Come funziona la legge elettorale per le elezioni europee

L’8 e il 9 giugno si voterà con un sistema proporzionale che prevede le preferenze per i candidati. Vi spieghiamo tutto quello che c’è da sapere su come si vota
Ansa
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Per arrivare informati alle prossime elezioni europee, che si terranno in Italia l’8 e il 9 giugno, è fondamentale conoscere il funzionamento della legge elettorale. Questa legge, approvata nel 1979 e modificata negli anni successivi, stabilisce infatti come il numero di voti presi dai partiti si trasforma nel numero di seggi ottenuti al Parlamento europeo.

Le basi

La prima cosa da sapere è che la legge elettorale per le elezioni europee è di tipo proporzionale, un principio comune fissato dall’Unione europea per tutti gli Stati membri. Semplificando un po’, con un sistema proporzionale se un partito ottiene il 20 per cento dei voti, ottiene il 20 per cento dei seggi e così via.

Dunque, sui 76 parlamentari europei a disposizione dell’Italia, ogni lista elettorale ottiene un numero di seggi proporzionale al numero di voti ottenuti. Le liste elettorali sono le liste di candidati presentate dai partiti.

A differenza di quanto succede quando si elegge il Parlamento nazionale, essendo proporzionale, la legge elettorale fa sì che non ci siano le coalizioni tra i partiti. Al massimo i singoli partiti possono accorparsi e presentarsi con una lista elettorale comune. Per esempio, per le prossime europee questa scelta è stata fatta da Più Europa e Italia Viva, che fanno parte della lista “Stati Uniti d’Europa”, e da Europa Verde e Sinistra Italiana, che hanno riproposto la lista “Alleanza Verdi-Sinistra”.

Alle elezioni europee è prevista la cosiddetta “soglia di sbarramento”: le liste che prendono meno del 4 per cento dei voti non eleggono parlamentari europei. Le liste presentate dai partiti devono poi rispettare la parità di genere: in ciascuna lista i candidati uomini e le candidate donne non possono essere più della metà del numero totale dei candidati, e i primi due candidati della lista devono essere di sesso diverso.

Le cinque circoscrizioni

La legge elettorale suddivide il territorio italiano in cinque circoscrizioni, dove i vari partiti presentano una lista di candidati. La circoscrizione dell’Italia Nord-Occidentale comprende la Valle d’Aosta, il Piemonte, la Liguria e la Lombardia; la circoscrizione dell’Italia Nord-Orientale è formata dal Trentino-Alto Adige, dal Veneto, dal Friuli-Venezia Giulia e dall’Emilia-Romagna; la circoscrizione dell’Italia Centrale comprende la Toscana, l’Umbria, le Marche e il Lazio; la circoscrizione dell’Italia Meridionale comprende l’Abruzzo, il Molise, la Campania, la Puglia, la Basilicata e la Calabria; e la circoscrizione dell’Italia Insulare è formata dalla Sicilia e dalla Sardegna.

Ogni circoscrizione elegge un numero di parlamentari europei in proporzione al numero dei suoi abitanti. Sulla base di questo principio, i 76 seggi del Parlamento europeo spettanti all’Italia sono così distribuiti: la circoscrizione Italia Nord-Occidentale elegge 20 parlamentari europei, l’Italia Nord-Orientale 15, così come l’Italia Centrale, l’Italia Meridionale ne elegge 18, mentre l’Italia Insulare otto.

Come si vota

Quando va al seggio a votare, ogni elettore riceve un’unica scheda, di colore diverso a seconda della circoscrizione in cui vota. Sulla scheda sono presenti i simboli dei partiti che hanno presentato una lista di candidati in quella circoscrizione, e accanto a ogni simbolo ci sono tre righe (Immagine 1).
Immagine 1. Fac-simile della scheda elettorale per le elezioni europee nella circoscrizione Nord-Occidentale – Fonte: Ministero dell’Interno
Immagine 1. Fac-simile della scheda elettorale per le elezioni europee nella circoscrizione Nord-Occidentale – Fonte: Ministero dell’Interno
Per esprimere il proprio voto, all’elettore basta barrare il simbolo di una lista. Se vuole, può anche aggiungere da una a tre preferenze per altrettanti candidati al Parlamento europeo che fanno parte di quella lista. In assenza di preferenze, il voto va solo alla lista. Non si può fare il cosiddetto “voto disgiunto”, ossia non si può barrare il simbolo di una lista e dare la preferenze a un candidato di un’altra lista.

Per esprimere le preferenze si può scrivere il nome e il cognome del candidato o anche solo il cognome. Nel caso di omonimia di cognome tra più candidati, l’elettore deve scrivere per forza il nome e il cognome e, se occorre, la data di nascita del candidato. Se l’elettore esprime più di una preferenza, queste devono essere per candidati di sesso diverso della stessa lista, pena l’annullamento della seconda e terza preferenza. Per intenderci, non si possono dare le preferenze solo a due uomini o solo a due donne. Se si vogliono votare due uomini, bisogna indicare il nome anche di una donna, e viceversa.

Come sono assegnati i seggi

Una volta effettuato lo scrutinio e confermati i risultati, l’assegnazione dei seggi si articola in due fasi: nella prima fase si determinano quanti seggi spettano a ciascuna lista a livello nazionale, mentre nella seconda fase si determinano i seggi ottenuti da ogni partito a livello delle singole circoscrizioni.

Nella prima fase si considerano solo le liste che hanno superato la soglia di sbarramento del 4 per cento dei voti validi a livello nazionale. Si divide il totale dei voti validi ottenuti da tutte queste liste per il numero dei seggi da assegnare, ossia 76, ottenendo così il cosiddetto “quoziente elettorale nazionale”. In seguito si divide il numero di voti ottenuti a livello nazionale da ciascuna lista per questo quoziente, ottenendo un numero di solito non intero. La parte intera di questo numero rappresenta il numero di seggi “pieni” che spettano a quella lista sulla base dei voti ricevuti. I seggi che rimangono sono distribuiti alle liste che hanno i resti più alti, ossia il maggior numero di voti “avanzati” dalla precedente divisione. In questo modo si determina il numero di seggi spettanti a livello nazionale a ciascuna lista che abbia superato lo sbarramento. 

Nella seconda fase i seggi ottenuti da ciascuna lista sono distribuiti tra le cinque circoscrizioni: ogni lista, lo ricordiamo, ottiene un numero di seggi in ciascuna circoscrizione in proporzione ai voti ottenuti. In concreto si somma il totale dei voti di lista in tutte le circoscrizioni e lo si divide per il numero di seggi spettanti alla lista, ottenendo il cosiddetto “quoziente di lista”. Poi si divide il totale dei voti della lista in ciascuna circoscrizione per questo quoziente, ottenendo anche in questo caso un numero non intero. La parte intera corrisponde ai seggi assegnati alla lista in quella circoscrizione, mentre gli eventuali seggi non ancora attribuiti sono assegnati alle circoscrizioni in cui la lista presenta i resti più alti. 

Una volta stabiliti i seggi ottenuti da ciascuna lista in ogni circoscrizione, sono proclamati eletti i candidati che hanno ottenuto il maggior numero di preferenze da parte degli elettori. In caso di parità di preferenze, prevale il candidato che precede nell’ordine gli altri nella lista.

L’importanza delle preferenze

Occupare una posizione in lista più alta di quella di un altro candidato non dà la certezza di essere eletti, e questa certezza non è nemmeno data dall’essere capolista, ossia essere il primo candidato di una lista. Al massimo il ruolo di capolista può dare un vantaggio di visibilità, una spinta in più da un punto di vista comunicativo. Per questo motivo le posizioni da capolista sono usate di solito dai partiti per trasmettere un messaggio politico e per dare risalto a un candidato o a una candidata. Alle prossime elezioni europee vari leader di partiti si presenteranno come capolista in varie circoscrizioni, tra cui la leader di Fratelli d’Italia Giorgia Meloni, il segretario di Forza Italia Antonio Tajani e la segretaria del Partito Democratico Elly Schlein. Questi tre, però, rinunceranno al seggio in Parlamento europeo in caso di elezione, visto che questo incarico è incompatibile con quello ricoperto al governo o al Parlamento italiano. 

Quando un candidato eletto rinuncia al proprio seggio, il posto al Parlamento europeo non viene assegnato a chi viene subito dopo in lista, ma viene assegnato al candidato o alla candidata che hanno preso più preferenze tra quelli non eletti. Ricapitolando: per essere eletti al Parlamento europeo conta il numero di voti presi dal partito e dalle preferenze prese dai singoli candidati, non l’ordine in lista.

Chi può votare

Possono votare alle elezioni europee tutti i cittadini italiani o di qualsiasi altro Paese membro dell’Ue con almeno 18 anni di età residenti in Italia. Per votare, gli elettori devono recarsi nei seggi allestiti nei comuni in cui sono residenti. 

Alle europee possono votare anche i cittadini italiani residenti in un altro Stato dell’Unione europea, recandosi nei consolati italiani del Paese in cui sono residenti. Per la prima volta, in queste elezioni europee i cittadini che abitano in un comune diverso da quello di residenza per motivi di studio potranno votare nel comune dove abitano.

In totale gli aventi diritto al voto italiani alle prossime elezioni sono circa 47 milioni, il terzo numero più alto di elettori dietro a Germania (64,9 milioni) e Francia (49,7 milioni).

Chi può candidarsi

Possono candidarsi alle elezioni europee i cittadini italiani che hanno compiuto 25 anni al momento della candidatura, così come i cittadini di altri Stati membri dell’Ue residenti in Italia, purché non siano decaduti da tale diritto nel loro Stato di origine. Non sono candidabili alle elezioni europee i cittadini che hanno riportato condanne definitive per una serie di reati, come quelli contro la pubblica amministrazione. 

La legge elettorale stabilisce poi una serie di cause di incompatibilità per i candidati una volta eletti. Per esempio, la carica di parlamentare è incompatibile con altre cariche europee, come quella di membro della Commissione Ue, di giudice, avvocato generale o cancelliere della Corte di giustizia e di membro del comitato esecutivo della Banca centrale europea. Il ruolo di parlamentare europeo è incompatibile con quello di parlamentare a livello nazionale, con quello di ministro e presidente del Consiglio, di assessore, consigliere regionale e presidente di regione, di presidente di provincia e sindaco di comune con più di 15 mila abitanti. In caso di incompatibilità ci si può candidare, ma dopo le elezioni bisogna scegliere quale carica mantenere.

La tutela delle minoranze linguistiche

Sono previste anche misure a tutela delle minoranze linguistiche. Nella circoscrizione Nord-Orientale, le liste rappresentative della popolazione di lingua tedesca della Provincia autonoma di Bolzano e di lingua slovena della regione Friuli-Venezia Giulia possono collegarsi, al momento della presentazione, con un’altra lista della stessa circoscrizione o di altra, a patto che sia presente in tutte le circoscrizioni. Per esempio il Südtiroler Volkspartei si presenterà grazie a un apparentamento con Forza Italia. Nella circoscrizione Nord-Occidentale la stessa possibilità è riconosciuta alla lista rappresentativa della minoranza di lingua francese della Valle d’Aosta. 

In entrambi i casi, per l’attribuzione dei seggi i voti ottenuti dalla lista che rappresenta la minoranza linguistica nelle rispettive regioni o province sono sommati a quelli della lista nazionale collegata. Il candidato più votato della lista della minoranza linguistica collegata è proclamato eletto, purché abbia ottenuto almeno 50 mila preferenze.

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