Il 26 gennaio Giuseppe Conte ha dato per la seconda volta le sue dimissioni da presidente del Consiglio. Dopo 509 giorni a Palazzo Chigi si è dunque conclusa l’esperienza del Conte II – insediatosi il 5 settembre 2019 – che però rimane in carica per il “disbrigo degli affari correnti”.
Gli scenari futuri sono ancora incerti e non è chiaro se Conte riceverà un terzo mandato. Uno dei temi su cui il dimissionario presidente del Consiglio ha puntato il 18 e 19 gennaio nei suoi discorsi alla Camera e al Senato è stato il Programma di governo, siglato il 4 settembre 2019 dal Movimento 5 stelle, dal Partito democratico (da cui si sarebbe scissa Italia viva pochi giorni dopo) e da Liberi e uguali.
«Ancora oggi, dopo più di un anno, a riguardare quei 29 punti programmatici, ravviso che nel progetto di Paese che abbiamo condiviso e delineato insieme, seppure in circostanze e condizioni complesse, c’era visione, c’era una forte spinta ideale, c’era un chiaro investimento di fiducia», ha detto Conte in Parlamento.
Quanta di questa «visione» e di questa «forte spinta ideale» non è stata tradotta in provvedimenti concreti? In altre parole, quante promesse fatte dal governo Conte II al suo insediamento sono rimaste non mantenute o sospese? La risposta, in breve, è molte. Ma nel valutare l’operato dell’esecutivo sulla base del suo programma, però, va fatta una considerazione di carattere generale.
Nel giro di cinque mesi dal suo insediamento, il governo ha dovuto infatti affrontare una pandemia, che l’ha costretto a dare la priorità alla gestione dell’emergenza e a mettere in secondo piano misure che a inizio mandato sembravano prioritarie. A livello quantitativo, dunque, ha poco senso valutare quante promesse sono state mantenute e quante e no, operazione che avevamo fatto invece per il precedente governo Lega-M5s (che aveva rispettato la parola data solo per il 13 per cento degli impegni del Contratto di governo).
Vista l’importanza ricordata da Conte dei 29 punti – e la possibilità che possa diventare presidente del Consiglio per una terza volta – vediamo però quali impegni programmatici M5s e Pd, insieme ai suoi alleati, non hanno trovato realizzazione e che magari potranno trovare spazio in un eventuale terzo governo Conte.
Gli scenari futuri sono ancora incerti e non è chiaro se Conte riceverà un terzo mandato. Uno dei temi su cui il dimissionario presidente del Consiglio ha puntato il 18 e 19 gennaio nei suoi discorsi alla Camera e al Senato è stato il Programma di governo, siglato il 4 settembre 2019 dal Movimento 5 stelle, dal Partito democratico (da cui si sarebbe scissa Italia viva pochi giorni dopo) e da Liberi e uguali.
«Ancora oggi, dopo più di un anno, a riguardare quei 29 punti programmatici, ravviso che nel progetto di Paese che abbiamo condiviso e delineato insieme, seppure in circostanze e condizioni complesse, c’era visione, c’era una forte spinta ideale, c’era un chiaro investimento di fiducia», ha detto Conte in Parlamento.
Quanta di questa «visione» e di questa «forte spinta ideale» non è stata tradotta in provvedimenti concreti? In altre parole, quante promesse fatte dal governo Conte II al suo insediamento sono rimaste non mantenute o sospese? La risposta, in breve, è molte. Ma nel valutare l’operato dell’esecutivo sulla base del suo programma, però, va fatta una considerazione di carattere generale.
Nel giro di cinque mesi dal suo insediamento, il governo ha dovuto infatti affrontare una pandemia, che l’ha costretto a dare la priorità alla gestione dell’emergenza e a mettere in secondo piano misure che a inizio mandato sembravano prioritarie. A livello quantitativo, dunque, ha poco senso valutare quante promesse sono state mantenute e quante e no, operazione che avevamo fatto invece per il precedente governo Lega-M5s (che aveva rispettato la parola data solo per il 13 per cento degli impegni del Contratto di governo).
Vista l’importanza ricordata da Conte dei 29 punti – e la possibilità che possa diventare presidente del Consiglio per una terza volta – vediamo però quali impegni programmatici M5s e Pd, insieme ai suoi alleati, non hanno trovato realizzazione e che magari potranno trovare spazio in un eventuale terzo governo Conte.