Manifesto di Ventotene: che cosa non torna nella lettura di Meloni

La presidente del Consiglio ha citato alla Camera alcune frasi del documento, suscitando le critiche dei partiti all’opposizione
Ansa
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Il 19 marzo, durante le comunicazioni alla Camera di Giorgia Meloni in vista del Consiglio europeo, ci sono stati alcuni momenti di tensione tra la presidente del Consiglio e alcuni deputati dei partiti all’opposizione. 

Meloni è intervenuta in aula e, al termine della sua replica, ha detto di non avere del tutto chiara «l’idea di Europa» sostenuta dai partiti all’opposizione. «Nella manifestazione che è stata fatta sabato a Piazza del Popolo, e anche in quest’aula, è stato richiamato da moltissimi il Manifesto di Ventotene. Ora, io spero che queste persone non abbiano mai letto il Manifesto di Ventotene, perché l’alternativa sarebbe spaventosa», ha detto Meloni, facendo riferimento alla manifestazione a sostegno dell’Unione europea tenutasi Roma il 15 marzo.

A seguire, la presidente del Consiglio ha citato alcuni passaggi contenuti nel Manifesto di Ventotene, alludendo al fatto che le idee di questo documento non siano democratiche. «Cito: “La rivoluzione europea per rispondere alle nostre esigenze dovrà essere socialista”. E fin qui vabbè. “La proprietà privata dovrà essere abolita, limitata, corretta, estesa per caso, non dogmaticamente caso per caso”», ha detto Meloni, riprendendo alcune parti del documento, aggiungendo: «Non so se questa è la vostra europa, ma certamente non è la mia».
Le parole di Meloni sul Manifesto di Ventotene hanno suscitato la reazione dei partiti di opposizione, che hanno protestato contro la presidente del Consiglio. Il presidente della Camera Lorenzo Fontana è stato costretto a interrompere la seduta due volte, rinviando il voto finale sulle risoluzioni in vista del Consiglio europeo.

«Voler delegittimare gli autori, unanimemente riconosciuti come i fondatori morali dell’Europa, grazie ai quali Giorgia Meloni può sedere in Parlamento come presidente del consiglio, è stata un’operazione inaccettabile», ha commentato il segretario di Sinistra Italiana Nicola Fratoianni, deputato di Alleanza Verdi-Sinistra. «Non è accettabile fare la caricatura degli uomini protagonisti del Manifesto di Ventotene, lei presidente Meloni siede in questo Parlamento anche grazie a loro, questo è un luogo sacro della democrazia e noi siamo qui grazie a quei visionari che erano confinati politici. Vergona! Vergogna! Vergogna!», ha detto in aula, con una certa enfasi, il deputato del Partito Democratico Federico Fornaro. 

Un’Europa «libera e unita»

Il Manifesto di Ventotene, il cui titolo completo è Il Manifesto per un’Europa libera e unita, è un documento scritto da Altiero Spinelli ed Ernesto Rossi nel 1941 quando erano confinati a Ventotene, un’isola del Mar Tirreno che oggi fa parte della provincia di Latina. Spinelli e Rossi erano due noti antifascisti che durante il periodo della dittatura fascista scontarono oltre dieci anni di carcere a causa della loro opposizione al regime. Dopo essere stati detenuti in diverse carceri italiane, i due furono confinati entrambi a Ventotene, dove si incontrarono e iniziarono a collaborare politicamente.

Il principale frutto di questa collaborazione è, appunto, il Manifesto di Ventotene, pubblicato per la prima volta nel 1944 in un’edizione clandestina a cura di Eugenio Colorni, anche lui confinato per un periodo sull’isola. Il testo completo del manifesto è scaricabile sul sito del Senato ed è diviso in tre parti: la prima è dedicata alla crisi della civiltà moderna e ai conflitti tra le nazioni (il documento è stato scritto nel pieno della Seconda guerra mondiale); la seconda parte è intitolata “Compiti del dopo guerra – L’unità europea” ed esprime la necessità, secondo gli autori, di un’azione politica per realizzare al più presto una Federazione europea che superasse i confini e l’autorità nazionale; la terza e ultima parte riguarda “La riforma della società”, intesa come un «potenziamento della civiltà» contro la disuguaglianza e i privilegi sociali dell’«era totalitaria». 

In generale, le istituzioni italiane ed europee considerano il Manifesto di Ventotene come uno dei «testi fondatori» dell’odierna Unione europea, per la sua capacità di individuare in anticipo la necessità di superare il concetto di Stato nazionale per unirsi in un’Europa di tipo federale. Proprio per la stesura del manifesto, oggi Altiero Spinelli è annoverato dalla stessa Ue tra i “Pionieri dell’Ue”.

Nonostante i riconoscimenti, però, in questi giorni e anche in passato più di una voce ha espresso dubbi sul fatto di considerare il Manifesto di Ventotene come un modello per l’Europa del futuro, soprattutto a causa della sua presunta matrice socialista e rivoluzionaria.

Le critiche al Manifesto

Di recente, il dibattito sul Manifesto di Ventotene è iniziato a partire dall’11 marzo, quando il quotidiano la Repubblica, principale organizzatore e sponsor della manifestazione del 15 marzo, ha allegato una copia omaggio del manifesto all’edizione giornaliera del quotidiano, sottintendendo quindi una certa continuità tra quanto scritto da Spinelli e Rossi e la manifestazione di Piazza del Popolo a Roma, a cui hanno partecipato principalmente le forze progressiste ed europeiste del centrosinistra.

Nei giorni successivi all’iniziativa di Repubblica, diverse testate e commentatori politici hanno criticato alcune parti del Manifesto di Ventotene. Con tutta probabilità, nel suo discorso Meloni ha fatto riferimento a un articolo pubblicato lo scorso 17 marzo da Il Giornale dal titolo: «Il manifesto europeista? Contro la proprietà privata». L’articolo riprende alcune frasi contenute nel manifesto di Spinelli e Rossi, affermando in sostanza che gli ideali dietro a questo documento non fossero del tutto democratici. 

Tutte le frasi citate da Meloni sono effettivamente contenute nel Manifesto di Ventotene, da quella sulla necessità di una «rivoluzione socialista» in Europa al discorso sulla proprietà privata da limitare. Il giorno precedente sul sito del giornalista di Mediaset, Nicola Porro, è stato pubblicato un articolo secondo cui «il Manifesto di Ventotene disegna un’Europa molto, molto simile all’Urss» e che in generale il testo «conserva passaggi orribili per un liberale», mentre per affaritaliani il documento del 1941 «non è un inno alla democrazia».

Frasi decontestualizzate

Secondo gli esperti, però, i riferimenti alla rivoluzione socialista, al superamento degli Stati nazionali e all’abolizione della proprietà privata vanno inseriti nel contesto storico in cui il Manifesto di Ventotene è stato scritto. 

«Il Manifesto di Ventotene nasce in una fase in cui c’era una volontà di riscattarsi rispetto alla dittatura nazifascista», ha detto a Pagella Politica Marco Cuzzi, professore associato di storia contemporanea all’Università degli Studi di Milano. «È ovvio che il documento, come tutti i documenti, risente dei tempi e dei periodi storici in cui sono stati redatti. Non dobbiamo mai attaccarci a nessun documento come un dogma». 

Anche Paolo Pombeni, professore emerito di Storia dei sistemi politici europei all’Università di Bologna, ha spiegato a Pagella Politica che «come sempre, ciascun documento è figlio di una storia». Nel 1941, quando il manifesto è stato scritto, secondo Pombeni c’era un sentire comune che pensava che «il futuro fosse il socialismo: poi c’erano diversi tipi di socialismo, autoritario, liberale, comunista. Lo stesso Alcide De Gasperi, democristiano, immaginava una socializzazione della società, che certo non era il socialismo di Palmiro Togliatti, comunista, ma era comunque il segno di un sentimento comune dopo il totalitarismo».

Che il Manifesto di Ventotene non sia un testo eversivo o rivoluzionario per gli storici lo si evince anche dalla personalità e dalla storia politica dei suoi autori. «Spinelli era la persona più lontana dall’idea di creare uno stato stalinista o sovietico, per non parlare dei suoi amici Rossi e Colorni», ha aggiunto Cuzzi. «Parliamo di socialriformisti, liberalsocialisti. Tutta gente che sotto i regimi comunisti sarebbe finita tranquillamente in galera o peggio». 

Il documento quindi andrebbe considerato principalmente per la sua capacità di trattare per la prima volta di temi come l’Europa unita piuttosto che per un suo progetto di rivoluzione socialista. «Dal punto di vista della visione europea, il richiamo storico al Manifesto di Ventotene è d’obbligo e non si può non considerarlo uno dei documenti di riferimento dell’Europa di oggi», ha concluso Cuzzi.

«Prendere alla lettera il manifesto di Ventotene, come fa Meloni, e alludere che sia un programma per l’oggi è ridicolo», ha affermato Pombeni. «Tengo però a precisare che sarebbe importante anche per chi si oppone a Meloni di non prendere a sua volta il Manifesto di Ventotene come la “Bibbia”, altrimenti diventa un feticcio e si perde di vista il contesto in cui è stato scritto». Entrambi gli studiosi quindi concordano nel considerare il testo di Spinelli e Rossi come uno dei simboli dell’Unione europea, ma i suoi obiettivi programmatici devono essere inseriti nel giusto contesto storico e non possono essere presi alla lettera come programma dell’Ue del futuro. «Sarebbe come prendere il Capitale di Marx adesso e pensare che possa essere applicato all’economia attuale», ha concluso Pombeni.

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