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Il 24 ottobre, ospite a Che tempo che fa su Rai 3, il segretario del Partito democratico Enrico Letta è tornato a parlare del disegno di legge contro l’omotransfobia – noto come “ddl Zan” –, al momento ancora bloccato in Senato dopo i due rinvii di agosto e settembre.
Letta, che nei mesi scorsi si era sempre opposto ai tentativi di rivedere il testo di legge, ha annunciato ora il cambio di linea, affermando che chiederà al deputato Pd e relatore del testo di legge Alessandro Zan di «fare un’esplorazione con le altre forze politiche» e valutare quali siano le richieste dei partiti, per arrivare «a un’approvazione rapida del testo».
Ma quali sono le modifiche proposte dagli altri partiti e come procede l’iter parlamentare della legge? Abbiamo fatto il punto della situazione.
Che cosa prevede il ddl Zan
Il prossimo 27 ottobre riprenderà al Senato la discussione generale sul ddl Zan, la legge sull’omotransfobia approvata per la prima volta alla Camera quasi un anno fa, con 265 voti favorevoli, 193 contrari e un astenuto.
Il testo, composto da dieci articoli, prevede essenzialmente due novità in ambito penale: all’articolo 2 modifica il Codice penale (604-bis e 604-ter) e all’articolo 5 estende la legge Mancino (decreto-legge 26 aprile 1993) aggiungendo alle discriminazioni per motivi razziali, etnici, nazionali o religiosi gli atti discriminatori fondati «sul sesso, sul genere, sull’orientamento sessuale, sull’identità di genere e sulla disabilità» (quest’ultima inserita dalla maggioranza con le modifiche alla Camera). In breve, chi oggi commette reati con finalità di «discriminazione o di odio etnico, nazionale, razziale o religioso» va incontro a una pena aumentata fino alla metà di quanto sia già previsto per il reato in questione. A queste aggravanti si vuole aggiungere quella dell’odio omotransfobico.
Un altro punto della legge Zan è l’introduzione all’articolo 7 della Giornata nazionale contro l’omofobia, la lesbofobia, la bifobia e la transfobia da celebrare il 17 maggio. In occasione della Giornata, le scuole sono tenute a organizzare attività di sensibilizzazione per «contrastare i pregiudizi, le discriminazioni e le violenze motivati dall’orientamento sessuale e dall’identità di genere».
L’articolo 1 del disegno di legge definisce inoltre cosa si intende per sesso, genere, orientamento sessuale e identità di genere. Quest’ultima è definita come «l’identificazione percepita e manifestata di sé in relazione al genere, anche se non corrispondente al sesso, indipendentemente dall’aver concluso un percorso di transizione».
Ma qual è stato fino ad oggi il percorso del ddl Zan in Parlamento?
Un riassunto delle puntate precedenti
Dopo il voto favorevole della Camera del 4 novembre 2020, molti esponenti della destra hanno espresso la loro contrarietà al ddl Zan, definendolo una legge «liberticida».
In particolare, le critiche si sono concentrate sul rischio che il provvedimento possa rendere perseguibili penalmente coloro che esprimono «opinioni differenti» e «anche chi non istiga alla violenza ma crede semplicemente nella famiglia naturale». Si è inoltre parlato di «indottrinamento al gender», data l’istituzione – prevista dall’articolo 7 della legge – della Giornata nazionale contro l’omofobia, la lesbofobia, la bifobia e la transfobia da celebrare il 17 maggio anche nelle scuole.
Contro il concetto di «identità di genere», oltre a centrodestra e conservatori si sono schierate inoltre anche alcune esponenti del movimento femminista e l’associazione Arcilesbica, secondo cui l’autodeterminazione del genere potrebbe nuocere ai diritti delle donne e alle pari opportunità.
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Ostellari, relatore ostruzionista
A rallentare l’iter parlamentare della legge, oltre al cambio di governo e l’ingresso del centrodestra nella maggioranza, è stato in particolare l’ostruzionismo del senatore leghista Andrea Ostellari. Da presidente della Commissione Giustizia di Palazzo Madama, Ostellari ha a lungo impedito la cosiddetta “calendarizzazione” della legge, ossia la programmazione delle tempistiche di esame di un provvedimento, attraverso una serie di rinvii e tecnicismi che hanno ostacolato il lavoro della Commissione al Senato.
Il 28 aprile, alla fine, la decisione sulla calendarizzazione del disegno di legge è stata approvata. Ostellari, da presidente della Commissione, ha però deciso di autonominarsi relatore della legge, un espediente che gli ha permesso di mettere in campo diverse manovre per bloccare il provvedimento. Una di queste è stata quella di abbinare il testo del ddl Zan a quello di un provvedimento contro l’omofobia del «centrodestra di governo» – così Lega e Forza Italia si sono definiti in un comunicato congiunto – depositato il 6 maggio, che «aumenta le pene in caso di discriminazione e violenza», ma punta a superare «le battaglie ideologiche e i pregiudizi» che hanno diviso i partiti in questi mesi.
Nel frattempo, i senatori di centrodestra della Commissione Giustizia hanno riversato sull’iter del provvedimento richieste per oltre duecento audizioni: le audizioni servono a sentire in Commissione l’opinione di esperti o associazioni competenti sul tema, ma secondo il centrosinistra un numero così alto è stato solo l’ennesimo tentativo di ostruzionismo. Tra le 170 audizioni ammesse da Ostellari c’erano no-vax, associazioni che paragonano l’omosessualità al comportamento delle «bestie» e personalità vicine all’estrema destra.
Per il Vaticano il ddl Zan «viola il concordato»
A giugno sulla vicenda si è espressa anche la Chiesa. Secondo quanto riportato dal Corriere della Sera, il Vaticano ha infatti chiesto formalmente al governo italiano di modificare il ddl Zan perché «viola il concordato tra Stato e Chiesa».
In particolare, secondo il testo della nota vaticana, «alcuni contenuti attuali della proposta legislativa riducono la libertà garantita alla Chiesa Cattolica dal concordato».
La proposta di Renzi
Perplessità sul testo di legge e sulle reali possibilità di approvarlo nella sua forma attuale sono state espresse dal leader di Italia viva Matteo Renzi, che il 2 luglio ha cercato una mediazione con il centrodestra proponendo di modificare il testo della legge Zan: «Preferisco un buon compromesso a chi pensa di avere ragione solo lui ma non cambia le cose», aveva detto Renzi in un’intervista a La Repubblica.
In particolare, Italia viva ha presentato quattro emendamenti che avvicinano il testo alla proposta di legge presentata il 4 luglio 2018 da Ivan Scalfarotto, allora esponente del Pd ma oggi deputato di Italia viva, e firmata al tempo anche da Zan. Questo testo si componeva di un solo articolo, che proponeva di aggiungere ai crimini d’odio e all’elenco delle aggravanti (articoli 604-bis e 604-ter del Codice penale) anche le discriminazioni basate «sull’omofobia o sulla transfobia».
Il testo di Scalfarotto quindi non fa direttamente riferimento allo spinoso tema dell’identità di genere, criticato dal centrodestra e anche dal Vaticano. Questa legge, insieme ad altre, è poi confluita nel disegno di legge approvato alla Camera lo scorso 4 novembre e noto come ddl Zan.
Il Partito democratico aveva però criticato l’iniziativa di Renzi, continuando a difendere il testo originale approvato alla Camera: «Non capisco la posizione di Italia viva che ha fatto un lavoro di merito importante alla Camera, e insieme a Pd, Leu e M5S ha votato la legge a Montecitorio e improvvisamente ha cambiato idea», aveva detto il segretario Enrico Letta, sostenendo che la legge potesse e dovesse passare anche in Senato grazie ai voti dei partiti che l’hanno sostenuta a Montecitorio.
Avanti per un solo voto
Il 13 luglio la legge Zan, senza modifiche, è stata discussa in Senato: Lega e Forza Italia hanno presentato per quell’occasione una proposta di sospensiva della legge, bocciata per un solo voto (136 senatori contrari, 135 favorevoli). Un risultato che ha ridimensionato il vantaggio in Aula del centrosinistra, dal momento che senza le sette assenze tra Fi e Lega la sospensiva sarebbe passata.
Pochi giorni dopo la votazione, il centrodestra – con l’aggiunta di Italia viva – ha presentato più di mille emendamenti al testo di legge. «Se il Pd è favorevole al dialogo, la Lega è pronta a ritirare gran parte degli emendamenti presentati al Ddl Zan», aveva dichiarato il capogruppo leghista al Senato Massimiliano Romeo.
Che cosa sta succedendo oggi
Il 3 agosto, nel corso di una conferenza tra i capigruppo dei partiti al Senato, è stato deciso il rinvio della discussione sul ddl Zan a settembre, al termine della pausa estiva. Durante la conferenza – che secondo fonti stampa è stata particolarmente accesa – si sono scontrate le due opposte posizioni del centrosinistra, con Italia viva intenzionata a modificare la legge a e l’asse Pd-M5s-Leu che voleva proseguire con il testo originale.
Una situazione simile si è verificata anche un mese più tardi, quando il 6 settembre i capigruppo hanno optato nuovamente per il rinvio dell’assemblea a dopo le elezioni amministrative. Le campagne elettorali avrebbero infatti impedito la presenza di diversi senatori, un’eventualità sgradita a tutti i partiti data la differenza minima tra favorevoli e contrari alla legge a Palazzo Madama.
Con la situazione congelata da mesi e una maggioranza sul filo del rasoio, le parole di Letta del 24 ottobre sono dunque un’apertura nei confronti delle ragioni del centrodestra.
In breve, Lega, FdI e FI sono interessati a modificare gli articoli 1, 4 e 7 del testo, eliminando la definizione di “identità di genere”, togliendo le limitazioni alla salvaguardia delle idee e abolendo l’istituzione della Giornata nazionale contro l’omotransfobia da celebrare nelle scuole il 17 maggio. Il 25 ottobre Zan ha comunque dichiarato a La Repubblica che eventuali modifiche «non saranno mediazioni al ribasso». In ogni caso, nelle prossime ore una delegazione Pd guidata proprio da Zan incontrerà le forze politiche per discutere le richieste di modifica.
Il 27 ottobre il Senato, oltre alla ripresa della discussione generale, è chiamato a esprimersi sulle due richieste di Lega e FdI di “non esame degli articoli”. Secondo il regolamento del Senato, terminata la discussione generale di un disegno di legge l’assemblea passa all’esame, articolo per articolo, di tutti gli emendamenti proposti al testo. Una votazione a favore della proposta di non passare all’esame degli articoli impedirebbe di fatto la discussione sugli emendamenti e bloccherebbe forse definitivamente l’iter parlamentare della legge.
Il voto del 27 ottobre, sempre più decisivo, sarà inoltre un voto segreto. Il rischio che ci siano “franchi tiratori”, che votano in contrasto con le indicazioni del proprio partito, è una possibilità che la maggioranza minima dei promotori della legge Zan non si può permettere. In questo scenario potrebbe risultare decisiva l’azione mediatrice della capogruppo FI al Senato Anna Maria Bernini, promotrice di una «mediazione accettabile» tra le parti che permetta l’approvazione della legge.
In conclusione
Il 27 ottobre al Senato riprenderà la discussione sul disegno di legge Zan contro l’omotransfobia. Verranno inoltre votate, a scrutinio segreto, le due richieste di Lega e FdI di non esame degli articoli, che se dovessero essere approvate bloccherebbero definitivamente la legge.
Il testo, approvato in prima battuta alla Camera il 4 novembre 2020, ha subito un lungo periodo di stallo in Senato a causa dell’ostruzionismo del centrodestra, che da tempo chiede la modifica di alcuni articoli.
Il 13 luglio è stata votata al Senato la richiesta di sospensione del ddl Zan promossa da Lega e FI, bocciata per un solo voto di differenza: una maggioranza estremamente ridotta rispetto a quella ottenuta alla Camera.
Forse anche per questo motivo, dopo i rinvii di agosto e settembre, Letta ha chiesto al relatore Zan di «fare un’esplorazione con le altre forze politiche» per arrivare «a un’approvazione rapida del testo». Per non vedere la legge affossata al Senato, potrebbero essere fatte alcune concessioni al centrodestra. Un possibile punto di contatto è la senatrice FI Bernini, che ha espresso la necessità di una mediazione per far passare la legge.