Nelle ultime settimane, la proposta di legge Zan contro l’omotransfobia è stata al centro di un braccio di ferro fra le forze politiche favorevoli e contrarie giocato con “l’arma” del calendario.
Il provvedimento è bloccato al Senato, in commissione Giustizia, dove il presidente è il senatore leghista Andrea Ostellari e l’esame non è mai iniziato a causa dell’opposizione del suo partito. Tramite rinvii e tecnicismi, il testo non è stato ancora “calendarizzato”, ovvero non è stato inserito nel programma dei lavori della commissione.
Superato l’ultimo intralcio tecnico – di cui parleremo meglio a breve – dalla prossima settimana l’iter della legge Zan potrebbe effettivamente riprendere.
Vediamo, un passo per volta, cos’è successo negli ultimi giorni e quali sono i prossimi passaggi e possibili ostacoli.
L’abbinamento con altri testi
Il 7 aprile l’ufficio di presidenza della commissione Giustizia – l’organismo composto da presidenza e rappresentanti dei gruppi che si occupa della programmazione dei lavori – ha rinviato la calendarizzazione della legge Zan per un problema tecnico.
Il testo della proposta di legge Zan è già stata approvato alla Camera a inizio novembre ed è poi stato trasmesso al Senato. A Palazzo Madama erano già depositati altri quattro disegni di legge contro l’omotransfobia: per questo motivo sono entrati in gioco una serie di aspetti di procedura.
Secondo il regolamento del Senato (art.51), infatti, «i disegni di legge aventi oggetti identici o strettamente connessi» devono essere esaminati «congiuntamente all’ordine del giorno della Commissione competente». Ma la proposta di legge Zan era assegnata alla commissione in sede referente e gli altri quattro testi in sede redigente (senza entrare nei dettagli, cambia la modalità di lavoro della commissione) e dunque questa indicazione andava uniformata.
La questione è stata sottoposta alla presidente del Senato Elisabetta Casellati, che il 13 aprile ha rimandato in commissione Giustizia tutti e cinque i provvedimenti “in sede referente”. In questo caso, nel gergo parlamentare, si dice che i testi “sono stati abbinati”.
Superato questo scoglio, quindi, che cosa succede? La legge può essere “incardinata” – altro termine tecnico che definisce l’inizio dell’esame di un progetto di legge in commissione – nonostante l’opposizione della Lega e parte di Forza Italia?
Sì, ma potrebbero anche esserci altri ostacoli.
Vediamo meglio perché.
Che cosa succede ora
Il 20 aprile, martedì pomeriggio, è previsto che si riunisca nuovamente l’ufficio di presidenza della commissione Giustizia al Senato. All’ordine del giorno ci sarà di nuovo la decisione sulla possibile calendarizzazione della proposta di legge Zan contro l’omotransfobia. O meglio, così chiederanno le forze politiche a favore (Partito democratico, Movimento 5 stelle, Liberi e uguali, Italia viva e Autonomie).
«Se ci sarà l’unanimità dell’ufficio di presidenza, si inizierà l’iter per esaminare i testi, in caso contrario la calendarizzazione verrà messa al voto in commissione nella seduta successiva», spiega a Pagella Politica il senatore Pd Franco Mirabelli, membro della commissione Giustizia.
Così prevede infatti una piccola nota del regolamento di Palazzo Madama (art. 29), secondo cui «in mancanza di accordo in sede di ufficio di presidenza» (allargato ai rappresentanti dei gruppi) «sul programma e sul calendario dei lavori delle commissioni, la decisione definitiva in materia va rimessa al plenum della commissione», dunque a tutti i membri che ne fanno parte.
In altri termini, se anche il presidente della commissione Andrea Ostellari si opponesse alla calendarizzazione, la scelta verrebbe rimessa ai parlamentari che fanno parte dell’organismo.
«I numeri per votare la calendarizzazione a maggioranza ci sono», garantisce Mirabelli. In effetti, i partiti a favore (Pd, M5s, Leu, Iv e Autonomie) sommati insieme corrispondono alla maggioranza che sosteneva il precedente governo Conte II prima che Italia viva si sottraesse e l’esecutivo entrasse in crisi.
Dunque, la matematica permetterebbe di forzare la mano e procedere all’esame dei testi, nonostante la contrarietà di Lega e di una parte di Forza Italia. A quel punto ci sarebbe comunque un problema politico: i due partiti fanno comunque parte della maggioranza che con Pd, M5s, Leu, Iv e Autonomia appoggia il governo Draghi.
Secondo Mirabelli, al di là della maggioranza su cui si regge il governo, «ci sono iniziative parlamentari – e la legge Zan è una di queste – che non possono essere cancellate dal veto di una sola parte politica».
Contattati da Pagella Politica, i senatori leghisti della commissione Giustizia – per voce dell’ufficio stampa del gruppo parlamentare – hanno deciso di non rilasciare dichiarazioni sul tema.
Con l’inserimento in calendario, ci sono però anche altre questioni da affrontare da cui dipenderanno le tempistiche dell’esame e di un’eventuale approvazione.
Prossimi passaggi e possibili ostacoli
Come abbiamo detto, il testo a prima firma del deputato Pd Alessandro Zan è stato già approvato dalla Camera. Questo significa che, ottenuto il primo via libera, basterebbe la seconda approvazione al Senato perché il testo diventi definitivamente una legge dello Stato.
Ora però – lo abbiamo visto – sul tema ci sono altri quattro disegni di legge abbinati, mai esaminati prima.
«Nel momento in cui si vota per la calendarizzazione – spiega a Pagella Politica Angelo Schillaci, giurista e consulente tecnico del gruppo Pd al Senato – astrattamente ci sono due strade possibili: o si procede a un testo unificato», ovvero a una fusione fra i testi all’esame, «o tra i cinque testi se ne adotta uno come testo base».
Questa differenza può però condizionare i tempi: se il testo base non fosse quello già approvato alla Camera (cioè la proposta di legge Zan), l’iter comincerebbe da zero e il primo ok di Montecitorio sarebbe, in pratica, vano.
Chi lo decide? La proposta sarà in mano al relatore della legge. E qui c’è un altro possibile ostacolo, se la Lega volesse fare ostruzionismo.
Il relatore è infatti deciso dal presidente della commissione. «Per prassi, non succede mai che si scelga un relatore dichiaratamente ostile al provvedimento», precisa Schillaci. Non c’è però nessun divieto formale, quindi, sulla carta, niente impedirebbe al presidente Ostellari di scegliere come relatore un collega di partito, come i senatori Simone Pillon o Francesco Urraro, entrambi in commissione Giustizia.
Anche in un caso così improbabile, tuttavia, la commissione può rifiutare, a maggioranza, le proposte del relatore. Se per esempio il relatore proponesse un altro testo e non quello già approvato alla Camera, i senatori in commissione potrebbero bocciare la proposta.
In sintesi, dal punto di vista procedurale e “matematico” (i voti dei partiti a favore), l’iter della legge Zan potrebbe essere avviato già dalla settimana prossima. La strada sarebbe comunque irta di ostacoli: il tema rischia di creare degli attriti molto forti all’interno della maggioranza e in ogni caso non è escluso che i partiti contrari continuino con le pratiche di ostruzionismo (ad esempio la presentazione di un numero ingestibile di emendamenti).
In conclusione
Dopo un intoppo tecnico, la proposta di legge Zan contro l’omotransfobia è stata abbinata ad altri quattro disegni di legge sullo stesso tema, tutti assegnati alla commissione Giustizia del Senato.
Nonostante la contrarietà della Lega – che ha ottenuto diversi rinvii tramite il presidente della commissione Giustizia Andrea Ostellari, senatore del Carroccio – la decisione sulla calendarizzazione può essere determinata dai voti di tutti i senatori che fanno parte della commissione. I numeri ci sarebbero, ma l’imposizione potrebbe portare a un conflitto aspro all’interno della maggioranza che sostiene il governo Draghi.
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