Tra soldi e casi irrisolti, le commissioni d’inchiesta in Parlamento sono sempre di più

Sono quasi raddoppiate rispetto a vent’anni fa: c’entrano le diatribe politiche e il prestigio, ma c’è anche altro
ANSA
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«Le commissioni d’inchiesta non sono uno spreco: io sono un difensore del Parlamento. Gli attacchi di Renzi? Essere accusati da lui di accordi sottobanco fa sorridere». Ettore Rosato, vicesegretario di Azione, cammina veloce lungo i corridoi della Camera. E rimanda al mittente le accuse del leader di Italia Viva Matteo Renzi, suo ex collega di partito, che ha attaccato Azione per le recenti aperture nei confronti del governo di Giorgia Meloni. Una delle ultime accuse di Renzi nei confronti del partito di Carlo Calenda riguarda una nuova commissione parlamentare d’inchiesta, di cui è diventata presidente la deputata Elena Bonetti, presidente di Azione. «Forse per questo continuo supporto a Giorgia, Azione ha ricevuto dalla maggioranza una presidenza di commissione che a noi invece è stata negata pur avendo più parlamentari: chi non disturba il manovratore viene sempre premiato», ha scritto Renzi il 1° aprile nella sua newsletter eNews

Il riferimento è alla nuova Commissione d’inchiesta sulla transizione demografica, approvata dalla Camera a luglio 2024, ma entrata in funzione solo il 25 febbraio 2025 con l’elezione a presidente di Bonetti, in passato esponente di Italia Viva e ministra della Famiglia e delle Pari opportunità nel secondo governo Conte e nel governo Draghi. Insomma, Renzi ha alluso a un accordo tra la maggioranza che sostiene il governo Meloni e il partito di Calenda, al cui congresso nazionale ha partecipato di recente proprio la presidente del Consiglio. 

«I vertici e la composizione delle commissioni di inchiesta sono frutto di un dialogo e di una contrattazione politica tra maggioranza e opposizioni, è normale. E vengono create le commissioni che trovano una condivisione da parte delle forze di maggioranza. Se non c’è accordo, i partiti di opposizione possono presentare tutte le commissioni possibili, ma non saranno approvate», ha spiegato Rosato, il cui partito ha effettivamente meno parlamentari rispetto a Italia Viva: 12 contro 15. 

La Commissione sulla transizione demografica non è comunque l’unica commissione d’inchiesta nata di recente. Il 27 febbraio è entrata in funzione al Senato la Commissione d’inchiesta sul sistema bancario, finanziario e assicurativo, di cui è diventato presidente il senatore di Forza Italia Pierantonio Zanettin. 

In generale, la richiesta di creare nuove commissioni d’inchiesta sembra essere diventata una vera e propria passione tra i parlamentari. Secondo le verifiche di Pagella Politica, in questa legislatura deputati e senatori hanno presentato 73 progetti di legge per istituire nuove commissioni d’inchiesta bicamerali: circa uno ogni 12 giorni. Le commissioni d’inchiesta che sono state create finora sono 14, più del doppio rispetto a vent’anni fa. Nella storia repubblicana, però, non sempre queste commissioni hanno portato a risultati concreti: alcune hanno avuto un ruolo importante nel chiarire alcuni casi giudiziari, molte altre invece sono servite più che altro ad approfondire grandi temi e argomenti, senza avere ricadute pratiche. 

Eppure, nonostante spesso non siano chiari i loro risultati, le commissioni d’inchiesta parlamentari sono molto richieste da deputati e senatori. I motivi dietro a questa proliferazione sono diversi, e non hanno a che fare solo con l’approfondimento, ma pure con risorse aggiuntive per politici e partiti, prestigio personale e diatribe politiche.

Di che cosa stiamo parlando

Le commissioni parlamentari d’inchiesta sono previste dall’articolo 82 della Costituzione. Indagano con gli stessi poteri e le stesse limitazioni dell’autorità giudiziaria, fatta eccezione per quello di disporre misure cautelari e stabilire condanne contro le persone, che spetta unicamente ai tribunali. Le commissioni d’inchiesta possono essere monocamerali, se sono formate dai membri di una sola delle due camere, oppure bicamerali se sono formate sia da senatori sia da deputati. 

La composizione delle commissioni d’inchiesta deve rispettare i rapporti di forza tra i gruppi politici all’interno del Parlamento. Per costituire una commissione d’inchiesta bicamerale, il Parlamento deve approvare un progetto di legge dove vengono precisati gli scopi, la composizione, i poteri, l’organizzazione interna e il tetto di spese per il funzionamento. Per costituire una commissione monocamerale è sufficiente una delibera dell’Ufficio di presidenza della camera che la istituisce.

In base alle verifiche di Pagella Politica, in questa legislatura – iniziata il 13 ottobre 2022 – i parlamentari hanno presentato 73 progetti di legge per la creazione di commissioni di inchiesta bicamerali, con una media di uno ogni 12 giorni, la stessa frequenza registrata nella scorsa legislatura, tra il 2018 e il 2022. Nella legislatura ancora precedente, tra il 2013 e il 2018, ne erano stati presentati 135, uno ogni 14 giorni, mentre tra il 2008 e il 2013 erano stati 100, pari a uno ogni 18 giorni. Dunque, negli ultimi anni la frequenza con cui i parlamentari hanno chiesto la creazione di nuove commissioni d’inchiesta – senza contare quelle monocamerali – è aumentata. 

Solo una minoranza delle commissioni d’inchiesta richieste viene istituita, ma in ogni caso il numero delle commissioni create è aumentato nel corso degli anni. Per esempio, in questa legislatura sono state create finora sei commissioni d’inchiesta bicamerali, oltre a sei commissioni monocamerali alla Camera e altre due al Senato, per un totale di 14 commissioni d’inchiesta. Nella scorsa legislatura ne erano state create 12, in quella precedente 15, in quella prima ancora sette. In meno di vent’anni le commissioni d’inchiesta del Parlamento sono raddoppiate. 

Alcune commissioni d’inchiesta sono per certi versi “storiche”, nel senso che ormai vengono ricreate in ogni legislatura. Un esempio è la Commissione d’inchiesta sul fenomeno delle mafie e sulle altre associazioni criminali, anche straniere, meglio conosciuta come la “Commissione Antimafia”. È stata creata per la prima volta nel 1962, sotto il quarto governo di Amintore Fanfani (Democrazia Cristiana) e in seguito è stata ricostituita in ogni legislatura per la sua importanza. Attualmente la Commissione Antimafia è presieduta dalla deputata di Fratelli d’Italia Chiara Colosimo. 

Altre commissioni d’inchiesta ricreate più volte sono la Commissione d’inchiesta sul disastro della nave Moby Prince, istituita per la prima volta nel 2015 e ancora operativa, e la Commissione d’inchiesta sulla morte di David Rossi, creata nel 2013. Il disastro del Moby Prince è avvenuto la sera del 10 aprile 1991, quando il traghetto Moby Prince entrò in collisione con la petroliera Agip Abruzzo, di proprietà dell’ENI, nella rada del porto di Livorno. L’impatto scatenò un incendio che causò la morte di 140 persone a bordo della Moby Prince, e solo una sopravvisse. David Rossi è stato invece il capo della comunicazione della Banca Monte dei Paschi di Siena. Il 6 marzo 2013 Rossi fu trovato morto sulla strada di fronte al suo ufficio. Le responsabilità su entrambe le vicende non sono mai state chiarite del tutto.
Pagella Politica

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Pareri discordanti 

Non tutti sono d’accordo sulla bontà dell’operato delle commissioni d’inchiesta e sulla loro effettiva utilità. «Nella storia repubblicana la maggior parte delle commissioni d’inchiesta non ha dato grandi risultati, fatta eccezione per alcuni casi, come quello della commissione d’inchiesta sulla loggia massonica P2, presieduta da Tina Anselmi, che contribuì a far luce su quell’organizzazione eversiva, oppure quella sulla mafia, tuttora esistente», ha spiegato a Pagella Politica Mauro Volpi, professore di Diritto costituzionale all’Università di Perugia. 

Di parere diverso è Rosato, deputato di lungo corso, eletto per la prima volta alla Camera nel 2001. «Le commissioni d’inchiesta hanno una funzione molto importante, se non quasi essenziale ormai per i parlamentari, a fronte di quello che si discute in aula, che sono spesso cose davvero marginali, quasi burocratiche», ha detto Rosato a Pagella Politica

Rosato ha citato l’esempio della Commissione d’inchiesta della Camera sulla morte del militare Emanuele Scieri, operativa tra marzo 2016 e dicembre 2017. Il 16 agosto 1999 Scieri venne trovato morto sotto una scala esterna di una caserma a Pisa e nel 2000 il procedimento giudiziario sul suo caso si concluse con l’archiviazione. Nel 2017, in seguito alle indagini della Commissione d’inchiesta, il processo sul caso Scieri è stato riaperto e ha portato alla condanna di due suoi superiori, che in passato avevamo commesso su di lui atti di nonnismo e che lo fecero cadere dalla torre di asciugatura dei paracadute della caserma, provocandone la morte. 

«Con le commissioni d’inchiesta abbiamo modo di approfondire questioni fondamentali. Poi ovvio, alcune commissioni hanno più un ruolo di approfondimento, altre invece hanno più un carattere di indagine. E non tutte portano a delle svolte, ma servono ad approfondire temi che in aula non affronteremo, penso alla commissione sulla demografia o quella sulla condizione delle periferie», ha aggiunto Rosato.

Secondo il deputato di Alleanza Verdi-Sinistra Devis Dori, le commissioni d’inchiesta rimangono troppe. «Io faccio parte di due commissioni d’inchiesta, quella sulla morte di David Rossi, e quella per i fatti avvenuti al Forteto [la comunità “Il Forteto”, nei pressi di Firenze, dove a partire dagli anni Ottanta sono stati commessi abusi su minori e persone con disabilità, ndr] ma sinceramente faccio molta fatica a seguirne i lavori dato che sono anche membro della Commissione Giustizia, della Commissione consultiva sull’infanzia e sono presidente della Giunta per le autorizzazioni», ha spiegato Dori. «Diversi altri colleghi si trovano in questa situazione ed è dovuta in parte al taglio dei parlamentari». 

Dori ha fatto riferimento alla riforma costituzionale, approvata con un referendum nel 2020, che ha ridotto da 945 a 600 i componenti del Parlamento. Come abbiamo spiegato in altri approfondimenti, il taglio dei parlamentari ha accentuato proprio il fenomeno dei parlamentari che devono partecipare a più commissioni, tra cui quelle d’inchiesta. 

«Per valorizzare al meglio le commissioni d’inchiesta, io cercherei di porre un limite al numero di queste commissioni d’inchiesta, altrimenti l’impressione è che siano una sorta di “poltronificio”, ossia utili per dare dei ruoli a qualche esponente di maggioranza che non ha trovato spazio al governo e in altri organi», ha detto Dori.

Secondo le nostre verifiche, 11 delle 14 commissioni d’inchiesta al momento operative sono guidate da parlamentari dei partiti che sostengono il governo, mentre solo tre sono guidate da parlamentari dei partiti all’opposizione. Queste sono la Commissione d’inchiesta della Camera sulle condizioni di lavoro in Italia, guidata dalla deputata del Partito Democratico Chiara Gribaudo; quella del Senato, sempre sulle Condizioni di lavoro, guidata dal senatore di Alleanza Verdi-Sinistra Tino Magni; e la già citata Commissione d’inchiesta sulla transizione demografica, presieduta da Bonetti, presidente di Azione.

Equilibri politici e più risorse

Proprio quest’ultima commissione è stata oggetto delle accuse di Renzi. Secondo il leader di Italia Viva, Azione e i partiti che sostengono il governo si sarebbero accordati tra loro per stabilire i vertici della commissione. Il fatto che avvengano delle discussioni tra i partiti nella composizione delle commissioni d’inchiesta non è strano, anzi. Come abbiamo spiegato in passato, è ormai prassi che dopo la loro creazione le commissioni d’inchiesta siano oggetto di lunghe trattative politiche, sia per stabilire la composizione della commissione sia per stabilirne chi eleggere nell’ufficio di presidenza. Come tutte le commissioni parlamentari, le commissioni d’inchiesta devono avere infatti un presidente, dei vicepresidenti e dei segretari, che ne dirigono i lavori. E affinché siano elette queste figure, serve per forza il consenso dei partiti di maggioranza in Parlamento. 

«Se in questa legislatura un partito di opposizione proponesse una commissione d’inchiesta sui centri di permanenza per i rimpatri, dubito davvero che ci siano le possibilità che venga approvata, vista la linea del governo. Al contrario, finora sono nate commissioni come quella sulla demografia, perché si è trovata una convergenza con la maggioranza su questo tema molto sentito dal governo», ha dichiarato Rosato. «Detto questo, le accuse di Renzi non ci toccano».
Ettore Rosato con il ministro della Difesa, Guido Crosetto – ANSA
Ettore Rosato con il ministro della Difesa, Guido Crosetto – ANSA
Al di là degli equilibri politici, dietro la creazione di nuove commissioni d’inchiesta c’è una questione di risorse. Al pari delle altre commissioni, chi è presidente di una commissione d’inchiesta gode di un’indennità aggiuntiva rispetto agli altri parlamentari e la possibilità di assumere a spese della Camera e del Senato una serie di collaboratori. Dunque, oltre a comportare un certo prestigio e una maggiore rilevanza mediatica, diventare presidenti di una commissione d’inchiesta vuol dire beneficiare di risorse economiche e la possibilità di assumere personale a carico del bilancio di Camera e Senato.

Sulle indennità aggiuntive spettanti ai presidenti delle commissioni parlamentari c’è poca trasparenza da parte dei due rami del Parlamento. In Italia i deputati e i senatori hanno un’indennità (l’equivalente dello stipendio per gli altri lavoratori) pari a circa 10.400 euro lordi, che equivalgono a circa 5 mila euro netti togliendo varie voci, tra cui le imposte e i contributi previdenziali. A questa indennità si aggiungono altri benefici, tra cui la cosiddetta “diaria”, ossia il rimborso delle spese di soggiorno a Roma, che è pari a circa 3.500 euro al mese (ridotti per ogni giorno di assenza dei deputati e dei senatori nelle votazioni). 

Tutte queste informazioni sono pubblicate sui siti di Camera e Senato, che però non forniscono dettagli sulle indennità aggiuntive spettanti ai deputati e ai senatori che ricoprono ruoli di vertice all’interno delle due istituzioni, tra cui per l’appunto i presidenti delle commissioni d’inchiesta. In ogni caso, è possibile rendersi conto a grandi linee dei benefici aggiuntivi che spettano a un presidente di commissione. Fonti parlamentari di Pagella Politica hanno spiegato che alla Camera i presidenti di tutte le commissioni, comprese quelle di inchiesta, godono di un’indennità aggiuntiva di 1.500 euro netti mensili oltre a quella che già hanno come parlamentari, e hanno la possibilità di assumere un collaboratore con un contratto da dipendente a 2.900 euro netti al mese, più altri altri due eventuali collaboratori a 1.500 euro netti al mese, a spese della Camera. 

Insomma, il ruolo di presidente di una commissione d’inchiesta consente di avere benefici in più ed è per questo ambìto dai parlamentari che chiedono di istituire queste commissioni. Tra l’altro, come per altri organi del Parlamento, la creazione di commissioni d’inchiesta diventa l’occasione per alcuni professionisti e consulenti di ricollocarsi all’interno delle istituzioni, dopo aver lasciato altri incarichi. Per esempio, secondo quanto risulta a Pagella Politica, il nuovo presidente della Commissione d’inchiesta della Camera sul rischio idrogeologico Pino Bicchielli (Noi Moderati) ha assunto di recente come addetto stampa per la commissione d’inchiesta il giornalista Andrea Petrella, già capo ufficio stampa del Ministero della Cultura quando il ministro della Cultura era Gennaro Sangiuliano. Quest’ultimo si è dimesso a inizio settembre 2024 per via del caso dell’imprenditrice Maria Rosaria Boccia, con cui Sangiuliano ha detto di aver avuto una relazione e alla quale Sangiuliano avrebbe affidato un incarico di consulenza al ministero, mai però convalidato. Anche Petrella è stato coinvolto nel caso Boccia. Contattato da La7, aveva detto di non conoscere l’imprenditrice, salvo poi essere smentito dalla stessa Boccia, che aveva pubblicato i messaggi scambiati con lui su Whatsapp.

Dopo le dimissioni di Sangiuliano, Petrella ha mantenuto l’incarico di capo ufficio stampa del Ministero della Cultura per alcuni mesi con il nuovo ministro Alessandro Giuli, lasciandolo definitivamente lo scorso 31 dicembre e venendo sostituito da Piero Tatafiore.

La necessità di regole uniformi

Secondo il deputato di Forza Italia Paolo Emilio Russo, è sbagliato cedere alla tentazione di pensare che le commissioni d’inchiesta servano a creare nuovi incarichi e posti di potere. 

«Non dobbiamo cedere al discorso populista secondo cui sarebbero uno spreco di denaro e solo un modo per assegnare nuovi posti di vertice», ha detto a Pagella Politica Russo, segretario della Commissione bicamerale d’inchiesta su Emanuela Orlandi e Mirella Gregori, due ragazze scomparse a Roma nel 1983 in circostanze diverse e mai più ritrovate. 

«Alla fine, fa parte del gioco politico che ci siano delle trattative per stabilire i vertici delle commissioni. E non sono nemmeno d’accordo con l’idea di porre un tetto al numero di queste commissioni. Semmai il discorso che andrebbe fatto è valutare bene quali commissioni vale la pena approvare e quali no, senza però porre limiti, che sarebbero in questo caso del tutto arbitrari», ha aggiunto il deputato di Forza Italia. «Come commissione Orlandi stiamo lavorando molto, in maniera costante. Ogni giovedì ci riuniamo e abbiamo svolto finora tantissime audizioni. Certo, bisogna vedere che risultati porteremo alla fine di tutto perché entrambi i casi sono datati e in particolare per il caso di Emanuela Orlandi abbiamo riscontrato un certo timore a parlare da parte degli amici e dei conoscenti della ragazza». 

Secondo Russo, per rendere più efficienti le commissioni d’inchiesta bisognerebbe innanzitutto rendere uniformi le regole sulla loro convocazione, consentendo sempre ai parlamentari di poter partecipare alle riunioni da remoto. «Al momento questo non è consentito per tutte le commissioni, ma consentirebbe a tanti parlamentari di non rinunciare ad altri loro impegni e di poter comunque seguire i lavori della loro commissione», ha spiegato il deputato di Forza Italia. 

Il problema delle regole è stato sollevato anche dal presidente del gruppo Misto Manfred Schullian, deputato della Südtiroler Volkspartei (SVP), il principale partito della provincia autonoma di Bolzano, che rappresenta la comunità di lingua tedesca dell’Alto Adige. «Sono entrato da poco a far parte della Commissione d’inchiesta sul rischio idrogeologico qui alla Camera. È una commissione molto interessante per il nostro territorio e speriamo riesca ad approfondire bene la questione. Ora nomineremo degli esperti come consulenti e procederemo alle prime audizioni. Spesso i nostri lavori, non solo delle commissioni d’inchiesta, si bloccano perché ci fermiamo a discutere su come discutere, ma il tempo si esaurisce. Ora abbiamo due anni prima della fine della legislatura, speriamo siano sufficienti», ha detto Schullian a Pagella Politica.

Lotta politica

Secondo alcuni deputati, dietro alla creazione di nuove commissioni d’inchiesta c’è la strategia e la contesa politica. «Non c’è solo il problema della proliferazione delle commissioni in sé, ma pure quello che ormai alcune sono create appositamente come arma per la scontro politico tra i partiti», ha detto a Pagella Politica il deputato del PD Roberto Morassut, vicepresidente della Commissione d’inchiesta sui casi Orlandi e Gregori. 

Morassut ha fatto riferimento alla Commissione bicamerale d’inchiesta sulla pandemia di COVID-19, nata su proposta di Fratelli d’Italia, il cui obiettivo è indagare sulla gestione della pandemia da coronavirus tra il 2020 e il 2023. La commissione è stata molto criticata da quasi tutti i partiti di opposizione, soprattutto dal Movimento 5 Stelle, secondo cui sarebbe un tentativo della maggioranza che sostiene il governo Meloni di mettere sotto accusa la gestione della pandemia da parte del secondo governo Conte e dunque dei partiti oggi all’opposizione. 

In particolare, le opposizioni hanno criticato il fatto che tra gli obiettivi della commissione d’inchiesta non è stata inserita la necessità di indagare sulle eventuali responsabilità delle regioni. Per esempio, sia durante la pandemia che dopo, si è discusso molto sulla responsabilità della Regione Lombardia nella mancata creazione di una “zona rossa” nei comuni di Alzano e Nembro, da cui si è diffusa l’epidemia nella provincia di Bergamo. All’epoca (e ancora oggi) la Lombardia era guidata dal presidente Attilio Fontana (Lega), sostenuto dal centrodestra.

Tra l’altro, ci sono stati degli attriti sul lavoro della Commissione COVID anche all’interno dei partiti che sostengono il governo Meloni, in particolare tra Fratelli d’Italia e Forza Italia. Il 19 marzo, infatti, il presidente della Commissione Marco Lisei (Fratelli d’Italia) insieme ai colleghi Galeazzo Bignami e Lucio Malan hanno organizzato una conferenza stampa alla Camera per dare conto dei lavori della commissione, lamentando il fatto che pochi tra gli organi di informazione si starebbero interessando davvero alla commissione. 

La conferenza stampa organizzata da Fratelli d’Italia non è stata presa bene dai parlamentari di Forza Italia che, a detta loro, non erano stati informati dell’iniziativa. «Apprendiamo con sorpresa dalle agenzie che il gruppo Fratelli d’Italia sta tenendo una conferenza stampa per commentare l’andamento dei lavori della Commissione COVID, tra l’altro anticipando come già accertati e conclusivi i contenuti di alcune audizioni fin qui svolte», hanno scritto in una nota Licia Ronzulli, Stefano Benigni e Annarita Patriarca, componenti di Forza Italia della Commissione COVID. «Vorremmo ricordare che questa è una commissione d’inchiesta, non uno strumento a uso di un singolo gruppo, che è chiamata a mantenere uno sguardo obiettivo, svolgere audizioni, fare un’attività istruttoria e alla fine dei suoi lavori, dopo un’accurata riflessione, approvare una relazione».

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