Falso: il Superbonus non ha aumentato il Pil del 10 per cento

Lo ripete spesso Giuseppe Conte, ma è una percentuale parecchio esagerata
ANSA/ANGELO CARCONI
ANSA/ANGELO CARCONI
Da giorni, per criticare la scelta del governo di bloccare la cessione dei crediti d’imposta del Superbonus, il presidente del Movimento 5 stelle Giuseppe Conte ripete che grazie a questo incentivo il Prodotto interno lordo (Pil) dell’Italia è cresciuto del 10 per cento in due anni. «Con questa misura abbiamo fatto in due anni il +10 per cento di Pil», ha dichiarato (min. 3:40) Conte il 23 febbraio ospite a Dritto e rovescio su Rete4. La stessa frase, detta (min. 2:24) la sera prima a Dimartedì su La7, è stata poi ripetuta (min. 28:14) il 24 febbraio da Conte ospite di Accordi e disaccordi su Nove. 

In realtà i numeri dicono che l’ex presidente del Consiglio esagera, e non di poco. È vero che il Superbonus ha contribuito alla ripresa economica del Paese, ma molto meno rispetto a quanto dichiarato da Conte.

Quanto è cresciuta l’Italia

Innanzitutto non è vero che l’economia italiana è cresciuta del «10 per cento» tra il 2021 e il 2022. La percentuale citata da Conte viene dalla somma tra il +6,6 per cento registrato dal Pil italiano nel 2021 sul 2020 e il +3,9 per cento stimato da Istat in via preliminare per il 2022 sul 2021.

In realtà la crescita del Pil acquisita in questi due anni è stata superiore, intorno all’11,5 per cento. Non basta sommare tra loro i tassi di crescita del 2022 e del 2021, ma occorre considerare il fatto che il +3,9 per cento del 2022 è calcolato rispetto al Pil del 2021 (già aumentato del 6,6 per cento nel corso di quell’anno rispetto a quello precedente) e non rispetto a quello del 2020. 

La crescita negli ultimi due anni è stata dunque maggiore di quella indicata da Conte. E va pur sempre considerato che si tratta di un rimbalzo dopo che nel 2020, a causa della pandemia di Covid-19, il Pil italiano era crollato dell’8,9 per cento rispetto al 2019. 

Ma torniamo al Superbonus, che, ricordiamo, è un incentivo introdotto a maggio 2020 dal governo Conte con cui lo Stato ha rimborsato interamente i costi dei lavori di riqualificazione edilizia e di efficientamento energetico, con un bonus aggiuntivo del 10 per cento.

Il contributo del Superbonus

Stimare l’impatto economico di una misura come il Superbonus è piuttosto complicato per almeno due motivi. Da un lato non è semplice capire quali interventi sarebbero stati comunque portati a termine senza l’incentivo. Secondo una stima della Banca d’Italia, circa la metà degli investimenti del Superbonus si sarebbero verificati lo stesso, anche in assenza dell’incentivo. Dall’altro lato il Superbonus non è stato l’unico bonus edilizio in vigore negli ultimi due anni. È possibile però fare qualche stima per avere un’idea.

In base ai dati dell’Agenzia nazionale per le nuove tecnologie, l’energia e lo sviluppo economico sostenibile (Enea), alla fine del 2022 erano stati ammessi in detrazione 62,5 miliardi di euro di investimenti per il Superbonus. Secondo la teoria economica, un aumento della spesa pubblica di un euro dovrebbe aumentare il Pil almeno di un euro. Ipotizziamo quindi che il Superbonus abbia contribuito a far crescere il Pil di 62,5 miliardi di euro. Nel 2021 il Pil è cresciuto di circa 120 miliardi di euro in totale, mentre nel 2022 è cresciuto di altri 65 miliardi. Sulla base di questi numeri, il Superbonus avrebbe contribuito per circa un terzo alla crescita del Pil, e non alla sua totalità.

Ma come abbiamo ricordato prima, secondo la Banca d’Italia circa la metà degli investimenti ammessi in detrazione sono stati effettuati grazie all’incentivo. Il reale contributo del Superbonus alla crescita si aggirerebbe intorno a un sesto (il 17 per cento, la metà di un terzo) di tutta la crescita registrata nei due anni tra il 2021 e il 2022.

Va però sottolineato che non tutti i lavori finanziati con il Superbonus sono già stati completati. Secondo Enea, alla fine del 2022 i lavori conclusi ammessi a detrazione valevano 46,6 miliardi di euro, circa il 75 per cento del totale. Sulla base della metà di questa cifra, il Superbonus avrebbe contribuito alla crescita del Pil negli ultimi due anni per circa un ottavo.

E l’effetto moltiplicatore?

Si potrebbe obiettare che queste stime non tengono conto del cosiddetto “effetto moltiplicatore” del Superbonus, di cui abbiamo parlato più nel dettaglio in un altro articolo. Semplificando un po’, l’impatto di una misura di spesa pubblica (come il Superbonus) sul Pil non è pari solo al valore delle risorse investite, ma occorre considerare anche il valore delle risorse che vengono per così dire “sbloccate” grazie all’investimento. 

Facciamo un esempio per capire meglio di che cosa stiamo parlando. Supponiamo che il denaro che il proprietario di una casa paga al costruttore per una ristrutturazione venga poi utilizzato dal costruttore per acquistare un auto. Il venditore di auto potrà spendere a sua volta quello stesso denaro in una vacanza, dandolo al proprietario di un’agenzia di viaggi, che a sua volta lo utilizzerà per un’altra spesa creando ulteriore valore, e così via. 

Qui la difficoltà sta nel quantificare a quanto ammonti davvero l’effetto moltiplicatore di un investimento. Secondo l’Associazione nazionale costruttori edili (Ance), una delle principali associazioni del Paese per quanto riguarda le costruzioni, il valore del moltiplicatore degli investimenti nell’edilizia sarebbe pari a 1,1. Questo significa che ogni euro investito nell’edilizia genererebbe in media un aumento del Pil di 1,1 euro. Per calcolare l’impatto del Superbonus, basta così moltiplicare la metà delle risorse impiegate (ricordiamolo, solo metà degli investimenti sono effettivamente avvenuti grazie all’incentivo) per 1,1. In questo caso il Superbonus avrebbe fatto crescere il Pil di un valore compreso tra i 25,6 miliardi e i 35,5 miliardi, ossia più o meno tra il 14 per cento e il 20 per cento della crescita totale degli ultimi due anni. Insomma, al massimo di un quinto.

Perché Conte esagera

Ricapitolando: di quanto è cresciuto il Pil grazie al Superbonus? Facendo una media, su un aumento totale dell’11,5 per cento nel corso di due anni, il contributo della misura dovrebbe essere compreso tra un +1,5 per cento e un +2,2 per cento. 

Per il 2021 il contributo del Superbonus alla crescita è al massimo di un  +0,5 per cento su un rimbalzo di +6,6 per cento (secondo Enea, gli investimenti ammessi in detrazione quell’anno valevano 16,2 miliardi di euro di cui 11,2 miliardi già realizzati). 

Per il 2022 occorre invece sottrarre agli investimenti compiuti in quell’anno i fondi utilizzati nel 2021. Il Pil è infatti una misura di reddito, non di ricchezza: in concreto questo significa che ogni anno un investimento va rinnovato, altrimenti la sua assenza fa ridurre il Pil di un valore pari a quello dell’investimento stesso. Nel 2022 dobbiamo già dare per scontati gli 11,2 miliardi di euro di investimenti del Superbonus, un po’ come faremmo con un aumento di stipendio: se ricevessimo 100 euro in più al mese e poi quei soldi scomparissero dalle buste paga dell’anno successivo, non cosidereremmo il nostro reddito stabile, ma diminuito di 100. 

In questo caso l’investimento addizionale nel 2022 per il Superbonus è stato pari a 32,1 miliardi di euro se si considerano tutti gli interventi ammessi a detrazione e a 24,2 miliardi di euro se si considerano solo i lavori conclusi. Il contributo alla crescita del Superbonus nel 2022 è così pari al massimo a un +0,9 per cento su una variazione del Pil totale del 3,9 per cento.

I numeri visti finora non sono bassi, anzi: evidenziano che il Superbonus ha avuto un impatto sull’economia italiana. Ma dire che ha trainato la crescita del Pil è esagerato. Inoltre non bisogna dimenticarsi dei costi della misura. Secondo Enea, alla fine di gennaio 2023 gli oneri a carico dello Stato ammontavano a oltre 71 miliardi di euro. Secondo le stime della Banca d’Italia presentate di recente in un’audizione parlamentare, tra il 2023 e il 2025 i bonus edilizi dovrebbero costare in media 14,6 miliardi l’anno alle casse pubbliche.

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