A Meloni non è chiaro il ruolo del presidente degli Stati Uniti

La presidente del Consiglio ha detto che le «competenze» della Commissione Ue sono più di quelle di Trump, ma il paragone non ha molto senso

 
ANSA/ FILIPPO ATTILI
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Il 18 marzo, durante le comunicazioni in Senato in vista del Consiglio europeo, la presidente del Consiglio Giorgia Meloni ha ribadito uno dei suoi punti fermi sull’Unione europea. «L’Ue dovrebbe occuparsi di meno materie e di quelle di cui gli Stati nazionali non possono occuparsi da soli», ha dichiarato Meloni. A sostegno della sua tesi, ha aggiunto: «Se andassimo a verificare, ci accorgeremmo che le competenze della Commissione europea sono maggiori di quelle del presidente degli Stati Uniti d’America, che ha otto competenze di massima».

Abbiamo raccolto l’invito della presidente del Consiglio e, al di là della legittima opinione sul ruolo che dovrebbe avere l’Ue, abbiamo verificato la correttezza della seconda parte della sua affermazione. In breve: gli Stati Uniti e l’Ue sono istituzioni molto diverse, e alcuni esperti ci hanno confermato che il confronto fatto da Meloni è una forzatura, per vari motivi.

Sistemi diversi

Il ruolo e i poteri del presidente degli Stati Uniti sono molto diversi da quelli della Commissione Ue, e più in generale da quelli delle istituzioni europee.

Innanzitutto, gli Stati Uniti sono uno Stato federale, l’Unione europea è una confederazione di Stati: questa prima distinzione ha ricadute profonde nella gestione del potere. «C’è una una differenza ontologica, esistenziale, fra un sistema e l’altro», ha spiegato a Pagella Politica Andrea Rovagnati, professore di Diritto anglo-americano all’Università Statale di Milano. 

Uno Stato federale è uno Stato unico, ma formato da territori autonomi, come i Länder in Germania o i cantoni in Svizzera. Gli Stati federati possiedono governi locali con precise competenze proprie, ma sono subordinati a un governo centrale dotato di poteri esclusivi su materie come la politica estera, la difesa e la moneta. A livello internazionale, è solo lo Stato federale (e non anche i suoi Stati federati) a ricevere il riconoscimento degli altri Stati sovrani. Lo Stato federale ha il potere quindi di intrattenere relazioni internazionali in rappresentanza di tutti gli stati federati. Per esempio, negli Stati Uniti è il governo federale che partecipa alle principali organizzazioni internazionali, come la NATO o il G7, non i singoli Stati federati, come la California o il Texas.

Una confederazione, invece, è un’unione tra Stati sovrani indipendenti che decidono liberamente di cooperare sulla base di trattati internazionali. Nel caso dell’Italia, l’articolo 11 della Costituzione prevede che il nostro Paese «consente, in condizioni di parità con gli altri Stati, alle limitazioni di sovranità necessarie a un ordinamento che assicuri la pace e la giustizia fra le nazioni» e «promuove e favorisce le organizzazioni internazionali rivolte a tale scopo». 

In parole semplici, la confederazione è un’alleanza tra Stati sovrani per perseguire scopi comuni. La cooperazione riguarda però solo alcuni ambiti specifici, mentre ciascuno Stato mantiene la propria autonomia sulla maggior parte delle questioni. In questo caso, il governo comune della confederazione ha poteri limitati, definiti dagli accordi internazionali, che possono essere modificati o revocati in qualsiasi momento. «Certo, la confederazione e l’Ue in particolare sono una cosa un po’ a mezza strada», ha spiegato a Pagella Politica Rino Casella, professore di Diritto pubblico comparato all’Università di Pisa, ma rimangono differenze sostanziali rispetto agli Stati federali, come appunto gli Stati Uniti. «L’Ue ha degli elementi federali perché abbiamo un passaporto, abbiamo una moneta, abbiamo la tutela diplomatica, la cittadinanza, però non è assolutamente un sistema di tipo federale. La sovranità degli Stati è rimasta inalterata», ha aggiunto Casella. Questo rende l’ordinamento statunitense e quello europeo «assolutamente non paragonabili». 

«La differenza è data dal fatto che quello degli Stati Uniti non è un sistema integrato soltanto giuridicamente, ma anche dal punto di vista politico. Nell’Ue, invece, gli Stati membri rivendicano la propria sovranità, senza attribuire una supremazia a un superiore Stato europeo», ha sottolineato Rovagnati. Basti pensare che la stessa Ue riconosce ai Paesi membri la possibilità di uscire dall’unione, come accaduto nel caso del Regno Unito nel 2016 con la Brexit.
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Il ruolo del presidente Usa

In secondo luogo, gli Stati Uniti sono una repubblica presidenziale: questo significa che un ruolo centrale nella gestione del potere è riconosciuto al presidente, che nel tempo ha accresciuto la sua influenza. La Costituzione degli Stati Uniti è stata scritta nel 1787, ma nei decenni successivi si sono aggiunte alcune prassi istituzionali che hanno ampliato le competenze del presidente.

Al presidente spetta il potere esecutivo, in quanto capo del governo federale. «Il primo articolo della Costituzione statunitense (qui il testo, ndr) attribuisce al governo centrale una serie di poteri, che riguardano la politica estera civile e militare ma anche la politica interna, principalmente per la realizzazione di un grande mercato di merci, persone e capitale, come diremmo oggi», ha proseguito Rovagnati. «Questa Costituzione nei decenni successivi è stata interpretata, applicata, e si è trasformata, prevalentemente in modo informale». Così, «lo Stato centrale si è visto riconoscere delle competenze molto più ampie, pressoché illimitate dal punto di vista giuridico, includendo aspetti legati ai servizi alle persone, all’ambito sociale e via dicendo».

Il solo governo centrale, però, non è in grado di garantire l’attuazione di questi programmi su tutto il territorio statunitense e per tutti i suoi abitanti. «Il modo in cui lo fa è stanziando finanziamenti e chiedendo ai vari Stati federati di erogare servizi attraverso un meccanismo che si chiama Grant in aid. Il governo ha bisogno degli apparati amministrativi dei vari Stati per rendere efficaci le proprie politiche, ma non può obbligarli a eseguire gli ordini», ha spiegato Rovagnati. Questo è il motivo per cui il consenso nei vari Stati federati è cruciale per la buona riuscita delle politiche presidenziali. 

Oltre a rappresentare il potere esecutivo, il governo centrale – e quindi il presidente – dà anche l’indirizzo politico e finanzia questi progetti, sebbene non siano competenze che la Costituzione gli attribuisce espressamente. «È una prassi iniziata dal presidente Franklin Delano Roosevelt con il New Deal, il suo piano per risollevare il Paese durante la Grande Depressione. Visto che il piano era pensato per affrontare una grave crisi economica, la Corte Suprema avallò la prassi, che da allora si è imposta», ha concluso Rovagnati.

In pratica, la competenza del presidente degli Stati Uniti è generale, riguarda varie materie e, in astratto, tutti i problemi e gli interessi dei cittadini statunitensi. Una competenza tanto vasta non si può riassumere con un elenco preciso, come ha lasciato intendere Meloni nel suo discorso in Senato. In ogni caso, le competenze del presidente degli Stati Uniti sono molto più estese di quanto possano esserlo quelle della Commissione Ue.

E la Commissione Ue? 

I poteri e le competenze dell’Ue derivano dal Trattato sull’Unione europea (TUE) e dal Trattato sul funzionamento dell’Unione europea (TFUE). In generale, le istituzioni europee fondano i loro poteri sul “principio di attribuzione” stabilito nell’articolo 5 del TUE, in base al quale l’Ue può agire «esclusivamente nei limiti delle competenze che le sono attribuite dagli Stati membri nei trattati». Queste competenze si dividono in esclusive, condivise e di supporto, coordinamento o completamento. 

Le competenze esclusive sono le uniche in cui solo l’Ue può legiferare e adottare atti vincolanti (mentre gli Stati membri possono intervenire solo se autorizzati) e riguardano la politica monetaria, le regole su concorrenza e mercato interno, l’unione doganale e la politica commerciale comune. 

Le competenze condivise con i Paesi membri sono quelle in cui sia l’Ue che i singoli Stati possono intervenire: è il caso di settori come ambiente, trasporti, energia e agricoltura. 

Le competenze di supporto, coordinamento o completamento non prevedono invece interventi legislativi vincolanti da parte dell’Ue, ma le consentono di affiancare – con raccomandazioni, linee guida e finanziamenti, ma non atti vincolanti – le politiche nazionali, come avviene nei settori della sanità, dell’istruzione, della cultura e del turismo.  

Il TUE, infine, attribuisce all’Ue e alla Commissione europea la competenza di definire e attuare una politica estera e di sicurezza comune, compresa la progressiva definizione di una politica di difesa comune, proprio nelle ultime settimane oggetto di grandi dibattiti.

Nei limiti di queste competenze, la Commissione Ue – attualmente guidata da Ursula von der Leyen – ha il compito di tutelare l’interesse generale dell’Ue, e di garantire che le leggi europee siano rispettate e applicate correttamente in tutti gli Stati membri. Per questo, la Commissione Ue è spesso definita anche la “custode dei Trattati”, perché è l’unico organo preposto a tutelare l’interesse dell’Ue (anche quando questo va contro i singoli interessi nazionali). 

Il Parlamento europeo rappresenta invece tutti i cittadini degli Stati membri (che eleggono i suoi membri tramite le elezioni), mentre nel Consiglio europeo siedono i capi di Stato e di governo, con l’obiettivo di rappresentare i vari interessi nazionali. 

«Se Meloni vuole fare una critica deve farla al Consiglio europeo, nel quale siede. Sono le politiche che vengono decise dal Consiglio europeo che fanno poi la differenza. La commissione gestisce queste politiche, assegna finanziamenti e ha un suo indirizzo, ma è una cosa completamente diversa: non è comparabile», ha ripreso Casella.

Alla Commissione spetta soprattutto il potere di iniziativa legislativa: può proporre nuove norme che saranno poi discusse e approvate dal Parlamento europeo e dal Consiglio dell’Ue, in cui siedono i ministri degli Stati membri in base alla loro materia di competenza, e che è titolare del processo legislativo con il Parlamento Ue. Inoltre, la Commissione definisce le priorità di spesa dell’Ue, prepara il bilancio annuale e controlla che i fondi europei vengano utilizzati in modo corretto. Sul piano internazionale, la Commissione agisce in rappresentanza dell’Unione, negoziando accordi con Paesi terzi e intervenendo in ambiti come la politica commerciale e gli aiuti umanitari. Ma quindi su che cosa si basa l’affermazione di Meloni in Parlamento?

Competenze o poteri

Non è chiaro che cosa intenda la presidente del Consiglio quando parla di «competenze» del presidente degli Stati Uniti, che secondo lei sono otto. Di una simile lista di competenze del presidente statunitense, infatti, non sembra esserci traccia. «Studio gli Stati Uniti da anni e non ho mai trovato uno schema che parli di otto competenze per il presidente», ha detto Casella. 

Meloni potrebbe aver confuso le competenze con i poteri che la Costituzione statunitense attribuisce specificamente alla figura del presidente. All’articolo 2, infatti, la Costituzione statunitense stabilisce una serie di poteri e doveri del presidente, tra cui il potere esecutivo, l’essere comandante in capo alle forze armate, il potere di grazia, poteri diplomatici o di effettuare nomine. Ma i conti non tornerebbero comunque. 

«Nella Costituzione americana non ci sono “otto competenze” per indicare i poteri, ruolo o attribuzioni del presidente degli Stati Uniti. Bisognerebbe chiedere a Meloni che cosa intendesse, ma certamente non si può fare un profilo dei poteri presidenziali soltanto sulla base della mera numerazione, che sarebbe difficilissimo», ha aggiunto Casella. «Mi sembra una battuta di retorica politica senza gran fondamento, di cui anche la stessa Meloni non era del tutto convinta».

Come abbiamo visto, infatti, la competenza del presidente degli Stati Uniti è generale e i suoi poteri sono aumentati nel tempo, grazie a delle prassi istituzionali che si sono imposte negli anni e che hanno finito per attribuirgli anche ampi poteri di indirizzo politico. Al contrario le competenze dell’Ue sono delimitate dai trattati, «ma anche in questo caso non è che le competenze sono solo quelle enumerate», ha detto Rovagnati. 

In linea generale, ha aggiunto il professore, «la capacità di incidere sull’organizzazione della vita e nell’ordinamento giuridico dell’Ue è sicuramente inferiore: l’affermazione della presidente del Consiglio secondo cui la Commissione Ue ha delle competenze molto più estese di quelle che sono riconosciute al presidente degli Stati Uniti è un’affermazione che non rispecchia la verità delle cose». 

Se così fosse, ha concluso Casella, «sarebbe paradossale, visto che tra le principali critiche che vengono rivolte all’Ue c’è proprio quella di non avere un governo centrale e federale», che possa agire in maniera unitaria e in tempi rapidi sulla scena internazionale.

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