Il deputato di Fratelli d’Italia e vicepresidente della Camera, Fabio Rampelli, il 24 novembre ha scritto su Facebook che i 209 miliardi del Recovery fund sono diventati 14, oltretutto con «condizionalità e riforme che vanno a togliere sovranità all’Italia». Al suo post è poi associata un’immagine in cui si legge: «Recovery Fund: a luglio annunciati 209 miliardi per l’Italia. Si scopre che nel 2021 saranno 14 miliardi (forse) e con condizioni».
Le cifre, come vedremo, sono incomplete. Ma soprattutto è fuorviante sostenere che i 209 miliardi di cui si era parlato a luglio siano «diventati» 14. Andiamo a vedere i dettagli.
I 209 miliardi del Recovery fund
Il Next Generation Eu – chiamato più spesso in Italia Recovery Fund – è il piano dell’Unione europea da 750 miliardi di euro per sostenere gli Stati membri più colpiti dalla crisi causata dall’epidemia di Covid-19. È stato definito dall’accordo raggiunto dal Consiglio europeo del 21 luglio, anche se le trattative sui dettagli sono ancora in corso e – come abbiamo scritto – ancora manca l’approvazione definitiva.
Come abbiamo scritto di recente, la quota che secondo le stime – sempre di luglio – dovrebbe spettare all’Italia è la più alta in valore assoluto: 209 miliardi di euro, di cui oltre 81 miliardi di sovvenzioni a fondo perduto e 127 miliardi abbondanti di prestiti.
La parte più consistente dei 750 miliardi totali del Next Generation Eu è rappresentata dal Recovery and resilience facility, un fondo che tra prestiti (360 miliardi) e sovvenzioni (312,5 miliardi) arriva a un totale di 672,5 miliardi di euro. Altri 47,5 miliardi di euro sono poi dedicati al fondo React Eu e i restanti 30 miliardi si suddividono in altri fondi già in parte finanziati dal bilancio pluriennale dell’Ue 2021-2027 (ad esempio, Rural development o Just transiton fund).
Quali condizioni impone il Next Generation Eu agli Stati membri
Per accedere alle risorse del Next Generation Eu gli Stati membri devono rispettare una serie di condizioni (come abbiamo scritto, anche più stringenti di quelle previste per accedere alle risorse del nuovo strumento del Mes, il Pandemic crisis support).
In particolare, per ottenere le risorse del Recovery and resilience facility, che come abbiamo visto assorbe il 90 per cento delle risorse del Next Generation Eu, gli Stati devono preparare (punto A18 delle Conclusioni del Consiglio europeo del 21 luglio) «piani nazionali per la ripresa e la resilienza» in cui definiscono il programma di riforme e investimenti che hanno intenzione di fare nel il periodo 2021- 2023. Nel 2022 questi piani saranno poi adattati, «per tenere conto della ripartizione definitiva dei fondi per il 2023».
La valutazione di questi piani spetta alla Commissione europea, che giudica in primo luogo se i piani degli Stati siano coerenti con le raccomandazioni specifiche che la stessa Commissione invia ogni anno ai vari Paesi nell’ambito del semestre europeo.
All’Italia, ad esempio, viene spesso raccomandato di ridurre i tempi della giustizia e di aumentare la partecipazione delle donne al mercato del lavoro. La Commissione valuta poi il «rafforzamento del potenziale di crescita», la «creazione di posti di lavoro» e la «resilienza sociale ed economica dello Stato membro». Inoltre «anche l’effettivo contributo alla transizione verde e digitale rappresenta una condizione preliminare ai fini di una valutazione positiva».
Quali sono le tempistiche
Per quanto riguarda le tempistiche per ricevere e utilizzare i soldi dell’Ue, è previsto dalle conclusioni del Consiglio europeo del 21 luglio 2020 che «gli impegni giuridici di un programma integrato da Next Generation Eu devono essere contratti entro il 31 dicembre 2023. I relativi pagamenti saranno effettuati entro il 31 dicembre 2026».
Gli Stati dunque, al netto delle incertezze legate alle trattative ancora in corso e alla disposizione e approvazione dei “piani nazionali per la ripresa e la resilienza”, possono mettere a bilancio le risorse del Next Generation Eu dal 2021 fino al 2026 incluso, cosa che in effetti ha fatto l’Italia.
Le risorse nel Documento programmatico di bilancio
Nel Documento programmatico di bilancio (Dpb) 2021, inviato alla Commissione europea il 19 ottobre 2020, viene previsto, in via provvisoria, che all’Italia arrivino 205 miliardi di euro dal Next Generation Eu (poco meno delle stime citate in precedenza).
Le cifre, come vedremo, sono incomplete. Ma soprattutto è fuorviante sostenere che i 209 miliardi di cui si era parlato a luglio siano «diventati» 14. Andiamo a vedere i dettagli.
I 209 miliardi del Recovery fund
Il Next Generation Eu – chiamato più spesso in Italia Recovery Fund – è il piano dell’Unione europea da 750 miliardi di euro per sostenere gli Stati membri più colpiti dalla crisi causata dall’epidemia di Covid-19. È stato definito dall’accordo raggiunto dal Consiglio europeo del 21 luglio, anche se le trattative sui dettagli sono ancora in corso e – come abbiamo scritto – ancora manca l’approvazione definitiva.
Come abbiamo scritto di recente, la quota che secondo le stime – sempre di luglio – dovrebbe spettare all’Italia è la più alta in valore assoluto: 209 miliardi di euro, di cui oltre 81 miliardi di sovvenzioni a fondo perduto e 127 miliardi abbondanti di prestiti.
La parte più consistente dei 750 miliardi totali del Next Generation Eu è rappresentata dal Recovery and resilience facility, un fondo che tra prestiti (360 miliardi) e sovvenzioni (312,5 miliardi) arriva a un totale di 672,5 miliardi di euro. Altri 47,5 miliardi di euro sono poi dedicati al fondo React Eu e i restanti 30 miliardi si suddividono in altri fondi già in parte finanziati dal bilancio pluriennale dell’Ue 2021-2027 (ad esempio, Rural development o Just transiton fund).
Quali condizioni impone il Next Generation Eu agli Stati membri
Per accedere alle risorse del Next Generation Eu gli Stati membri devono rispettare una serie di condizioni (come abbiamo scritto, anche più stringenti di quelle previste per accedere alle risorse del nuovo strumento del Mes, il Pandemic crisis support).
In particolare, per ottenere le risorse del Recovery and resilience facility, che come abbiamo visto assorbe il 90 per cento delle risorse del Next Generation Eu, gli Stati devono preparare (punto A18 delle Conclusioni del Consiglio europeo del 21 luglio) «piani nazionali per la ripresa e la resilienza» in cui definiscono il programma di riforme e investimenti che hanno intenzione di fare nel il periodo 2021- 2023. Nel 2022 questi piani saranno poi adattati, «per tenere conto della ripartizione definitiva dei fondi per il 2023».
La valutazione di questi piani spetta alla Commissione europea, che giudica in primo luogo se i piani degli Stati siano coerenti con le raccomandazioni specifiche che la stessa Commissione invia ogni anno ai vari Paesi nell’ambito del semestre europeo.
All’Italia, ad esempio, viene spesso raccomandato di ridurre i tempi della giustizia e di aumentare la partecipazione delle donne al mercato del lavoro. La Commissione valuta poi il «rafforzamento del potenziale di crescita», la «creazione di posti di lavoro» e la «resilienza sociale ed economica dello Stato membro». Inoltre «anche l’effettivo contributo alla transizione verde e digitale rappresenta una condizione preliminare ai fini di una valutazione positiva».
Quali sono le tempistiche
Per quanto riguarda le tempistiche per ricevere e utilizzare i soldi dell’Ue, è previsto dalle conclusioni del Consiglio europeo del 21 luglio 2020 che «gli impegni giuridici di un programma integrato da Next Generation Eu devono essere contratti entro il 31 dicembre 2023. I relativi pagamenti saranno effettuati entro il 31 dicembre 2026».
Gli Stati dunque, al netto delle incertezze legate alle trattative ancora in corso e alla disposizione e approvazione dei “piani nazionali per la ripresa e la resilienza”, possono mettere a bilancio le risorse del Next Generation Eu dal 2021 fino al 2026 incluso, cosa che in effetti ha fatto l’Italia.
Le risorse nel Documento programmatico di bilancio
Nel Documento programmatico di bilancio (Dpb) 2021, inviato alla Commissione europea il 19 ottobre 2020, viene previsto, in via provvisoria, che all’Italia arrivino 205 miliardi di euro dal Next Generation Eu (poco meno delle stime citate in precedenza).