La mezza giravolta di Calenda sul referendum sulla cittadinanza

Mesi fa era contrario sia allo strumento sia alla proposta, su cui ora invece è favorevole
ANSA/ALESSANDRO DI MARCO
ANSA/ALESSANDRO DI MARCO
Prima contrario, «nel merito» e «nel metodo». Poi favorevole, almeno in parte. In pochi mesi, il segretario di Azione Carlo Calenda ha cambiato idea sul referendum abrogativo sulla cittadinanza, in programma l’8 e 9 giugno insieme ad altri quattro referendum sul lavoro. Il quesito propone di dimezzare – da dieci a cinque anni – il periodo di residenza legale in Italia richiesto a un cittadino adulto di un Paese extra-Ue per poter richiedere la cittadinanza italiana.

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Il 29 aprile scorso, in chiusura di un’intervista alla trasmissione Omnibus su La7, Calenda ha chiarito (min. -1:21) la posizione del suo partito sul tema. «Noi siamo contrari all’uso dello strumento referendario così, perché l’abbiamo distrutto. Però, se un referendum viene indetto, è dovere civico andare a votare. Siamo contrari ai quattro referendum sul lavoro, li troviamo totalmente populisti», ha detto il leader di Azione. «Invece siamo favorevoli al fatto di diminuire il tempo per dare la cittadinanza, da dieci a cinque anni, a chi è immigrato regolare, ovviamente, in Italia. Quindi, una persona che sta in Italia da cinque anni, che ha pagato le tasse, che si mette da parte la pensione, che fa tutto quello che deve fare, può avere la cittadinanza così la integri di più». Alla domanda secca se fosse a favore del referendum sulla cittadinanza, Calenda ha risposto: «Sì».

L’anno scorso, però, quando i promotori del referendum avevano raccolto le 500 mila firme necessarie per presentare il quesito (perlopiù online, tramite il portale del Ministero della Giustizia), la posizione di Calenda era diversa. Il 25 settembre 2024, a margine di un evento al Senato, aveva detto di avere «una visione differente su due punti» rispetto al referendum. «Primo di metodo: ho paura che tutti questi referendum, dove le firme si raccolgono perché sono elettroniche immediatamente, finiscano per portare la gente a non andare a votare ai referendum», aveva dichiarato, aggiungendo: «E la seconda cosa è che nel merito penso che uno è cittadino italiano quando conosce la cultura del Paese». «La cittadinanza è una cosa delicata perché ha a che fare con l’identità italiana, che va conosciuta. E penso che se più cittadini italiani arrivano e si sentono italiani, è positivo. Ma deve seguire un percorso scolastico», aveva concluso Calenda. 
In Parlamento, Azione aveva cercato una strada diversa per intervenire sul tema della cittadinanza. A fine agosto 2024, il partito aveva presentato un emendamento alla Camera per modificare il disegno di legge “Sicurezza” e introdurre una forma di ius scholae. La proposta prevedeva che un minore straniero nato in Italia potesse ottenere la cittadinanza dopo aver frequentato per almeno dieci anni la scuola nel nostro Paese, completando le elementari e assolvendo l’obbligo scolastico. Un requisito più severo rispetto a quello previsto dal programma elettorale di Azione del 2022. L’emendamento è stato poi bocciato dai partiti di maggioranza.
Insomma, Calenda inizialmente si opponeva al referendum, sia per le modalità sia per il contenuto. Oggi, pur mantenendo le critiche allo strumento, sostiene la proposta. Una posizione condivisa da altri esponenti del suo partito.

«Noi siamo contrari al metodo del referendum, perché se le persone non andranno a votare e il risultato non sarà valido, temiamo abbia come effetto collaterale quello di delegittimare ogni tentativo futuro di modificare la legge sulla cittadinanza», ha detto a Pagella Politica la deputata di Azione Giulia Pastorella. «Avremmo preferito intervenire sulla legge sulla cittadinanza con un’iniziativa parlamentare. Ma visto che al momento l’unica possibilità è il referendum, lo sosteniamo nella speranza di poter iniziare a cambiare qualcosa».  

Anche il deputato Antonio D’Alessio ha confermato a Pagella Politica i dubbi del suo partito rispetto allo strumento del referendum. «Noi siamo favorevoli al quesito: l’importante è che rimangano invariati requisiti come la conoscenza della lingua italiana», ha dichiarato D’Alessio. «Per noi l’aspetto della conoscenza della cultura italiana è fondamentale, come ha detto Calenda nei mesi scorsi. Ovvio, non siamo quelli che vogliono fare di questo referendum la loro bandiera, ma non siamo nemmeno contrari».
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