Alle europee ogni Stato vota a modo suo

Dalle preferenze alle soglie di sbarramento, al voto di giugno ci sono differenze tra i sistemi elettorali dei vari Paesi
Un elettore spagnolo al voto per le elezioni europee 2019 – Fonte: Ansa
Un elettore spagnolo al voto per le elezioni europee 2019 – Fonte: Ansa
Le elezioni per rinnovare il Parlamento europeo si terranno nei 27 Stati membri dell’Unione europea dal 6 al 9 giugno. I cittadini olandesi saranno i primi ad andare a votare (6 giugno), seguiti da quelli irlandesi (7 giugno) e via via poi dagli altri. In Italia si voterà sabato 8 e domenica 9 giugno: il nostro Paese, insieme alla Repubblica Ceca, è l’unico dove si potrà andare alle urne due giorni invece che uno.

In quattro Paesi è obbligatorio per legge andare a votare: in Belgio, Lussemburgo, Bulgaria e Grecia. E, guarda caso, storicamente il Belgio e il Lussemburgo sono i due Paesi dove l’affluenza è stata più alta: qui non è mai scesa sotto l’84 per cento ed è arrivata a picchi del 92 per cento.
I giorni in cui si andrà a votare non sono l’unica differenza tra gli Stati europei nel sistema elettorale per le elezioni europee. In tutti i Paesi si voterà con una legge elettorale di tipo proporzionale e il mandato di tutti i parlamentari europei durerà cinque anni. Ma al netto delle cose in comune, ci sono vari aspetti che rendono uniche le elezioni in ciascuno stato membro.

Quanti parlamentari europei sono eletti

Nel complesso, alle elezioni europee potranno votare circa 360 milioni di persone, di cui oltre 47 milioni in Italia. Saranno eletti 720 parlamentari europei, che sono assegnati ai singoli Stati membri in base alla loro popolazione. Qui è adottato il principio della cosiddetta “proporzionalità decrescente”: gli Stati più popolosi ottengono più seggi in valori assoluti rispetto agli Stati meno popolosi, ma il rapporto tra il numero di abitanti e il numero di parlamentari europei eletti diminuisce con l’aumentare della popolazione. 

In concreto, gli Stati meno popolosi hanno un numero di seggi al Parlamento europeo per abitante più alto rispetto agli Stati più popolosi.
I Paesi che eleggono più parlamentari europei sono Germania (96), Francia (81), Italia (76) e Spagna (61), mentre quelli che ne eleggono di meno sono Malta, Lussemburgo e Cipro, con sei parlamentari ciascuno. Questi tre Paesi sono comunque quelli con un rapporto più alto tra numero di parlamentari eletti e abitanti: Malta ha un parlamentare europeo ogni 90 mila abitanti, il Lussemburgo uno ogni 110 mila e Cipro uno ogni 153 mila. Per avere un ordine di confronto, la Germania ha un deputato ogni 879 mila abitanti, la Francia ogni 840 mila, la Spagna ogni 788 mila e l’Italia ogni 774 mila.

La soglia di sbarramento non c’è ovunque

In Italia un partito deve ottenere almeno il 4 per cento dei voti a livello nazionale per poter eleggere parlamentari europei. Questa percentuale è chiamata “soglia di sbarramento” ed è presente con lo stesso valore anche in Austria e in Svezia. In totale 14 Stati su 27 hanno una soglia di sbarramento con percentuali variabili: la soglia più alta, fissata al 5 per cento, è applicata in nove Paesi (Francia, Lettonia, Lituania, Polonia, Repubblica Ceca, Romania, Slovacchia, Ungheria e Bulgaria), mentre la soglia più bassa (1,8 per cento) è in vigore a Cipro.
In passato anche la Germania aveva una soglia di sbarramento, ma nel 2014 è stata dichiarata incostituzionale dalla Corte costituzionale tedesca. Da quest’anno la presenza di una soglia di sbarramento è stata raccomandata dal Consiglio dell’Unione europea per gli Stati che eleggono almeno 35 deputati, con un valore tra il 2 e il 5 per cento. Nei sistemi elettorali le soglie di sbarramento si usano per cercare di ridurre la frammentazione politica, in particolar modo nei Paesi che eleggono più parlamentari.

Anche sulle preferenze ci sono differenze 

La possibilità per gli elettori di indicare una o più preferenze su chi eleggere al Parlamento europeo è prevista in 19 Stati su 27, dunque nella maggioranza. Oltre all’Italia, le preferenze sono previste in Austria, Belgio, Paesi Bassi e Polonia. Le preferenze non sono previste invece in sei Stati membri, tra cui Francia, Spagna e Germania: qui la lista dei candidati è “chiusa” e non si viene eletti in base al numero delle preferenze prese.

Malta e Irlanda adottano il sistema del cosiddetto “voto singolo trasferibile”: qui l’elettore non vota per un solo partito ma può sceglierne diversi, indicando un ordine di preferenza, dal più gradito al meno gradito.
Ci sono poi differenze ancora più tecniche, che riguardano per esempio il numero di circoscrizioni in cui è suddiviso alle elezioni il territorio di un Paese. Alle elezioni europee l’Italia ha cinque circoscrizioni elettorali, che hanno un ruolo nella distribuzione dei seggi, mentre 23 Stati Ue hanno un’unica circoscrizione nazionale. 

Oltre al nostro, altri tre Paesi hanno suddiviso il proprio territorio in più circoscrizioni: il Belgio (tre circoscrizioni), l’Irlanda (tre), la Polonia (13). La Germania, pur presentando liste diverse di candidati in ogni Stato federato (Länder), ripartisce i seggi su base nazionale. Ci sono anche differenze sull’età minima in cui una persona può candidarsi al Parlamento europeo. In Italia l’età minima per candidarsi è 25 anni, così come in Grecia. In altri 15 Paesi, tra cui Francia, Spagna e Germania, l’età minima è invece di 18 anni. In nove Paesi l’età minima è 21 anni, mentre in Romania è 23 anni. 

Come funziona il voto all’estero

Gli italiani all’estero hanno diversi modi per votare alle elezioni europee, ma bisogna distinguere tra chi vive in uno Stato membro dell’Unione europea e chi no. Per votare, chi non vive nell’Ue deve tornare in Italia e andare nell’ultimo comune in cui è stato residente. Chi vive invece in un altro Stato membro dell’Ue può recarsi nei seggi istituiti nei consolati italiani (luogo e data vengono comunicati via posta) o scegliere di votare per le elezioni nello Stato in cui si vive (quindi con i partiti di quel Paese) e non per quelle che si tengono in Italia. In questo caso non è permesso il voto in entrambi i Paesi. Anche chi ha la doppia cittadinanza deve scegliere un solo Paese dove votare. 

La maggioranza dei Paesi europei (18 su 27), tra cui Spagna e Francia, prevede la possibilità di votare nei consolati o ambasciate; 14 Paesi, tra cui Germania e Paesi Bassi, prevedono il voto per posta; il cosiddetto “voto per procura”, in cui un cittadino è delegato a votare per un altro, è permesso solo in Belgio, Francia e Paesi Bassi, mentre il voto online c’è solo in Estonia. Non è possibile il voto all’estero in Repubblica Ceca, Irlanda, Malta e Slovacchia, mentre in Italia e Bulgaria è concesso di votare dall’estero solo se ci si trova in un Paese dell’Ue.

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