La presidente del Consiglio può candidarsi alle elezioni europee?

In conferenza stampa Meloni ha detto di non aver ancora deciso se partecipare o meno al voto di giugno. Qual è il senso di una sua candidatura
Ansa
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Aggiornamento 29 aprile 2024, ore 12:30 – Il 28 aprile, durante la conferenza programmatica di Fratelli d’Italia a Pescara, la presidente del Consiglio Giorgia Meloni ha annunciato ufficialmente la sua candidatura alle elezioni europee dell’8 e 9 giugno. 

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Il 4 gennaio la presidente del Consiglio Giorgia Meloni ha partecipato alla tradizionale conferenza stampa di fine anno con i giornalisti. Durante la conferenza stampa Meloni ha affrontato vari argomenti, dalla politica nazionale all’economia, passando per le prossime elezioni europee in programma a giugno 2024. Su questo tema Meloni ha detto di non aver ancora deciso se candidarsi o meno: «Devo capire se una mia eventuale candidatura toglierebbe tempo al mio lavoro dal presidente del Consiglio», ha dichiarato Meloni, secondo cui la prossima tornata elettorale «potrebbe essere un test democratico molto interessante».

Ma che cosa succederebbe se Meloni dovesse decidere di candidarsi e risultare eletta al Parlamento europeo? Potrebbe svolgere sia il compito di capo del governo sia quello di europarlamentare, oppure sarebbe costretta a rinunciare a uno dei due incarichi? Facciamo chiarezza.

Le regole alle elezioni europee

Il 2024 sarà un anno ricco di elezioni in Italia, tra regionali e comunali, ma la tornata elettorale più importante per l’elettorato italiano è sicuramente quella che si terrà tra il 6 e il 9 giugno prossimi per rinnovare i rappresentanti italiani al Parlamento europeo. Il Parlamento europeo è una delle più importanti istituzioni dell’Unione europea, di cui esercita il potere legislativo insieme al Consiglio dell’Ue. Quest’ultimo è l’organo che raccoglie i rappresentanti dei governi dei Paesi membri. 

Il Parlamento europeo è composto da 705 deputati e, a differenza dalla Commissione europea, è eletto direttamente dai cittadini dei 27 Stati membri ogni cinque anni. L’Italia è rappresentata da 76 deputati, eletti con un sistema di tipo proporzionale. Con questo sistema ogni lista di candidati partecipa autonomamente alle elezioni e i seggi vengono assegnati in modo da assicurare alle singole liste un numero di posti proporzionale al numero di voti ottenuti. A differenza del sistema elettorale maggioritario, utilizzato in Italia per le elezioni politiche, il proporzionale non prevede quindi alleanze o coalizioni elettorali e perciò anche Fratelli d’Italia, Lega e Forza Italia, che nel nostro Parlamento compongono una maggioranza a sostegno del governo fin qui piuttosto solida, saranno in competizione tra loro alle elezioni europee di giugno. 

In questi mesi è emersa la possibilità che Meloni possa candidarsi alle prossime elezioni europee. Al momento la presidente del Consiglio non può però ricoprire la carica di parlamentare europeo perché, come previsto dalle regole europee, questa carica «è incompatibile» con una serie di altre cariche, tra cui quella di membro del governo o del Parlamento di uno Stato europeo. Nel caso in cui dovesse candidarsi alle europee ed essere eletta, Meloni dovrebbe dunque rassegnare subito le dimissioni da parlamentare europea, proprio a causa dell’incompatibilità della carica con il ruolo di presidente del Consiglio e con quello di deputata nel Parlamento italiano. 

Inoltre, Meloni potrebbe decidere di candidarsi come capolista in tutte e cinque le circoscrizioni elettorali in cui è divisa l’Italia alle elezioni europee (Nord-occidentale, Nord-orientale, Centrale, Meridionale e Insulare): in questo modo, la presidente del Consiglio potrebbe scegliere in quale circoscrizione essere formalmente eletta, in modo da scegliere anche a quale dei primi cinque candidati non eletti (se diversi) lasciare il suo posto. 

Una mossa strategica

Ma allora che senso ha candidarsi per poi dimettersi subito dopo essere stati eletti? La spiegazione è che Meloni e il suo partito vogliono sfruttare il forte consenso di cui gode la presidente del Consiglio per provare a guadagnare più voti possibili in un’elezione che vedrà tutti i partiti partecipare in maniera autonoma e senza coalizioni. Sapendo di votare direttamente per Meloni quindi, gli elettori che stimano la presidente del Consiglio potrebbero essere portati a votare per Fratelli d’Italia, nonostante l’incompatibilità di Meloni con la carica di parlamentare europea. 

Va detto comunque che non è la prima volta che un leader politico utilizza questa strategia: alle ultime elezioni europee del 2019 per esempio il leader della Lega Matteo Salvini era candidato come capolista in tutte e cinque le circoscrizioni, nonostante all’epoca fosse ministro dell’Interno del primo governo Conte. Secondo fonti stampa l’attuale ministro delle Infrastrutture e dei trasporti potrebbe ripetere la candidatura multipla anche in questa tornata elettorale.

Simili strategie, del tutto legittime da un punto di vista elettorale, hanno attirato in passato critiche sui partiti che le hanno utilizzate, dal momento che non è scontato che tutti gli elettori siano a conoscenza – ad esempio – del fatto che Meloni sarebbe costretta a dimettersi subito dopo l’elezione. 

Durante la conferenza stampa di fine anno la presidente del Consiglio ha anticipato queste critiche, dichiarando di non essere d’accordo con «chi dice che candidarsi alle europee sarebbe una presa in giro dei cittadini perché poi ci si dimette e non si va in Europa: i cittadini che ti votano lo sanno che poi non andrai in Europa, ma se vogliono confermarti il consenso anche questa è democrazia». Anzi, Meloni ha auspicato che una sua eventuale candidatura possa portare altri leader politici, anche dell’opposizione, a candidarsi per far diventare le elezioni europee di giugno «un test di altissimo livello». Da settimane pure nel Partito Democratico è in corso un dibattito sulle candidature alle elezioni europee, e non è escluso che la segretaria del partito Elly Schlein possa scendere in campo.

Secondo gli ultimi sondaggi Fratelli d’Italia è il partito con più consensi: se si votasse oggi, il partito della presidente del Consiglio otterrebbe il 28,7 per cento dei consensi, quasi dieci punti percentuali sopra al secondo partito, il PD, con il 19,3 per cento delle preferenze.

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