Questo articolo è stato pubblicato la prima volta il 28 aprile sul blog I simboli della discordia curato da Gabriele Maestri, autore del libro omonimo ed esperto di elezioni e simboli elettorali.
«What’s in a name?». La tentazione di citare il soliloquio di Giulietta nella shakespeariana Romeo and Juliet è forte, in un tempo in cui ci si confronta e si discute sui nomi nei simboli, ma anche da inserire sulla scheda. Se una settimana fa esatta al centro delle polemiche c’era il possibile inserimento di un riferimento alla segretaria Elly Schlein nel contrassegno elettorale del Partito Democratico, oggi a dare via alle danze c’è una dichiarazione di Giorgia Meloni, che intervenendo alla conferenza programmatica di Fratelli d’Italia a Pescara, dopo aver annunciato la propria candidatura alle elezioni europee come capolista in tutte le circoscrizioni, ha aggiunto, tra l’altro:
«Chiedo agli italiani di scrivere il mio nome, ma il mio nome di battesimo. La cosa che personalmente mi rende più fiera di questi giorni è che la maggior parte dei cittadini che si rivolge a me continui a chiamarmi semplicemente “Giorgia”: non “Presidente”, non “Meloni”, ma “Giorgia”. E guardate che per me è una cosa estremamente importante, estremamente preziosa. Io sono stata derisa per anni e anni per le mie radici popolari, mi hanno chiamata pesciarola, fruttivendola, borgatara… perché loro sono colti, si vede da questa capacità di argomentare nel profondo, la cultura… Però quello che non hanno mai capito è che io sono stata sempre, sono e sarò sempre fiera di essere una persona del popolo […]. Se volete dirmi che ancora credete in me, mi piacerebbe che lo faceste scrivendo sulla scheda semplicemente “Giorgia” […]».
A quelle parole, evidentemente, qualcuno dev’essersi domandato se questa soluzione sia praticabile. Sul punto è intervenuto il ministro dell’Agricoltura, della Sovranità alimentare e delle Foreste Francesco Lollobrigida, di cui Adnkronos ha raccolto la seguente dichiarazione:
«Meloni ha detto di scrivere sulla scheda solo “Giorgia”? C’è la possibilità nelle elezioni di ogni tipo di dare all’elettore la scelta se mettere il nome per esteso oppure semplificarlo quando è chiarito in fase di presentazione di candidatura come è sostituibile il nome. Accade in tutte le elezioni, quindi ci sarà scritto “Giorgia Meloni detta Giorgia”. È una possibilità che la norma dà proprio per semplificare il concetto. In questo caso assume anche un valore differente perché Giorgia ha chiarito che la sua forza, credo riconosciuta da tutti, è che lei da militante, da cittadina, da presidente del Consiglio è rimasta una donna legata ai suoi valori, considerandosi una rappresentante del nostro popolo dal quale non intende distinguersi nemmeno con questioni di natura formale».
Ma stanno effettivamente così le cose?
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«What’s in a name?». La tentazione di citare il soliloquio di Giulietta nella shakespeariana Romeo and Juliet è forte, in un tempo in cui ci si confronta e si discute sui nomi nei simboli, ma anche da inserire sulla scheda. Se una settimana fa esatta al centro delle polemiche c’era il possibile inserimento di un riferimento alla segretaria Elly Schlein nel contrassegno elettorale del Partito Democratico, oggi a dare via alle danze c’è una dichiarazione di Giorgia Meloni, che intervenendo alla conferenza programmatica di Fratelli d’Italia a Pescara, dopo aver annunciato la propria candidatura alle elezioni europee come capolista in tutte le circoscrizioni, ha aggiunto, tra l’altro:
«Chiedo agli italiani di scrivere il mio nome, ma il mio nome di battesimo. La cosa che personalmente mi rende più fiera di questi giorni è che la maggior parte dei cittadini che si rivolge a me continui a chiamarmi semplicemente “Giorgia”: non “Presidente”, non “Meloni”, ma “Giorgia”. E guardate che per me è una cosa estremamente importante, estremamente preziosa. Io sono stata derisa per anni e anni per le mie radici popolari, mi hanno chiamata pesciarola, fruttivendola, borgatara… perché loro sono colti, si vede da questa capacità di argomentare nel profondo, la cultura… Però quello che non hanno mai capito è che io sono stata sempre, sono e sarò sempre fiera di essere una persona del popolo […]. Se volete dirmi che ancora credete in me, mi piacerebbe che lo faceste scrivendo sulla scheda semplicemente “Giorgia” […]».
A quelle parole, evidentemente, qualcuno dev’essersi domandato se questa soluzione sia praticabile. Sul punto è intervenuto il ministro dell’Agricoltura, della Sovranità alimentare e delle Foreste Francesco Lollobrigida, di cui Adnkronos ha raccolto la seguente dichiarazione:
«Meloni ha detto di scrivere sulla scheda solo “Giorgia”? C’è la possibilità nelle elezioni di ogni tipo di dare all’elettore la scelta se mettere il nome per esteso oppure semplificarlo quando è chiarito in fase di presentazione di candidatura come è sostituibile il nome. Accade in tutte le elezioni, quindi ci sarà scritto “Giorgia Meloni detta Giorgia”. È una possibilità che la norma dà proprio per semplificare il concetto. In questo caso assume anche un valore differente perché Giorgia ha chiarito che la sua forza, credo riconosciuta da tutti, è che lei da militante, da cittadina, da presidente del Consiglio è rimasta una donna legata ai suoi valori, considerandosi una rappresentante del nostro popolo dal quale non intende distinguersi nemmeno con questioni di natura formale».
Ma stanno effettivamente così le cose?