Lo stato delle carceri italiane in cinque grafici

Dal sovraffollamento ai suicidi, da chi è in attesa di giudizio a chi lavora: i numeri mostrano che gli istituti penitenziari in Italia continuano ad avere molti problemi
Ansa
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La scorsa settimana è stato pubblicato il diciannovesimo rapporto sulla situazione delle prigioni italiane dall’associazione Antigone, che da oltre quarant’anni si occupa della tutela dei diritti e delle garanzie nel sistema penale e penitenziario.

Nel 2022 l’associazione Antigone ha visitato 97 istituti penitenziari grazie al lavoro di oltre cento volontari dell’associazione. Come già avvenuto per l’anno precedente, le carceri italiane continuano ad avere molti problemi, dal sovraffollamento al numero dei suicidi.

Carceri troppo piene

Gli istituti penitenziari italiani potrebbero ospitare al massimo poco più di 51 mila persone, ma oltre 3 mila posti in realtà non sono realmente disponibili. Al 30 aprile 2023 i detenuti presenti nelle carceri del nostro Paese erano circa 56,7 mila, dunque con 9 mila detenuti in più rispetto alla capienza regolamentare, con un tasso di sovraffollamento pari in media al 119 per cento.

Il problema del sovraffollamento cambia da regione a regione. In Lombardia il tasso di sovraffollamento tocca il 152 per cento, in Puglia il 146 per cento e in Friuli-Venezia Giulia il 136 per cento. L’istituto di Tolmezzo, in provincia di Udine, ha quasi il doppio dei detenuti che potrebbe contenere, ma anche le carceri di Milano San Vittore, Varese e Bergamo hanno tassi di sovraffollamento tra il 179 e il 185 per cento.

In attesa di giudizio

Oltre il 73 per cento dei detenuti italiani è in prigione per scontare una condanna definitiva. Circa il 14 per cento è in attesa di un giudizio, quasi il 7 per cento sta aspettando la sentenza di appello, mentre più del 4 per cento il giudizio della Corte di Cassazione. 

Secondo l’associazione Antigone, però, negli anni il peso delle persone in custodia cautelare sul totale dei carcerati sta diminuendo. Alla fine del 2022 era pari al 27,8 per cento, nel 2021 al 29,9 per cento e dieci anni prima si arrivava al 40,8 per cento.
Nel 2020 è aumentato il numero dei detenuti condannati per pene brevi: i condannati in via definitiva, con una pena fino a un anno, corrispondevano al 3,1 per cento dei detenuti nel 2021 e sono passati al 3,7 per cento nel 2022, mentre i condannati fino a tre anni sono passati dal 19,1 al 20,3 per cento. Stiamo comunque parlando di percentuali più basse rispetto a quelle registrate in passato. 

Ha invece una condanna superiore ai 20 anni il 6,6 per cento dei detenuti con sentenza definitiva, mentre quelli condannati all’ergastolo sono il 4,6 per cento, in leggero calo rispetto al 2021, anche se il numero in valore assoluto è cresciuto di 46 unità (da 1.810 a 1.856). 

I carcerati sottoposti al 41-bis (il cosiddetto “carcere duro”) sono 740, di cui 728 uomini e 12 donne. Il dato è stabile da alcuni anni, ma in crescita rispetto a venti anni fa, quando erano meno di 500. In totale ci sono 12 carceri con detenuti al 41-bis, ma la maggior parte di quest’ultimi (150), tra cui Matteo Messina Denaro, si trova in quello a L’Aquila.

Chi sono i detenuti

L’associazione Antigone ha rilevato un aumento dell’età media dei detenuti. Alla fine del 2022 quelli con almeno 50 anni di età rappresentavano il 29 per cento della popolazione carceraria contro il 17 per cento di dieci anni fa. Anche i detenuti con più di 70 anni sono cresciuti, seppur rimanendo a un livello piuttosto basso, passando dall’1 al 2 per cento. I più giovani, dai 25 anni di età in giù, sono scesi dal 10 al 6 per cento.

Le donne in carcere sono 2.480, pari al 4,4 per cento della popolazione carceraria, un dato stabile nel tempo. Gli istituti penitenziari femminili sono solo quattro: Rebibbia (Roma), Venezia, Pozzuoli e Trani, ma il 75 per cento delle donne si trova in 45 sezioni femminili attive in carceri a prevalenza maschile.

I detenuti stranieri sono il 31,3 per cento sul totale, un dato in calo rispetto al passato sia rispetto al numero di detenuti sia rispetto al numero di stranieri presenti in Italia. I detenuti non italiani sono però sovrarappresentati tra le persone in custodia cautelare (33,7 per cento) e tra chi è in attesa di processo (35 per cento). La maggior parte degli stranieri sono in carcere per pene brevi: secondo l’associazione Antigone, questo è segno di una «criminalità meno organizzata e autrice di delitti meno gravi».

Lo studio e il lavoro in carcere

Il 31,6 per cento dei detenuti è iscritto a un corso scolastico, ma meno del 50 per cento ha ottenuto una promozione. I corsi in carcere si dividono in quelli di primo livello (alfabetizzazione, conseguimento della licenza media inferiore e acquisizione di competenze del primo biennio delle superiori) e in quelli di secondo livello (ammissione al secondo biennio delle superiori, ammissione all’ultimo anno delle superiori e acquisizione del diploma)

Sono 1.114 i detenuti iscritti a un corso di laurea, prevalentemente lauree triennali, un dato in crescita rispetto al passato. Nel 2021 sono state conseguite 39 lauree tra i detenuti.

Nel 2022 i detenuti lavoratori sono stati invece 19,8 mila, il 35,2 per cento dei presenti negli istituti penitenziari (in questo dato sono considerati anche quelli che lavorano poche ore al mese con turni a rotazione). L’86,8 per cento lavora per l’amministrazione penitenziaria in attività interne poco spendibili una volta usciti dal carcere, mentre solo il 4,6 per cento dei detenuti lavora per datori di lavoro esterni. È invece quasi del tutto assente la formazione professionale, che riguarda solo il 4 per cento dei detenuti.

I suicidi in carcere

Il rapporto dell’associazione Antigone conferma che il 2022 è stato un anno con molti suicidi in carcere: 85. Il dato è in linea con quello pubblicato dall’associazione Ristretti orizzonti, che si occupa di raccogliere, elaborare e divulgare notizie sulle carceri, che ne aveva contati 84. I suicidi nel 2021 erano stati 57.

Considerando una popolazione carceraria media di 55,2 mila persone, i suicidi in carcere sono stati 15,2 ogni 10 mila persone, mentre secondo gli ultimi dati Istat relativi al 2019 in Italia i suicidi sono stati 0,71 ogni 10 mila abitanti. In altre parole i suicidi sono 22 volte più diffusi in carcere rispetto alla popolazione generale.

Delle 85 persone che si sono suicidate, 50 si sono tolte la vita nei primi sei mesi di detenzione. Di queste, 21 nei primi tre giorni, 16 nei primi dieci giorni e 10 nelle prime 24 ore. In 28 casi c’era già stato un tentativo di suicidio e 68 erano stati coinvolti in altri eventi critici.

Come chiedere aiuto

Se hai bisogno di aiuto, puoi chiamare il Telefono Amico Italia allo 02 2327 2327: è disponibile tutti i giorni, 24 ore su 24. Oppure puoi scrivergli su WhatsApp al 345 036 16 28, tutti i giorni dalle ore 18 alle 21.

Puoi anche contattare l’associazione Samaritans allo 06 77208977, tutti i giorni dalle ore 13 alle ore 22, o al numero verde 800 86 00 22. 

Se ti senti in una situazione di emergenza, puoi chiamare il 112.

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