Le petizioni dei cittadini al Parlamento sono lettera morta

In questa legislatura ne sono state presentate già quasi duemila, e un quarto di queste dalla stessa persona. Meno del 2 per cento è stato però preso in considerazione
ANSA/MASSIMO PERCOSSI
ANSA/MASSIMO PERCOSSI
Che cos’hanno in comune la manutenzione delle fognature con la salute mentale? E la ricerca sulle malattie rare con l’inquinamento dell’aria, oppure il consumo di suolo con l’elezione diretta del presidente della Repubblica? A prima vista, poco o nulla. Ma per centinaia di cittadini la politica dovrebbe intervenire su questi temi, e per dimostrare il loro impegno durante questa legislatura hanno presentato già quasi duemila petizioni in Parlamento. Dietro a una petizione su quattro c’è la stessa persona, come vedremo: un uomo di 75 anni di età con la passione per la politica.

Secondo le verifiche di Pagella Politica, però, finora meno del 2 per cento di queste petizioni è stato preso in considerazione dalla Camera e dal Senato, ed esaminato insieme ad altri progetti di legge. Così la stragrande maggioranza delle petizioni dei cittadini rimane inascoltata, uno storico problema che si ripete da tempo. A questo se ne aggiungono altri: il Parlamento non offre informazioni dettagliate sulle petizioni e sul loro percorso parlamentare, e non esiste un reale confronto con i cittadini che le hanno presentate.

Di che cosa stiamo parlando

Le petizioni sono richieste scritte con cui i cittadini chiedono alla Camera o al Senato di intervenire su determinate questioni, ritenute di interesse generale. La possibilità di presentare petizioni al Parlamento è un diritto previsto dall’articolo 50 della Costituzione. «Tutti i cittadini possono rivolgere petizioni alle Camere per chiedere provvedimenti legislativi o esporre comuni necessità», recita l’articolo. 

Ma a differenza delle proposte di legge di iniziativa popolare, che si possono depositare in Parlamento solo dopo aver raccolto almeno 50 mila firme, per presentare le petizioni non occorre un numero minimo di sottoscrizioni. Ogni cittadino può inviare petizioni per posta o via e-mail agli indirizzi di Camera e Senato, oppure consegnandole a mano agli uffici del Parlamento, sul tema che preferisce, a patto che sia di interesse comune e che quindi riguardi una questione pubblica e non personale. 

Come hanno spiegato fonti parlamentari a Pagella Politica, gli uffici tecnici di Camera e Senato provvedono a leggere i testi delle petizioni, una volta depositate, correggendo eventuali errori dal punto di vista della forma e del linguaggio. Dopo le verifiche degli uffici, alla Camera e al Senato le petizioni sono annunciate in aula e sono assegnate alle commissioni competenti in materia, che possono decidere se abbinarle a uno o più progetti di legge in esame o approvare una risoluzione con cui invitare il governo a intervenire sulla questione sollevata dalla petizione.

Non esiste comunque nessun obbligo da parte del Parlamento di prendere in considerazione ed esaminare le petizioni: come vedremo più avanti, questo non è un problema da poco.
La Camera e il Senato raccolgono tutte le petizioni presentate dai cittadini in un elenco pubblicato sui loro siti ufficiali, dove per ogni petizione è indicata la commissione a cui è stata assegnata. Durante l’attuale legislatura, sono state presentate 874 petizioni alla Camera e 1.105 al Senato, per un totale di 1.979 petizioni. Sui siti istituzionali di Camera e Senato non ci sono però dettagli sul percorso parlamentare di ciascuna petizione, né il testo completo, ma solo un riassunto generico di che cosa chiede il documento. 

Secondo i dati forniti dalla Camera a Pagella Politica, tra le 874 petizioni presentate in questo ramo del Parlamento solo una è stata abbinata, e quindi esaminata, insieme a un progetto di legge. In questa petizione alcuni cittadini hanno chiesto al Parlamento di contrastare la pratica della “gestazione per altri” (con cui una donna porta avanti la gravidanza per altri genitori). Alla Camera la petizione contro la maternità surrogata è stata esaminata insieme alla proposta di legge per rendere la gestazione per altri un reato universale, ossia perseguibile anche per chi ne fa ricorso all’estero (in Italia questa pratica è già vietata da tempo). Il testo ha ottenuto il via libera della Camera a luglio dello scorso anno, ed è stato poi approvato dal Senato a ottobre di quest’anno, diventando legge a tutti gli effetti. 

Tutte le altre petizioni presentate in questa legislatura alla Camera devono ancora essere esaminate. Secondo i dati forniti dalla Camera, su 1003 petizioni presentate nella scorsa legislatura, quelle esaminate insieme a progetti di legge sono state 20 (circa il 2 per cento). Nella legislatura precedente sono state 14 su 1384 (l’1 per cento). 

Al Senato i numeri a disposizione sono ancora meno trasparenti, dato che in questo caso non esiste un resoconto delle petizioni esaminate in questa legislatura e in quelle più recenti. L’unico modo per risalire al numero di petizioni abbinate finora a disegni di legge è effettuare una ricerca nella banca dati del Senato, ricercando la parola “petizione” tra le schede tecniche dei vari provvedimenti e contando per ogni disegno di legge le petizioni abbinate. Secondo le verifiche di Pagella Politica, in questa legislatura le petizioni abbinate in Senato a disegni di legge sono al momento 34: il 3 per cento delle 1.105 finora depositate. 

Non è un caso che al Senato le petizioni abbinate siano di più rispetto a quelle abbinate alla Camera: tra le 34 petizioni esaminate al Senato, 25 sono state infatti abbinate al disegno di legge di riforma del Codice della strada, che è stato approvato definitivamente lo scorso 20 novembre.

Ricapitolando: tra Camera e Senato, in questa legislatura le petizioni finora abbinate a progetti di legge sono 35 in totale, meno del 2 per cento delle quasi duemila presentate nei due rami del Parlamento, che per la maggior parte rimangono di fatto inascoltate.

Il peso del governo sul Parlamento

Secondo alcuni esperti, la scarsa attenzione del Parlamento per le petizioni è dovuta al crescente peso del governo nella produzione delle leggi.

«Il fatto che le petizioni siano poco considerate non stupisce. Negli ultimi anni la Camera e il Senato si dedicano in buona parte alla conversione in legge dei decreti-legge o all’approvazione di disegni di legge del governo, e lo spazio per l’iniziativa parlamentare è pochissimo, figuriamoci per l’esame delle petizioni», ha detto a Pagella Politica Giuseppe Pisicchio, professore di Diritto pubblico comparato all’Università degli Studi internazionali di Roma, con una lunga carriera politica. 

Già esponente della Democrazia Cristiana, Pisicchio è stato eletto deputato per sette legislature consecutive, tra il 1987 e il 2018, ed è stato sottosegretario nei governi Amato e Ciampi. Il fenomeno descritto da Pisicchio, ossia la preponderanza dell’iniziativa legislativa del governo sul Parlamento, lo abbiamo raccontato e spiegato in diversi nostri approfondimenti in passato, ed è confermato dai dati più aggiornati. Secondo le verifiche di Pagella Politica, dall’inizio della legislatura il Parlamento ha approvato definitivamente 169 disegni di legge, di cui 126 di iniziativa del governo e 43 presentati da deputati e senatori. 

Tra quelli di iniziativa del governo, più della metà dei disegni di legge (68) è servito a convertire decreti-legge, atti con forza di legge approvati dal governo che dovrebbero essere usati solo in casi di necessità e urgenza. I decreti-legge entrano subito in vigore, ma devono essere convertiti in legge, anche con modifiche, dalla Camera e dal Senato entro 60 giorni dalla pubblicazione in Gazzetta ufficiale. Questi tempi ristretti comportano inevitabilmente una compressione dei tempi dei lavori delle camere, che per convertire in tempo i decreti-legge devono rimandare l’esame di altri disegni di legge, tra cui quelli dei parlamentari, e di conseguenza anche le petizioni.
L’ex sottosegretario di Stato Pino Pisicchio in occasione delle consultazioni con il presidente della Repubblica Sergio Mattarella, dicembre 2016 – Fonte: Ansa
L’ex sottosegretario di Stato Pino Pisicchio in occasione delle consultazioni con il presidente della Repubblica Sergio Mattarella, dicembre 2016 – Fonte: Ansa
Secondo Pisicchio, la scarsa considerazione per le petizioni dei cittadini in Parlamento non è un fatto nuovo, dato che lo stesso fenomeno avveniva anche durante la “prima Repubblica”, il periodo tra il 1948 e il 1992, concluso con la crisi dei partiti tradizionali e le inchieste giudiziarie di “Tangentopoli”. 

«Nella prima Repubblica però i partiti godevano ancora di una certa fiducia da parte dei cittadini, e ciò era dimostrato dall’alta affluenza alle elezioni. Le petizioni dunque avevano all’epoca un valore più che altro simbolico, perché i cittadini avevano fiducia nei partiti e questi si facevano portatori delle loro istanze», ha spiegato Pisicchio. «Oggi il fatto che le petizioni siano poco considerate è più grave, perché l’astensione elettorale è sempre più elevata, i cittadini si sentono sempre meno rappresentati dai partiti, e allo stesso tempo la politica non considera le richieste che le persone presentano al Parlamento», ha aggiunto l’ex parlamentare, che nonostante questo ha presentato alla Camera una petizione per chiedere la riforma della legge elettorale.

La petizione è stata assegnata alla Commissione Affari costituzionali e chiede, tra le altre cose, il ritorno in Italia di un sistema elettorale proporzionale «con soglie di sbarramento appropriate e con un premio di maggioranza». «Da politico navigato so che le petizioni hanno poca fortuna, ma da cittadino e accademico credo che per una giusta causa debbano essere tentate tutte le strade, anche quella delle petizioni», ha spiegato Pisicchio.

Il primatista

Alcuni cittadini hanno ottenuto comunque qualche risultato, facendo in modo che le loro petizioni fossero prese in considerazione e abbinate all’esame di diversi progetti di legge. 

È questo il caso di Francesco Di Pasquale, 75 anni di età, residente a Cancello e Arnone, un comune di circa 5 mila abitanti in provincia di Caserta, in Campania. Secondo le verifiche di Pagella Politica, Di Pasquale è il cittadino che ha depositato più petizioni nel corso di questa legislatura: più di un quarto delle petizioni finora presentate tra Camera e Senato (527 su 1.979). Di Pasquale ha presentato petizioni sulle materie più svariate, dall’ambiente alla sicurezza, dalle tasse al lavoro, e anche le cinque petizioni esaminate insieme al disegno di legge di riforma del Codice della strada sono opera sua. Queste cinque petizioni chiedevano di introdurre misure per prevenire gli incidenti stradali e norme più stringenti per la guida dei monopattini elettrici. 

La passione di Di Pasquale per le petizioni viene da lontano. «Faccio politica a livello locale da quando avevo 15 anni, quando mi sono iscritto per la prima volta a la Giovane Italia, l’organizzazione studentesca del Movimento Sociale Italiano e la mia passione è sempre stata quella di inviare lettere e petizioni alle istituzioni, ai singoli politici, anche di notte se capita», ha spiegato Di Pasquale a Pagella Politica. Il Movimento Sociale Italiano è il partito di ispirazione neofascista fondato dai reduci della repubblica sociale italiana nel 1946, da cui è nata poi Alleanza Nazionale nel 1995 e nel 2013 Fratelli d’Italia.

Nel 1975, proprio con il Movimento Sociale Italiano (MSI), Di Pasquale è diventato sindaco di Cancello e Arnone, incarico che ha mentenuto per circa due anni e mezzo, per poi dimettersi per questioni politiche. Di Pasquale ha comunque continuato il suo impegno politico a livello locale nel MSI, aderendo ad Alleanza Nazionale, al Popolo della Libertà e infine a Fratelli d’Italia, di cui dal 2013 è il responsabile politico a Cancello e Arnone. «Nella mia vita ho sempre cercato di portare le istanze dei cittadini all’attenzione della politica ai più alti livelli, e grazie alle migliaia di petizioni che ho presentato in questi anni ormai sono abbastanza conosciuto nei palazzi», ha raccontato Di Pasquale.
Francesco Di Pasquale all’ingresso del circolo di Fratelli d’Italia a Cancello e Arnone  – Fonte: Francesco Di Pasquale
Francesco Di Pasquale all’ingresso del circolo di Fratelli d’Italia a Cancello e Arnone – Fonte: Francesco Di Pasquale

L’importanze delle conoscenze

Secondo Di Pasquale, allo stato attuale è molto difficile per un cittadino qualsiasi far sì che una petizione sia ascoltata dal Parlamento e presa in considerazione. «Oltre alla costanza nel presentare le petizioni, servono inevitabilmente delle conoscenze e dei legami. Grazie al mio impegno politico conosco tanti politici a livello locale e diversi parlamentari di Fratelli d’Italia campani, tra cui i deputati Gerolamo Cangiano, Marco Cerreto e il sottosegretario Edmondo Cirielli. Loro spesso mi ascoltano e cercano di dare voce alle mie richieste, magari anche con delle interrogazioni parlamentari, ma per un cittadino che non ha conoscenze politiche e contatti è molto difficile sperare che la propria petizione sia presa in considerazione», ha aggiunto Di Pasquale. 

Al di là della scarsa attenzione da parte della politica, secondo alcuni il problema principale è che, per come sono le regole attuali, le petizioni non sono efficaci. «Le petizioni sono a oggi uno strumento molto debole proprio perché non c’è nessun obbligo di esaminarle da parte dei parlamentari. Se non ci sarà un rafforzamento, il rischio è che le petizioni siano in balia del lobbying, ossia della capacità di gruppi organizzati di portare avanti determinate petizioni grazie alle loro relazioni con i parlamentari», ha spiegato a Pagella Politica Lorenzo Mineo, responsabile delle iniziative sulla democrazia dell’Associazione Luca Coscioni, che si batte per la libertà di ricerca scientifica su vari temi, dal fine vita alla disabilità, dal diritto all’aborto alla cannabis terapeutica. 

Negli ultimi anni, attraverso diversi suoi rappresentanti, l’Associazione Coscioni ha presentato varie petizioni al Parlamento sui temi della sua attività, ma nessuna ha avuto fortuna. «Alcune di queste sono state lette in aula, altre nelle commissioni competenti, ma oltre non si è andato», ha confermato Mineo.

Più trasparenza ed efficacia

Le petizioni sono uno strumento di democrazia diretta presente anche in altri Stati europei, compreso il Parlamento europeo. E proprio il Parlamento europeo ha adottato per l’esame delle petizioni dei cittadini un sistema per certi versi più trasparente ed efficiente rispetto al Parlamento italiano. 

Il diritto dei cittadini europei di presentare petizioni è previsto dagli articoli 20, 24 e 227 del trattato sul funzionamento dell’Unione europea (TFUE) e dall’articolo 44 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea. Tutti i cittadini dell’Ue possono presentare petizioni al Parlamento europeo per chiedere l’intervento delle istituzioni europee sulle questioni riguardanti la comunità europea. A differenza che in Italia, a livello europeo le petizioni sono esaminate da una commissione specifica, ossia la Commissione per le petizioni, di cui fanno parte 35 parlamentari europei secondo i rapporti di forza tra i gruppi politici del Parlamento europeo. 

Fonti del Parlamento europeo hanno spiegato a Pagella Politica che, dopo l’esame preliminare degli uffici tecnici, una petizione viene discussa tra i membri della Commissione per le petizioni, che convocano i cittadini che hanno presentato la petizione per un’audizione per spiegare le loro ragioni. A seguire, viene convocato un rappresentante della Commissione europea competente per materia per spiegare che cosa ha fatto finora la Commissione Ue sull’argomento che affronta la petizione. Successivamente, ogni gruppo politico della Commissione per le petizioni esprime il proprio parere sulla petizione e alla fine viene data la risposta sulla base del parere prevalente. 

Le risposte a una petizione possono essere diverse. Per esempio, la Commissione per le petizioni potrebbe decidere di concludere l’esame della petizione stabilendo che i vertici europei hanno dato risposte sufficienti alle richieste dei cittadini. Al contrario, la Commissione potrebbe tenere aperto l’esame della petizione chiedendo ulteriori approfondimenti agli uffici tecnici del Parlamento europeo o promuovendo un’indagine specifica nello stato membro dei cittadini che hanno presentato la petizione.

A livello europeo, le petizioni possono anche spingere il Parlamento europeo ad approvare risoluzioni per invitare gli Stati a intervenire e a prendere posizione su questioni specifiche. Questo è avvenuto per esempio il 12 luglio 2023, quando il Parlamento europeo ha approvato una risoluzione che invitava il Consiglio europeo ad approvare l’ingresso di Romania e Bulgaria nella cosiddetta “area Schengen”, ossia l’area di libero scambio senza controlli alle frontiere terrestre e marittime che comprende tutti i Paesi dell’Unione europea, tranne per l’appunto Romania e Bulgaria. La risoluzione è nata proprio da due petizioni di cittadini romeni, una del 2023 e una del 2015, che lamentavano di essere discriminati da anni per il fatto di dover subire controlli alle frontiere in uscita dalla Romania verso altri Paesi Ue. In particolare, le petizioni contestavano la posizione dell’Austria che per anni all’interno del Consiglio dell’Unione europea ha posto il veto contro l’ingresso di Romania e Bulgaria nell’area Schengen. 

Dopo l’approvazione della risoluzione, a dicembre 2023 l’Austria ha dato il via libera ad accogliere i due Paesi nell’area Schengen, eliminando i controlli aerei e marittimi ma mantenendo quelli terrestri. Un anno dopo, il 12 dicembre 2024, l’Austria ha espresso parere favorevole all’eliminazione pure dei controlli terrestri dal 1° gennaio 2025. In passato l’Austria si era sempre opposta all’ingresso di Romania e Bulgaria nell’area Schengen perché temeva che da questi Paesi, riducendo i controlli alle frontiere, sarebbero entrati più migranti.
Un incontro dei membri della Commissione per le petizioni del Parlamento europeo con un gruppo di presentatori di petizioni in Bulgaria, febbraio 2020 – Fonte: Profilo X Commissione per le petizioni Ue
Un incontro dei membri della Commissione per le petizioni del Parlamento europeo con un gruppo di presentatori di petizioni in Bulgaria, febbraio 2020 – Fonte: Profilo X Commissione per le petizioni Ue
Insomma, al contrario che in Italia, a livello europeo le petizioni sono prese in considerazione e possono avere un peso nelle scelte dei vertici comunitari. Tra l’altro, ogni anno la Commissione per le petizioni elabora poi un report sulla propria attività e sulle petizioni esaminate. L’ultimo report della Commissione per le petizioni è stato pubblicato a luglio del 2023 e i dati si riferiscono all’anno 2022. Secondo questo report, nel 2022 sono state presentate al Parlamento europeo 1.217 petizioni. Quelle di cui è stato concluso l’esame sono 890 (il 73 per cento), mentre quelle per cui l’esame è ancora in corso sono 327 (27 per cento). L’anno prima, nel 2021, la Commissione per le petizioni del Parlamento europeo aveva esaminato invece 1.392 petizioni, concludendo l’esame di 1.118 richieste (80 per cento) e lasciandone aperte 274 (19 per cento). 

Il report aggiornato al 2023 non è ancora stato pubblicato ma, secondo quanto comunicato da fonti del Parlamento europeo a Pagella Politica, sarà approvato nelle prossime settimane. Il ritardo è dovuto al fatto che a giugno si sono tenute le elezioni europee e anche la Commissione per le petizioni è stata rinnovata nella sua composizione.

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