Il decreto “Ong” è stato convertito in legge

Il provvedimento è stato approvato dal Senato con 84 voti favorevoli e 61 contrari: ecco che cosa contiene
ANSA
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Giovedì 23 febbraio il Senato ha approvato definitivamente, con 84 voti favorevoli e 61 contrari, la conversione in legge del cosiddetto “decreto Ong”, che ha introdotto nuove regole per il salvataggio dei migranti in mare da parte delle navi delle organizzazioni non governative (Ong). Il 15 febbraio il testo era stato approvato dalla Camera, dove il governo aveva posto la questione di fiducia, e ora è diventato legge a tutti gli effetti. 
Il provvedimento ha di fatto introdotto un codice di condotta per i salvataggi in mare delle Ong. Più nel dettaglio il testo prevede che, non appena effettuato un salvataggio, le navi comunichino alle autorità del loro Stato di bandiera e al centro di coordinamento competente – e quindi spesso all’Italia, il porto sicuro più vicino per i migranti che partono dal Nord Africa – le dinamiche del salvataggio e la richiesta dell’assegnazione di un porto di sbarco, che dovrà essere raggiunto immediatamente. Non necessariamente però il porto di sbarco assegnato dovrà essere quello più vicino al punto in cui si trova l’imbarcazione al momento del salvataggio. In sostanza, le navi delle Ong possono essere indirizzate verso porti lontani dal punto in cui hanno salvato i migranti, rendendo più difficile la possibilità di effettuare altre operazioni di soccorso. 

Quest’ultimo è stato uno degli aspetti più dibattuti durante l’esame parlamentare del testo. Infatti, nelle settimane successive all’approvazione del decreto-legge in Consiglio dei ministri, il governo guidato da Giorgia Meloni ha iniziato a indicare come porto di sbarco alle navi Ong quelli di Ancona, Ravenna e La Spezia, mentre generalmente in passato i migranti salvati dalle organizzazioni umanitarie sbarcavano soprattutto in Sicilia, Puglia e Calabria. Come spiegato in alcune occasioni dal ministro dell’Interno Matteo Piantedosi, l’obiettivo del governo è quello di decongestionare il più possibile i porti della Sicilia, evitando di spostare i migranti dal Sud al Nord del Paese attraverso mezzi di trasporto a spese dello Stato. Nonostante la strategia, non sono mancati i casi in cui il governo ha smentito se stesso: il 1° febbraio, per esempio, alcuni dei migranti sbarcati il 29 gennaio a La Spezia, in Liguria, dopo essere stati salvati nel mar Mediterraneo dalla nave Ong Geo Barents, sono stati trasportati in pullman a Foggia, in Puglia.

Il decreto obbliga inoltre le navi delle Ong a rispettare una serie di requisiti, tra cui il possesso delle certificazioni e dei documenti rilasciati dalle autorità dello Stato di bandiera. Le navi delle Ong devono informare i migranti salvati sulla possibilità di richiedere la protezione internazionale e raccogliere le loro generalità, da mettere a disposizioni delle autorità al momento dello sbarco. 

Infine il provvedimento ha introdotto una serie di sanzioni per le navi delle Ong che non rispettano le nuove regole. I comandanti, i proprietari e i gestori delle navi che violano le norme potranno ricevere una multa dai 10 mila ai 50 mila euro. Potrà essere imposto il fermo amministrativo della nave fino a due mesi, a spese dell’armatore. Se la stessa nave dovesse violare più volte le norme, potrà essere confiscata. Se il comandante o l’armatore non forniscono alle autorità nazionali le informazioni richieste può essere applicata una multa da 2 mila a 10 mila euro e il fermo amministrativo della nave per 20 giorni, prorogabile fino a due mesi in caso di reiterazione della violazione. 

I migranti salvati dalle Ong, a cui si applicano le disposizioni del decreto-legge, sono una minoranza rispetto al totale delle persone che sbarcano nel nostro Paese. Oltre il 90 per cento dei migranti che sbarca in Italia lo fa autonomamente o con il soccorso della Guardia costiera.

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