascismo, i padri costituenti puntarono ad esprimere nei fatti, attraverso principi universali, l’antifascismo e l’antitotalitarismo della Costituzione».

Allo stesso modo, per Celotto è innegabile il rapporto tra la Costituzione e il 25 aprile. Quest’ultimo è il giorno del 1945 in cui i partigiani proclamarono l’insurrezione nazionale e i nazifascisti cominciarono a ritirarsi da Milano. «È una data simbolo della lotta partigiana, che è lotta di tutti, perché tra i partigiani c’erano comunisti, democristiani, liberali, socialisti», ha aggiunto Celotto. «Il 25 aprile è il presupposto della nascita della nostra repubblica, perché è diventato festa nazionale nel 1946, prima del referendum tra monarchia e repubblica. Il decreto che ha istituito la festa del 25 aprile è stato firmato dal re. A dimostrazione ancor di più che è la festa di tutti. E senza il 25 aprile non ci sarebbe stato il 2 giugno, quindi la repubblica e la nostra Costituzione». 

Ma perché quindi nel testo non c’è nessun riferimento all’antifascismo? È vero, come ha detto La Russa, che i moderati non volevano fare un favore al Partico comunista italiano e all’Urss? «Assolutamente no», conclude Celotto. «Il motivo è che i moderati e liberali non volevano fare una legge storicizzata, fossilizzata nel passato. La Costituzione è piena di solidi pilastri antifascisti, ma allo stesso tempo non si volle fare una Costituzione miope, che guardasse solo alle cose del momento». Celotto ha aggiunto che «la nostra Costituzione è talmente antifascista e liberale che non ha paura del passato, pone principi contro ogni totalitarismo e, anzi, permette a chiunque di esprimere la propria opinione, anche la più antidemocratica. Tutto ciò è l’antitesi di ciò che è stato il fascismo».

L’antifascismo “storico” della Costituzione

L’antifascismo della Costituzione risiede poi nelle sue radici storiche. «A mio parere», ha spiegato a Pagella Politica Marco Cuzzi, professore di storia contemporanea all’Università di Milano, «lo spirito della nostra Costituzione è stato ben espresso in un famoso dialogo tra Vittorio Foa (uno dei padri costituenti, deputato ebreo e socialista, ndr) e Giorgio Pisanò (ex membro della Repubblica sociale italiana e parlamentare del Msi, ndr), in cui Foa diceva a Pisanò: “I morti sono morti: rispettiamoli tutti. Ma se si parla di quando erano vivi, erano diversi. Se aveste vinto voi, io sarei ancora in prigione. Siccome abbiamo vinto noi, tu sei senatore”». Foa, morto nel 2008, ricordò diverse volte il dialogo con Pisanò, ad esempio in un’intervista con la storica Isabella Insolvibile pubblicata l’anno successivo alla sua scomparsa, alcuni estratti della quale sono disponibili qui

Per Cuzzi il dibattito sulla presenza o meno della parola antifascismo nel testo «è un gioco sulle parole e sul lessico un po’ pretestuoso». «Se per questo, non ci sono nemmeno riferimenti all’antitotalitarismo, quindi per questo la nostra Costituzione ammette il totalitarismo?», si è domandato Cuzzi. Secondo lo storico, una Costituzione che parla di Stato come repubblica democratica, di rispetto delle minoranze, di tutti i credi e di tutti gli orientamenti politici, «non può non essere antifascista». «Calamandrei, non un pericoloso bolscevico, diceva che la nostra Costituzione nasce dalla lotta antifascista e che il padre della nostra repubblica è Giacomo Matteotti (deputato socialista ucciso dai fascisti nel 1924, ndr). Direi che non ci possono essere dubbi sull’antifascismo della carta e mi pare anche eccessivo che si dovesse specificare a parole. Non c’era certo bisogno di mettere un marchio».

«Se fosse nata ieri, uno potrebbe dire magari che la Costituzione ha una lontana ispirazione antifascista, invece è nata proprio in seguito alla sconfitta del fascismo, in reazione ad esso», ha detto a Pagella Politica Andrea Di Michele, professore di Storia contemporanea della Libera università di Bolzano. «Dire che la Costituzione non sia antifascista solo perché non contiene esplicitamente il termine “antifascismo” è una totale decontestualizzazione storica, vuol dire estrapolare la Costituzione dalle sue stesse radici, cioè la vittoria della Resistenza e la caduta del regime fascista. Si rischia di far credere alle persone che tra Costituzione, antifascismo e fascismo non ci sia nessun legame, che la Costituzione sia nata dal nulla. Si rischia insomma – conclude Di Michele – di perdere le coordinate e le sue radici storiche». 

La storia smentisce anche la ricostruzione, espressa da La Russa, dell’antifascismo “assente” in ottica anticomunista e antisovietica. «Non c’è nessun riscontro storico su questo, anzi vuol dire che non si ha ben chiaro chi furono gli antifascisti, tra i quali c’erano anche fior fiore di liberali: Benedetto Croce era un filosovietico? Piero Gobetti? Lauro De Bosis, monarchico e antifascista, che morì con l’aereo lanciando manifesti sull’Italia libera, era filosovietico?».

In più, come ha spiegato Cuzzi, questa tesi non è supportata dai fatti perché all’epoca il Partito comunista italiano di Palmiro Togliatti era uno dei più favorevoli alla pacificazione nazionale tra coloro che avevano lottato contro i nazifascisti e i reduci della Repubblica di Salò. A questo proposito, Cuzzi ha ricordato che nel 1946 Togliatti, da ministro della Giustizia, sostenne un’amnistia piuttosto vasta, che favorì l’uscita dal carcere di diversi collaborazionisti del fascismo, e diversi furono reintegrati nei ranghi della burocrazia della neonata Repubblica. «Inoltre, nella cosiddetta “Commissione dei 75” che materialmente scrisse la Costituzione, guidata dal deputato indipendente Meuccio Ruini, c’erano molti esponenti comunisti, che avrebbero potuto protestare contro l’intenzione di non inserire riferimenti espliciti all’antifascismo. Ma non mi risulta, dai dibattiti di questa commissione, che ci sia mai stata una discussione di questo genere», ha spiegato Cuzzi.  «All’epoca tutte le forze che contribuirono a scrivere il testo, anche la destra democratica, avevano una memoria condivisa, sapevano che venivano dalla lotta al fascismo e non c’era bisogno di ribadirlo o ricordarlo a qualcuno. Si era antifascisti per natura e nelle varietà delle posizioni politiche». 

Tornando all’attualità, secondo Cuzzi le cause della polarizzazione odierna tra fascisti e antifascisti non sono comunque imputabili esclusivamente all’atteggiamento dei partiti di destra. «Ritengo che una parte della responsabilità sia anche dei partiti di sinistra, che troppo spesso in questi anni hanno utilizzato la storia della resistenza in modo strumentale, per combattere l’avversario politico, senza riconoscere che la resistenza non è stata solo un fenomeno di sinistra, ma plurale, un fenomeno collettivo».

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