Il terzo mandato continua a dividere il governo

Il Consiglio dei ministri ha deciso di impugnare la legge che permette al presidente della Provincia autonoma di Trento di ricandidarsi
Il presidente della Provincia autonoma di Trento, Maurizio Fugatti – ANSA/CLAUDIO GIOVANNINI
Il presidente della Provincia autonoma di Trento, Maurizio Fugatti – ANSA/CLAUDIO GIOVANNINI
Il 19 maggio il Consiglio dei ministri ha annunciato di voler impugnare la legge approvata ad aprile dal Consiglio provinciale della Provincia autonoma di Trento, che di fatto consente all’attuale presidente Maurizio Fugatti (Lega) di candidarsi per un terzo mandato consecutivo. “Impugnare” significa che il governo Meloni ha scelto di contestare la legge davanti alla Corte Costituzionale, che dovrà stabilire se viola le leggi nazionali o la Costituzione.

Secondo varie fonti stampa, durante la riunione del Consiglio dei ministri gli esponenti della Lega che fanno parte del governo hanno criticato la decisione di impugnare la legge, sostenuta invece da Fratelli d’Italia e da Forza Italia. In un’intervista al Corriere della Sera, il ministro per gli Affari regionali e le Autonomie Roberto Calderoli ha definito la scelta del governo un «grave errore». Il leader della Lega Matteo Salvini ha cercato invece di ridimensionare le divisioni nel Consiglio dei ministri, dichiarando in conferenza stampa: «Nessun problema, sono questioni locali».

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A sostegno della sua posizione, Calderoli ha citato la recente sentenza della Corte Costituzionale che ha dichiarato incostituzionale la legge approvata dalla Regione Campania per consentire all’attuale presidente Vincenzo De Luca (Partito Democratico) di candidarsi per un terzo mandato consecutivo.

Secondo la Corte, la legge elettorale della Campania – modificata nel 2024 – viola sia la legge nazionale del 2004, che ha introdotto il limite dei due mandati per i presidenti di regione, sia l’articolo 122 della Costituzione. Quest’ultimo stabilisce che «il sistema d’elezione e i casi di ineleggibilità e di incompatibilità del presidente e degli altri componenti della Giunta regionale nonché dei consiglieri regionali sono disciplinati con legge della regione nei limiti dei princìpi fondamentali stabiliti con legge della Repubblica, che stabilisce anche la durata degli organi elettivi».

Nel comunicato stampa che ha annunciato il contenuto della sentenza, la Corte ha precisato che «il divieto del terzo mandato consecutivo opera per tutte le regioni ordinarie dal momento in cui esse hanno adottato una qualsiasi legge in materia elettorale, nel contesto di una scelta statutaria a favore dell’elezione diretta del presidente della Giunta regionale».

Il Trentino, però, è una Provincia autonoma e fa parte del Trentino-Alto Adige, una regione a statuto speciale. Secondo Calderoli, quindi, la sentenza della Corte sulla Campania non si può applicare direttamente alla modifica approvata dalla Provincia di Trento. Sarà ora la Corte Costituzionale a dover chiarire se questa interpretazione del ministro è corretta oppure no.
Il tema del terzo mandato per i presidenti di regione torna periodicamente nel dibattito politico e crea puntualmente divisioni all’interno della maggioranza. Nel 2024 la Lega ha presentato alcuni emendamenti per abolire il limite e permettere così la ricandidatura di due suoi presidenti: Luca Zaia in Veneto e Massimiliano Fedriga in Friuli-Venezia Giulia. Come già accaduto in passato, però, la proposta non ha trovato il sostegno di Fratelli d’Italia. Il partito della presidente del Consiglio Giorgia Meloni, forte della crescita nei consensi e del sorpasso sulla Lega, punta infatti a proporre propri candidati nelle regioni del Nord o comunque a sostituire Zaia e Fedriga.
Come ricordato, la legge nazionale del 2004 ha introdotto il limite dei due mandati consecutivi, ma la sua applicazione concreta è stata demandata alle singole regioni. Questo ha generato molte ambiguità: casi come quelli di Roberto Formigoni in Lombardia, Vasco Errani in Emilia-Romagna e lo stesso Zaia in Veneto mostrano come il vincolo sia stato spesso aggirato, a seconda delle leggi regionali in vigore e della loro interpretazione.
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