Il 10 novembre il Parlamento europeo e il Consiglio dell’Ue – l’organo dove siedono i rappresentanti dei vari Stati membri – avevano raggiunto un accordo sul prossimo budget pluriennale dell’Ue 2021-2027 e sul pacchetto da 750 miliardi di aiuti del Next Generation Eu (spesso chiamato in Italia Recovery fund). L’accordo conteneva, tra le altre cose, il compromesso trovato il 5 novembre tra Stati membri e Parlamento europeo sul meccanismo che consente la sospensione dei pagamenti dal bilancio Ue a uno Stato membro in caso di violazione dello stato di diritto (ma i pagamenti vengono comunque dati ai destinatari finali, aggirando nel caso gli Stati inadempienti).

Il 16 novembre, tuttavia, i governi di Ungheria e Polonia – proprio a causa della loro contrarietà a questo meccanismo sullo stato di diritto – hanno di fatto bloccato il processo di adozione del Next Generation Eu. Non avevano potuto bloccare il compromesso trovato il 5 novembre, per cui era sufficiente la maggioranza qualificata, ma hanno invece esercitato il loro diritto di veto circa l’adozione della Decisione sulle risorse proprie, un passaggio in cui vengono messe nero su bianco le principali previsioni sul bilancio Ue, necessario perché la Ue possa indebitarsi sui mercati per ottenere i miliardi necessari per il Next Generation Eu. Anche per l’adozione del budget pluriennale è poi necessaria l’unanimità degli Stati membri e anche su questo dossier Ungheria e Polonia hanno minacciato il proprio veto.

Budapest e Varsavia sono infatti coinvolte ormai da anni in un braccio di ferro con le istituzioni dell’Unione europea, che accusano i due Paesi di violare lo stato di diritto. Il Parlamento europeo ad esempio ha promosso una procedura in base all’articolo 7 del trattato sull’Unione europea – quello che consente di sospendere il diritto di voto del Paese eventualmente condannato nel Consiglio, la più grave delle sanzioni previste dal diritto comunitario – sia contro la Polonia, a marzo 2018, sia contro l’Ungheria, a settembre 2018.

Inoltre di recente, il 30 settembre, la Commissione ha pubblicato i propri report sulla situazione circa lo stato di diritto nei vari Paesi Ue e sono state rivolte parole molto critiche sia all’Ungheria (per quanto riguarda l’indipendenza della magistratura, dei media, il problema della corruzione e della trasparenza) sia alla Polonia (per quanto riguarda in particolare l’indipendenza della magistratura).

La decisione dei governi ungherese e polacco di bloccare i lavori sul bilancio pluriennale e sul Next Generation Eu ha suscitato critiche e irritazione tanto in vari governi nazionali quanto nelle istituzioni europee, e diverse voci hanno chiesto di ignorare o aggirare il ricatto dei due Stati dell’Europa orientale. In Italia, ad esempio, ha parlato della questione il 17 novembre Tommaso Nannicini, senatore del Pd.

Secondo Nannicini la minaccia da parte di Budapest e Varsavia è «poco credibile», in quanto i due Paesi sono beneficiari netti «non solo delle risorse del Recovery ma anche delle risorse pregresse». Bloccando il budget pluriennale e il Next Generation Eu, è insomma il ragionamento di Nannicini, Ungheria e Polonia rischiano di fare un grave danno in primo luogo a se stessi. Pertanto, ha chiosato il senatore del Pd, «non vedo motivi per cercare compromessi che possano annacquare il piano».

Andiamo allora a vedere quanto sono fondamentali le risorse europee per le casse polacche e ungheresi. Partiamo da quello che è successo negli ultimi anni riguardo al budget dell’Ue, quelle «risorse pregresse» a cui sembra fare riferimento Nannicini.

Polonia, Ungheria e il bilancio Ue

Polonia e Ungheria sono beneficiari netti del budget dell’Unione europea, ricevono cioè più soldi di quanti versino (l’Italia al contrario è un contributore netto, anche se questa situazione sembra destinata a cambiare una volta che sarà operativo il Next Generation Eu).

Negli ultimi cinque anni, tra il 2015 e il 2019, la Polonia ha ricevuto* dal bilancio Ue 49,5 miliardi di euro netti circa (da ultimo, più di 12 miliardi nel 2019), per una media annuale di circa 10 miliardi di euro. L’Ungheria ha ricevuto* circa 21,7 miliardi netti di euro (da ultimo, 5 miliardi e rotti nel 2019), per una media annuale di oltre 4,3 miliardi.

Per capire quanto siano rilevanti queste cifre per le casse polacche e ungheresi, andiamo a vedere allora i dati sulla spesa pubblica nei due Paesi. Nei cinque anni compresi tra il 2015 e il 2019 la spesa pubblica polacca è stata, in media, pari a 195,5 miliardi di euro (da ultimo, 222,7 miliardi circa nel 2019). Quella ungherese a 59,4 miliardi di euro (da ultimo, 66,6 miliardi nel 2019).

Dunque i contributi Ue hanno pesato negli ultimi cinque anni, in media, per il 5 per cento della spesa pubblica polacca e per il 7,2 per cento di quella ungherese. Il contributo netto dell’Italia – in media 3,7 miliardi di euro all’anno nel quinquennio 2015-2019 – ad esempio pesa, in negativo, per lo 0,4 per cento della spesa pubblica italiana media negli ultimi 5 anni.

Per dare un altro metro di paragone, possiamo dire in altri termini che le risorse arrivate dall’Unione europea equivalgono – guardiamo ai dati relativi al 2018 – a metà della spesa per istruzione della Polonia e ai tre quarti della spesa per istruzione dell’Ungheria. Se questi trasferimenti da Bruxelles a Budapest e Varsavia dovessero venire meno, l’impatto per le casse dei due Paesi sarebbe insomma significativo.

Andiamo ora a vedere quanto dovrebbero beneficiare Ungheria e Polonia del Next Generation Eu.

Polonia, Ungheria e il Next Generation Eu

Il piano da 750 miliardi di aiuti del Next Generation Eu si divide in 390 miliardi di finanziamenti a fondo perduto e 360 miliardi di prestiti. Sui prestiti non si possono al momento fare previsioni, visto che dipenderà dalla volontà dei singoli Stati la decisione sul se e quanto attingervi.

La fetta più consistente del Next Generation Eu è rappresentata dal Recovery and Resilience Facility, fondo che assorbe 312,5 miliardi dei 390 complessivi di finanziamenti, oltre alla totalità dei 360 miliardi di eventuali prestiti.

I restanti 87,5 miliardi di finanziamenti si dividono tra i fondi React Eu (47,5 miliardi), Just Transition Fund (10 miliardi) e contributi ad altre voci del bilancio pluriennale.

Per quanto riguarda i finanziamenti del Recovery and Resilience Facility, secondo le stime provvisorie della Ue dovrebbero spettare alla Polonia poco più di 23 miliardi di euro. All’Ungheria circa 6,3 miliardi di euro. Meno, in valore assoluto, dei 65,5 miliardi circa che spettano all’Italia, che è la principale beneficiaria, ma le cose cambiano se si guarda ai finanziamenti in percentuale del Pil.

I 65,5 miliardi per l’Italia corrispondono infatti al 3,7 per cento del Pil del Paese nel 2019. I 23 miliardi per la Polonia al 4,3 per cento del Pil, così come i 6,3 miliardi per l’Ungheria.

Alla Polonia dovrebbero poi arrivare più di un miliardo e mezzo dal fondo React Eu e 3,5 miliardi dal fondo Just Transition. All’Ungheria, rispettivamente, 834 milioni e 237 milioni di euro.

Queste risorse del Next Generation Eu vanno ad aumentare le entrate che i singoli Stati ottengono dall’Unione europea. Tuttavia, siccome verranno prese a debito sui mercati e si prevede che non vengano ripagate prima del 2028, fino ad allora non aumentano le uscite dagli Stati verso l’Unione europea (prima del 2028 inoltre si capirà meglio quanto verrà preso dai contributi degli Stati al bilancio Ue e quanto da nuove risorse proprie ipotizzate dalla Commissione). Quindi Polonia e Ungheria, che già erano beneficiari netti del bilancio Ue, nel prossimo futuro lo sarebbero ancora di più.

In conclusione

La recente decisione di Ungheria e Polonia di bloccare il processo di approvazione del Next Generation Eu (o Recovery Fund) e del prossimo bilancio pluriennale dell’Ue ha suscitato aspre reazioni tanto a livello comunitario che a livello nazionale.

In Italia, per esempio, il senatore del Pd Tommaso Nannicini ha suggerito di ignorare il ricatto polacco-ungherese, in quanto si tratterebbe di un bluff. Sono infatti troppi, secondo Nannicini, i vantaggi economici che i due Paesi ottengono già oggi, e otterrebbero domani con il Next Generation Eu, dall’Unione europea.

Abbiamo verificato che in effetti la Polonia negli ultimi cinque anni ha ricevuto dal bilancio Ue l’equivalente del 5 per cento della propria spesa pubblica e l’Ungheria il 7,2 per cento. Percentuali molto significative se si pensa che, ad esempio, l’Italia dà al bilancio Ue (essendo un contributore netto) in media lo 0,4 per cento della sua spesa pubblica. O ancora, se si considera che nel 2018 i soldi ricevuti nei due Stati est europei dalla Ue sono equivalenti a metà della spesa per istruzione della Polonia e ai tre quarti di quella dell’Ungheria.

Questa situazione di vantaggio è poi in effetti destinata ad aumentare ulteriormente grazie al Next Generation Eu, che sicuramente fino al 2028 aumenta i soldi che ricevono gli Stati membri senza aumentare quelli che vengono chiesti loro come contributi. Ungheria e Polonia ricevono addirittura più risorse, in percentuale del Pil, dell’Italia dal Recovery and Resilience Facility, che è il fondo più corposo di quelli che compongono il Next Generation Eu.

Insomma, al di là di qualsiasi giudizio sulle chance che questo scenario si verifichi e sulle eventuali contromosse che l’Ue e gli altri Stati membri potrebbero adottare, è vero che rinunciare alle risorse europee sembra molto complicato per Budapest e Varsavia.

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*Selezionare Operating budgetary balance e selezionare gli anni (by year) relativi