Il 17 luglio, in un’intervista con il Corriere della Sera, il ministro della Giustizia Carlo Nordio ha dichiarato che i suicidi in carcere e il sovraffollamento carcerario sono «due problemi gravi, ma non connessi». «Anzi, paradossalmente il sovraffollamento è una forma di controllo: alcuni tentativi di suicidio sono stati sventati proprio dai compagni di cella», ha aggiunto Nordio. «È la solitudine che porta al suicidio. Ma soprattutto la mancanza di speranza e l’incertezza del domani. Molti si uccidono proprio quando è imminente la loro liberazione. Il sostegno psicologico è essenziale».
Nordio aveva già fatto una dichiarazione simile alla fine dello scorso dicembre, in un’intervista con Libero. «Il fenomeno dei suicidi è un fardello di dolore collettivo, e quando avviene in carcere lo sentiamo ancora più gravoso», aveva detto il ministro. «Tuttavia esso non è correlato al sovraffollamento, ma piuttosto alla solitudine, al dolore, alla mancanza di prospettive».
In breve, secondo Nordio non è vero che c’è un collegamento tra quanto sono sovraffollate le carceri e i suicidi. Ma è davvero così? Il tema è complesso e delicato: per questo motivo la risposta a questa domanda deve tenere conto di più fattori.
Nordio aveva già fatto una dichiarazione simile alla fine dello scorso dicembre, in un’intervista con Libero. «Il fenomeno dei suicidi è un fardello di dolore collettivo, e quando avviene in carcere lo sentiamo ancora più gravoso», aveva detto il ministro. «Tuttavia esso non è correlato al sovraffollamento, ma piuttosto alla solitudine, al dolore, alla mancanza di prospettive».
In breve, secondo Nordio non è vero che c’è un collegamento tra quanto sono sovraffollate le carceri e i suicidi. Ma è davvero così? Il tema è complesso e delicato: per questo motivo la risposta a questa domanda deve tenere conto di più fattori.