In 40 anni di elezioni europee decine di politici italiani si sono candidati – e sono stati eletti – al Parlamento europeo sapendo che avrebbero dovuto rinunciare al seggio per incompatibilità con altre cariche. E il conto potrebbe presto aumentare, dato che i partiti stanno già discutendo sulla possibilità di candidare i loro leader come capolista in una o più delle cinque circoscrizioni elettorali in cui è divisa l’Italia alle prossime elezioni europee, previste per giugno.
Nella conferenza stampa di fine anno la presidente del Consiglio Giorgia Meloni ha aperto per prima alla possibilità di candidarsi, specificando che se venisse eletta rinuncerebbe al seggio a causa dell’incompatibilità del suo ruolo con quello di parlamentare europea. Questa incompatibilità però vale anche per gli altri leader politici, che sono tutti membri del Parlamento italiano o svolgono ruoli nel governo Meloni.
Allora che senso ha candidare un politico che poi sarebbe costretto a dimettersi subito dopo l’elezione? In poche parole, questa strategia permetterebbe ai partiti di sfruttare comunque il nome e il carisma del leader alle elezioni per ottenere più voti possibile. Diversi commentatori hanno criticato questa ipotesi, comunque legittima, perché potrebbe confondere gli elettori, convincendoli a votare un candidato puramente “simbolico”. Al di là di questo, abbiamo provato a quantificare quanto è diffusa questa pratica nella politica italiana.
Nella conferenza stampa di fine anno la presidente del Consiglio Giorgia Meloni ha aperto per prima alla possibilità di candidarsi, specificando che se venisse eletta rinuncerebbe al seggio a causa dell’incompatibilità del suo ruolo con quello di parlamentare europea. Questa incompatibilità però vale anche per gli altri leader politici, che sono tutti membri del Parlamento italiano o svolgono ruoli nel governo Meloni.
Allora che senso ha candidare un politico che poi sarebbe costretto a dimettersi subito dopo l’elezione? In poche parole, questa strategia permetterebbe ai partiti di sfruttare comunque il nome e il carisma del leader alle elezioni per ottenere più voti possibile. Diversi commentatori hanno criticato questa ipotesi, comunque legittima, perché potrebbe confondere gli elettori, convincendoli a votare un candidato puramente “simbolico”. Al di là di questo, abbiamo provato a quantificare quanto è diffusa questa pratica nella politica italiana.