Quattro mesi dopo l’approvazione alla Camera, la legge Zan contro l’omotransfobia è ancora bloccata al Senato. L’iter del provvedimento è rimasto incastrato nel cambio di scenario politico: oggi i partiti che hanno promosso il testo – in prima linea il Partito democratico – sono nella maggioranza con una delle forze politiche che più vi si è opposta, la Lega.
Nelle ultime settimane è stato un fatto di cronaca a riportare la proposta di legge Zan nel dibattito pubblico. Il 26 febbraio, a Roma, un uomo ha aggredito a calci e pugni due ragazzi gay che si stavano baciando in una stazione metro, dopo aver urlato verso di loro, stando alle testimonianze, «Non vi vergognate?».
Quando l’episodio è stato reso pubblico, il 21 marzo, la solidarietà della politica è stata unanime, ma poi sono ricominciate le contrapposizioni.
Mentre il Partito democratico, per voce del segretario Letta, ha ribadito la necessità di una legge che si occupi di episodi di questo tipo, il centrodestra ha continuato a opporsi: «La violenza va contrasta sempre e comunque – ha commentato il leader della Lega Matteo Salvini, intervistato dalla stampa estera il 31 marzo – ma c’è il rischio, dal nostro punto di vista, che si limiti la libertà di pensiero e di parola». Secondo il segretario leghista «non servono nuove norme ma serve applicare severamente quelle che esistono».
Il braccio di ferro, insomma, va avanti. Vediamo allora meglio che cosa sta succedendo al Senato e che cosa prevede la proposta di legge Zan.
Stallo a Palazzo Madama
Al Senato, in commissione Giustizia, l’esame della legge Zan, trasmessa dalla Camera il 5 novembre, non si è semplicemente bloccato. Non è mai iniziato.
L’ostruzionismo del centrodestra è particolarmente efficace perché il presidente della commissione Giustizia di Palazzo Madama è il senatore leghista Andrea Ostellari.
Fra i compiti più rilevanti dei presidenti di commissione, nei lavori parlamentari, c’è proprio la gestione della cosiddetta “calendarizzazione”, ovvero la possibilità di influenzare le tempistiche dell’esame di un provvedimento.
Il 30 marzo in commissione Giustizia era previsto che l’ufficio di presidenza (l’organismo composto dal presidente, i vice e i segretari della commissione) incontrasse i rappresentanti dei gruppi politici proprio per discutere della “programmazione dei lavori” e nello specifico della calendarizzazione della legge contro l’omotransfobia. Il giorno stesso la riunione è stata annullata.
Secondo il deputato del Pd Alessandro Zan, che è stato relatore del testo alla Camera, tramite il presidente Andrea Ostellari la Lega sta tenendo in ostaggio la commissione. «Il presidente di una commissione – ha detto Zan a Pagella Politica – dovrebbe dismettere i panni dell’uomo di partito e rispettare il proprio ruolo istituzionale, permettendo al Parlamento di decidere cosa fare del provvedimento». La critica principale mossa da Zan è insomma che Ostellari utilizzi un ruolo teoricamente super partes – la presidenza della commissione – per non far avanzare un provvedimento sgradito al suo partito.
Dalla Lega non sono arrivate aperture. Il capogruppo della Lega Massimiliano Romeo ha ribadito all’agenzia Agi: «No alla calendarizzazione del ddl Zan. È un tema divisivo, no a forzature».
Il 31 marzo, su iniziativa del senatore Pietro Grasso, i capigruppi in commissione Giustizia di Liberi e uguali, Partito democratico, Movimento 5 stelle e Autonomie hanno consegnato a Ostellari un’istanza di convocazione urgente dell’ufficio di presidenza della Commissione per accelerare la calendarizzazione delle legge Zan.
«Qui siamo impegnati con l’aula sia oggi che domani – ha replicato il senatore leghista all’Ansa – quindi probabilmente l’ufficio verrà convocato la prossima settimana o appena sarà possibile».
«È un tentativo di allungare il brodo sfruttando anche le vacanze di Pasqua, sperando che l’attenzione cali», ha commentato Zan. «Ecco perché è importante che la società civile faccia sentire la propria voce».
Qualche apertura da Forza Italia
Intanto, negli ultimi giorni, alcuni esponenti di Forza Italia si sono discostati dalla posizione della coalizione di centrodestra (che li vede, con Lega e Fratelli d’Italia, nettamente contrari).
«Alla Camera ho votato a favore della legge Zan in dissenso dal mio gruppo – ha scritto su Twitter il deputato forzista Elio Vito il 22 marzo – Mi auguro che ora al Senato la legge possa essere approvata presto e magari stavolta anche con il voto favorevole di Forza Italia. Serve dare un segnale, subito».
Il tweet è stato ricondiviso dalla vicecapogruppo di Forza Italia al Senato Gabriella Giammanco: «Concordo, io voterò a favore del “Ddl Zan” e mi auguro sia calendarizzato al più presto al Senato – ha commentato la senatrice azzurra – la lotta all’omofobia non ha colore politico».
«Davvero ancora si pensa che non sia da centrodestra votare una legge contro l’omofobia? – si è aggiunta un’altra senatrice forzista, Barbara Masini – Per me essere di centrodestra è difendere i più deboli, i più fragili, i più oppressi, lasciare questo alle sinistre è cosa da sciocchi».
Si tratta, tuttavia, di voci isolate. Nel partito di Silvio Berlusconi, molti altri rimangono nettamente contrari. Il 26 marzo il senatore Lucio Malan ha definito la proposta di legge Zan un provvedimento «contro la libertà di educazione e di espressione», che «impone l’ideologia gender fin dagli asili nido e equipara ai nazisti che vietavano i matrimoni tra “ariani” ed “ebrei”, coloro che ritengono meglio per un bambino avere un padre e una madre anziché “due padri” o “due madri”, e li condanna al carcere».
Al di là delle opinioni personali, come abbiamo già verificato in passato, la descrizione del senatore Malan non corrisponde al contenuto della legge Zan.
Vediamo nel dettaglio che cosa prevede il testo all’esame del Senato.
Cosa cambia con la legge contro l’omotransfobia
L’argomentazione principale dei partiti di centrodestra contro la legge Zan si concentra sul rischio che il provvedimento possa rendere perseguibili penalmente coloro che esprimono opinioni differenti.
In realtà la proposta di legge non riguarda le opinioni. Il cuore del testo prevede essenzialmente due novità: all’articolo 2 modifica il Codice penale (604-bis e 604-ter) e all’articolo 5 estende la legge Mancino (decreto-legge 26 aprile 1993) aggiungendo alle discriminazioni per motivi razziali, etnici, nazionali o religiosi gli atti discriminatori fondati «sul sesso, sul genere, sull’orientamento sessuale, sull’identità di genere e sulla disabilità» (quest’ultima inserita dalla maggioranza con le modifiche alla Camera).
Che cosa cambia con questi due interventi? L’omofobia entra fra i reati d’odio e verrà punita con pene più severe in alcune circostanze. La norma prevederà infatti la reclusione fino ad un anno e 6 mesi o una multa fino a 6mila euro per chiunque «istiga a commettere o commette atti di discriminazione» per motivi di sesso, di genere, di orientamento sessuale e di identità di genere. La pena si inasprisce ulteriormente, con la reclusione da 6 mesi a 4 anni per chiunque «istiga a commettere o commette violenza» o atti di provocazione alla violenza con gli stessi motivi. Inoltre, la discriminazione fondata sul sesso, sull’orientamento sessuale, sull’identità di genere e sulla disabilità si aggiungerà anche alle aggravanti che, sulla base l’articolo 604-ter del codice penale, prescrivono che la pena prevista per i reati commessi con questa finalità possa essere aumentata fino alla metà.
Come abbiamo visto, la nuova normativa riguarda nella forma più grave veri e propri atti di violenza, nella forma più leggera «l’istigazione» a commettere atti discriminatori e non la manifestazione di semplici opinioni. Specifichiamo che l’istigazione, secondo la definizione contenuta nel dizionario giuridico del sito di settore Brocardi.it, «è la condotta consistente nell’indurre un soggetto ad un’azione delittuosa con consigli e incitamenti».
Per evitare qualsiasi ambiguità, la maggioranza ha introdotto nel testo della proposta di legge Zan una “clausola salva-idee”, ovvero l’articolo 4: «Ai fini della presente legge, sono fatte salve la libera espressione di convincimenti od opinioni nonché le condotte legittime riconducibili al pluralismo delle idee o alla libertà delle scelte, purché non idonee a determinare il concreto pericolo del compimento di atti discriminatori o violenti».
Il provvedimento prevede dunque che le opinioni sanzionate siano solo quelle di tipo “istigatorio”. Chiunque si limitasse ad esprimere – secondo l’esempio classico del centrodestra – i valori della “famiglia naturale” verrebbe tutelato dall’articolo 4 della legge e, soprattutto, dall’articolo 21 della Costituzione sulla libertà di pensiero.
Un altro punto della legge Zan accende le polemiche: l’introduzione della Giornata nazionale contro l’omofobia, la lesbofobia, la bifobia e la transfobia da celebrare il 17 maggio. È questo che, secondo il senatore Malan, corrisponderebbe a «imporre l’ideologia gender fin dagli asili nido».
Il provvedimento prevede che, in occasione della Giornata, le scuole organizzino attività di sensibilizzazione per «contrastare i pregiudizi, le discriminazioni e le violenze motivati dall’orientamento sessuale e dall’identità di genere» (articolo 7), ma difficilmente può essere definita un’imposizione.
Nel testo viene infatti specificato (art.7, co.3) che queste iniziative debbano essere promosse nel rispetto del «piano triennale dell’offerta formativa» e «del patto educativo di corresponsabilità», un documento in cui genitori, studenti e istituzioni scolastiche definiscono insieme i principi e i comportamenti che si impegnano a rispettare. In altri termini, anche la decisione di organizzare attività di sensibilizzazione per la Giornata nazionale contro l’omotransfobia sarebbe subordinata alla volontà di genitori e dirigenti scolastici.
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