Tutti i partiti che hanno difeso e votato il Superbonus

Salvo rare eccezioni, il bonus edilizio e la cessione dei crediti d’imposta hanno trovato il sostegno di tutte le forze politiche, da sinistra a destra
ANSA/ANGELO CARCONI
ANSA/ANGELO CARCONI
Il governo Meloni ha iniziato a lavorare alla stesura della legge di Bilancio per il 2024, che secondo fonti stampa introdurrà nuove restrizioni al Superbonus e agli altri bonus edilizi. Il costo di queste misure è stato infatti più alto rispetto alle attese, generando anche truffe miliardarie. A maggio, in un’audizione alla Camera, il direttore generale del Ministero dell’Economia e delle Finanze Giovanni Spalletta aveva dichiarato che all’epoca gli oneri per lo Stato relativi al Superbonus e al bonus “Facciate” erano superiori di 45 miliardi di euro alle stime iniziali. Secondo il Corriere della Sera oggi gli oneri sarebbero addirittura arrivati vicini agli 80 miliardi di euro in più rispetto alle previsioni originarie.

Al di là del giudizio che si ha sui bonus edilizi e sui loro benefici, è innegabile che il Superbonus e gli altri incentivi fiscali simili hanno avuto, e avranno ancora, un peso enorme sulle casse dello Stato. Ma quali sono stati i partiti che in Parlamento hanno difeso queste misure e che, quindi, sono responsabili del loro impatto sui conti pubblici?

Salvo rare eccezioni, negli anni il Superbonus e il sistema della cessione dei crediti d’imposta ha trovato il sostegno di tutte le forze politiche, da sinistra a destra.

Il volo per il decreto “Rilancio”

Facciamo un salto indietro nel tempo di quasi tre anni e mezzo. A maggio 2020 il secondo governo Conte ha presentato in Parlamento il cosiddetto “decreto Rilancio”, pensato – come suggerisce il nome – per rilanciare l’economia italiana duramente colpita dalla pandemia di Covid-19. L’articolo 119 e l’articolo 121, modificati nel corso dell’esame della Camera, contenevano il Superbonus 110 per cento e l’estensione della cessione dei crediti d’imposta a quasi tutti i bonus edilizi. Negli anni successivi questi articoli sono stati modificati sia dal governo Draghi sia dal governo Meloni nel tentativo di arginare l’aumento dei costi dei bonus.

Il decreto “Rilancio” è stato convertito in legge a luglio 2020 dal Parlamento. Sia alla Camera sia al Senato il provvedimento ha ricevuto i voti favorevoli dei partiti che sostenevano il secondo governo Conte: il Movimento 5 Stelle, il Partito Democratico e Italia Viva. A questi si aggiungevano i parlamentari di Liberi e Uguali, una lista elettorale di cui faceva parte, tra gli altri, Sinistra Italiana. 

Durante le dichiarazioni di voto alla Camera il deputato del Movimento 5 Stelle Davide Crippa aveva dichiarato che il Superbonus 110 per cento rappresentava «con grande orgoglio» il suo partito. «Questo vuol dire la cessione del credito, cioè che la signora Maria, la tanto amata signora Maria, per riqualificare energeticamente il proprio edificio non dovrà tirar fuori un euro», aveva detto Crippa in aula. In questi anni il Movimento 5 Stelle è stato il partito che più di tutti ha difeso il Superbonus 110 per cento e il sistema della cessione dei crediti d’imposta, spesso però gonfiando l’impatto che hanno avuto sulla ripresa economica. Nel programma elettorale in vista del voto del 25 settembre 2022 il Movimento 5 Stelle aveva proposto di “copiare” il sistema della cessione dei crediti per altri settori, per esempio per gli investimenti in agricoltura e nella transizione ecologica.

Durante il secondo governo Conte il ministro dell’Economia e delle Finanze era Roberto Gualtieri, esponente del Partito Democratico, i cui parlamentari avevano votato a favore del provvedimento. A febbraio 2023 Gualtieri è tornato a parlare del Superbonus 110 per cento, dichiarando a Il Sole 24 Ore che è stata una «misura anticiclica straordinaria, utile in una fase economica eccezionale». «Il problema non è lo strumento come era stato originariamente concepito, ma le successive proroghe e gli allargamenti della platea che sono stati alla base dello sforamento rispetto alle risorse stanziate», ha sostenuto l’attuale sindaco di Roma.

Nel 2020 in Parlamento votarono contro il decreto “Rilancio” i partiti di opposizione: Lega, Forza Italia e Fratelli d’Italia. Ma questo non significa che fossero contrari al Superbonus, come vedremo meglio tra poco.  

La questione è invece più sfumata per Azione e Più Europa. Tra maggio e luglio 2020 Azione non aveva né deputati né senatori. Due anni dopo, a febbraio 2022, il leader del partito Carlo Calenda ha criticato Matteo Renzi perché Italia Viva aveva votato a favore del Superbonus, accusandolo di avere lo stesso «inaccettabile atteggiamento» del Movimento 5 Stelle. Pochi mesi dopo, alle elezioni di settembre 2022, Azione e Italia Viva si sono presentate alleate, mentre l’obiettivo di formare un unico partito è tramontato ad aprile 2023 per le divisioni tra i due leader.
Durante l’esame del decreto “Rilancio” Più Europa, che era all’opposizione, aveva solo un deputato e una senatrice: Riccardo Magi, attuale segretario del partito, non partecipò al voto, mentre Emma Bonino votò contro. 

La difesa di Lega, Forza Italia e Fratelli d’Italia

Come anticipato, anche i partiti di centrodestra hanno difeso nel tempo il Superbonus, chiedendone la proroga e l’ampliamento della platea dei beneficiari. 

Partiamo da Forza Italia, il partito ora guidato da Antonio Tajani dopo la morte di Silvio Berlusconi. Dal 2021 in poi Forza Italia, entrata a far parte del governo di Mario Draghi, ha più volte chiesto la «proroga del Superbonus 110 per cento a tutto il 2023, esteso a tutti gli edifici e alle persone giuridiche». «Forza Italia, come movimento politico liberale e impegnato sul rilancio della crescita economica del Paese, ritiene centrale il tema dell’edilizia e il settore delle costruzioni, considerando virtuoso l’utilizzo della leva fiscale attraverso detrazioni e incentivi strutturali», si legge in un documento consegnato ad aprile 2021 da Tajani a Draghi, da due mesi presidente del Consiglio. A novembre 2022, dopo che la presidente del Consiglio Giorgia Meloni ha annunciato la riduzione al 90 per cento del Superbonus, Forza Italia ha subito detto che avrebbe chiesto di posticipare la riduzione delle agevolazioni.

Negli ultimi due anni anche la Lega di Matteo Salvini si è spesso schierata dalla parte del Superbonus, per esempio come avvenuto alla fine del 2021. All’epoca il disegno di legge di Bilancio per il 2022 presentato in Parlamento dal governo Draghi, sostenuto dalla Lega, aveva proposto di limitare il Superbonus ai proprietari delle villette unifamiliari con un Isee inferiore ai 25 mila euro. I partiti che sostenevano il governo non avevano visto di buon occhio questa proposta, che tra l’altro faceva riferimento solo ai proprietari di prime case, e all’inizio del percorso di approvazione in Parlamento si era valutato, secondo fonti stampa, di alzare la soglia a 40 mila euro. Durante l’esame in Senato il tetto era stato poi cancellato. E tra i favorevoli all’eliminazione del vincolo c’era proprio Salvini. «Niente tetto Isee per il Superbonus. L’avevamo promesso, l’abbiamo fatto: dalle parole ai fatti», aveva esultato su Twitter il 21 dicembre Salvini. Pochi giorni prima, il 17 dicembre 2021, lo stesso leader della Lega aveva presentato la proposta di ridurre dal 110 per cento all’80 per cento il Superbonus, ma per tutti, «senza limiti Isee».

Poche settimane dopo, ospite a Rtl 102.5, Salvini ha poi definito il Superbonus una misura «assolutamente efficace», dichiarando che il suo partito stava lavorando per «rinnovarlo, aumentando la possibilità della cessione del credito». «Bloccare la cessione del credito significa bloccare l’edilizia», aveva dichiarato il leader della Lega.
Nonostante queste parole, il blocco della cessione dei crediti d’imposta è stato introdotto a febbraio 2023 dal governo Meloni. Vari esponenti di Fratelli d’Italia, partito che è stato sempre all’opposizione in Parlamento, hanno comunque in passato difeso il Superbonus. Gli esempi non mancano. «Occorre attivare subito una cabina di regia della misura che operi con tempestività per semplificarla, interfacciandosi con amministrazioni locali e imprese, disporre una proroga vera, almeno fino al 2025 ed estendere il novero dei beneficiari alle attività commerciali e turistiche, altrimenti la transizione ecologica resterà solo uno slogan», ha dichiarato ad aprile 2021 Monica Ciaburro, deputata di Fratelli d’Italia rieletta anche nell’attuale legislatura. A febbraio 2022 l’allora vicepresidente della Camera e deputato di Fratelli d’Italia Fabio Rampelli ha criticato le novità introdotte dal governo Draghi sul Superbonus e la cessione dei crediti, dichiarando: «Tra i pochi disonesti che hanno lucrato sul 110, ci sono migliaia di aziende che invece hanno ricominciato a lavorare onestamente grazie al bonus».

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