Che cosa chiedono i referendum contro le armi all’Ucraina

La raccolta firme inizierà il 22 aprile: vediamo qual è il contenuto dei quesiti referendari e chi c’è dietro i comitati promotori
Ansa
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Sabato 22 aprile inizierà la raccolta firme per tre nuovi referendum abrogativi su due temi parecchio discussi negli ultimi tempi: la sanità privata e soprattutto l’invio di armi all’Ucraina. I tre quesiti referendari, pubblicati in Gazzetta ufficiale a marzo, hanno l’obiettivo di escludere le strutture private da alcuni piani sanitari territoriali e di abolire l’invio di materiale militare all’Ucraina da parte dell’Italia, modificando anche la legge che permette al governo di deliberare in materia di export bellico con il supporto del Parlamento.

Ma quale sarà l’iter giuridico di questi referendum? Che cosa chiedono nello specifico? E quali sono i loro promotori? Abbiamo fatto un po’ di chiarezza.

I referendum abrogativi

Con un referendum abrogativo si propone la cancellazione, totale o parziale, delle norme oggetto dei quesiti referendari. Per poter essere valido il referendum deve raggiungere il cosiddetto “quorum”, ossia deve partecipare al voto almeno il 50 per cento più uno degli aventi diritto. Stiamo parlando di circa 26 milioni di votanti, su un totale di circa 51 milioni di elettori.

Per poter essere ufficialmente indetto, il comitato promotore di un referendum abrogativo deve comunicare il quesito alla Corte di Cassazione, che sarà poi pubblicato in Gazzetta ufficiale. Dalla data di pubblicazione il comitato ha 90 giorni di tempo per raccogliere 500 mila firme da parte degli elettori per presentare ufficialmente il referendum. Scaduto questo termine, la Corte di Cassazione passa in rassegna le richieste di referendum ricevute per assicurarsi che siano conformi alla legge. In seguito il testo passa alla Corte Costituzionale, che dovrà decidere circa l’ammissibilità dei quesiti ricevuti entro il 10 febbraio successivo. A quel punto il presidente della Repubblica, «ricevuta comunicazione della sentenza della Corte costituzionale» e «su deliberazione del Consiglio dei ministri», indice il referendum, fissando la data di convocazione degli elettori «in una domenica compresa tra il 15 aprile e il 15 giugno».

Dunque se si dovessero raccogliere tutte le firme, comunque i referendum si terrebbero nel 2024.

I quesiti referendari

Il 3 marzo scorso sulla Gazzetta ufficiale sono state pubblicate due richieste di referendum abrogativo a nome del “Comitato referendario Generazioni future”. La prima chiede l’abrogazione di una parte di un decreto-legge contenente la proroga fino a fine 2023 dell’autorizzazione «alla cessione di mezzi, materiali ed equipaggiamenti militari» all’Ucraina. Di fatto questo primo referendum chiede di bloccare l’invio di armi italiane allo Stato invaso dalla Russia. La seconda proposta referendaria chiede invece l’abrogazione di una parte di un decreto legislativo del 1992 che include le «strutture private accreditate al Servizio sanitario nazionale» all’interno del Piano sanitario regionale, ossia il piano strategico ed economico di gestione della sanità regionale.

Il 16 marzo in Gazzetta ufficiale sono state pubblicate altre tre proposte referendarie. Le prime due riguardano gli aiuti militari all’Ucraina, con uno dei quesiti praticamente identico a quello presentato il 3 marzo da Generazioni future, mentre la terza proposta tratta le modalità con cui l’Italia può decidere di esportare materiale militare nelle zone di guerra. Questo terzo quesito chiede l’abrogazione di una parte (art.1, comma 6, lettera a) della legge del 1990 sul controllo «dell’esportazione, importazione e transito dei materiali di armamento». Tra le altre cose, questa permette al Consiglio dei ministri di adottare deliberazioni relative all’invio di armi, previo consenso del Parlamento, anche in deroga ai divieti. Il comitato referendario dietro questi referendum è il comitato Ripudia la guerra, che collaborerà con Generazioni future per la raccolta firme necessaria per indire i referendum. «Il nostro ceto politico, tanto di maggioranza quanto di opposizione, ha deciso, salvo lodevoli eccezioni, di destinare ingenti somme di denaro alla produzione di armi da inviare all’Ucraina. Noi riteniamo che il popolo italiano in maggioranza non sia d’accordo e con quesito referendario intendiamo provarlo», si legge sul sito di Generazioni future. 

Secondo gli stessi promotori, il collegamento tra i quesiti sulla guerra e quello sulla sanità privata «è evidente». «Visto e considerato che spesso si è ricorsi all’intervento dei privati nella gestione della sanità, motivando tale scelta politica in ragione dell’assenza di soldi pubblici da destinare al sistema sanitario, è chiaro che impedendo di devolvere denaro a scopi militari, si ritaglia una somma spendibile per la salute di tutti i cittadini, in maniera da cancellare ogni alibi volto a sacrificare salute e vite umane in nome del motivo reale per cui si fomenta la guerra: il profitto che da ciò ricavano pochi privati», spiegano i promotori del referendum.

I promotori dei referendum

A proporre i referendum sono stati due comitati formati da alcune persone note nel panorama dell’informazione italiana. 

Il primo comitato si chiama Generazioni future e si autodefinisce una «società cooperativa di mutuo soccorso ecologico intergenerazionale». A dicembre 2021 il comitato ha fondato la Commissione DuPre (Dubbio e prevenzione), di cui fanno parte tra gli altri il giurista Ugo Mattei, i filosofi Massimo Cacciari e Giorgio Agamben e l’autore televisivo Carlo Freccero, per «evidenziare le criticità» riguardo la gestione della pandemia da Covid-19, con particolare riferimento ai vaccini e al green pass. I lavori di questa commissione, e più in generale di tutti i membri della cooperativa Generazioni future, sono stati spesso interpretati come vicini a posizioni no vax e filorusse, visto il collegamento di Generazioni future con la piattaforma media antisistema Byoblu, che in passato ha diffuso numerosi esempi di disinformazione sui vaccini.

L’altro comitato promotore si chiama Ripudia la guerra e il suo portavoce è il blogger e autore Enzo Pennetta, che sembra curare tutta la comunicazione del comitato, anche attraverso un canale Telegram. Non si sa molto sui componenti di questo comitato, ma in un appello scritto proprio su Telegram si legge che «dietro di loro c’è l’impegno importante di un gruppo di giuristi» cui si aggiunge un gruppo di «intellettuali indipendenti , giornalisti, scienziati, artisti, liberi professionisti di ogni settore interessati a farsi interpreti e portavoce della volontà popolare che si riconosce nel dettato costituzionale e che desidera una pace stabile». Tra i primi sottoscrittori delle proposte di Ripudia la guerra ci sono, oltre a Pennetta, nomi noti della galassia antisistema come il medico no vax Daniele Giovanardi, il professore dell’Università di Milano Andrea Zhok e i giornalisti Fulvio Grimaldi e Franco Fracassi, tutti candidati alle elezioni del 25 settembre 2022 con la lista Italia sovrana e popolare guidata dall’ex segretario del Partito comunista Marco Rizzo, ora sostenitore dei referendum. 

Dal mondo della politica il sostegno al referendum è arrivato dall’ex sindaca di Roma Virginia Raggi, mentre tra gli intellettuali sembra che anche il fisico e divulgatore Carlo Rovelli abbia aderito al comitato Ripudia la guerra. A marzo a una manifestazione contro la guerra a Milano, a cui avevano partecipato, tra gli altri, Mattei e Freccero della Commissione DuPre, erano presenti il segretario nazionale del Movimento 3V Luca Teodori e alcuni esponenti di Ancora Italia, formazione politica definita filorussa e complottista.

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