Meloni gonfia i risultati raggiunti in un anno di governo

La presidente del Consiglio sostiene ci sia stata un’«inversione di rotta» rispetto al passato, ma i numeri e i fatti mostrano uno scenario diverso
Pagella Politica
Il 22 ottobre la presidente del Consiglio Giorgia Meloni ha elencato in un video sui social network alcuni dei risultati raggiunti dal suo governo, insediatosi esattamente un anno fa. «In un solo anno stiamo invertendo la rotta», si legge nel filmato pubblicato da Meloni, che ha scritto: «Molti sono stati i traguardi raggiunti, molti altri ne arriveranno».

Dall’economia al mondo del lavoro, dal Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr) alla lotta alla criminalità, nel video la presidente del Consiglio ha esagerato quanto fatto in questi primi 12 mesi alla guida del Paese.

Il calo della disoccupazione

«Disoccupazione mai così bassa dal 2009»

È vero: secondo i dati più aggiornati di Istat, ad agosto il tasso di disoccupazione è stato pari al 7,3 per cento, la percentuale più bassa da gennaio 2009. Con il governo Meloni, però, non c’è stata un’«inversione di rotta»: il tasso di disoccupazione è infatti in calo dall’inizio del 2021.
Grafico 1. L’andamento del tasso di disoccupazione in Italia, 2018-2023 – Fonte: Istat
Grafico 1. L’andamento del tasso di disoccupazione in Italia, 2018-2023 – Fonte: Istat

L’aumento degli occupati

«Boom di assunzioni: +523 mila occupati in un anno. Record di italiani al lavoro»

Secondo Istat, ad agosto in Italia c’erano quasi 23,6 milioni di occupati, 523 mila in più rispetto ad agosto 2022: è il numero più alto dal 2004, da quando sono disponibili i dati mensili. 

Qui sono necessarie almeno due osservazioni. La prima: questo aumento non è stato registrato solo durante il governo Meloni. Tra agosto e ottobre 2022, periodo considerato dai dati appena visti, alla guida del Paese c’era il governo Draghi. In più, come per il tasso di disoccupazione, la dinamica di crescita del numero di occupati è in corso da inizio 2021. Anche qui, dunque, non c’è stata una vera e propria «inversione di rotta».
Grafico 2. L’andamento del numero di occupati in Italia, 2018-2023 – Fonte: Istat
Grafico 2. L’andamento del numero di occupati in Italia, 2018-2023 – Fonte: Istat
La seconda osservazione: è impreciso far coincidere il numero dei nuovi “occupati” con quello delle “assunzioni”. La prima categoria è più ampia della seconda: l’Istat considera come “occupato” chi ha tra i 15 e gli 89 anni e chi nella settimana in cui sono stati raccolti i dati ha dichiarato di aver svolto almeno un’ora di lavoro retribuita. Rientrano tra gli occupati anche i lavoratori in ferie, in maternità o paternità, e quelli temporaneamente assenti per un periodo inferiore ai tre mesi.

La lotta alla criminalità

«Arrestati più di mille mafiosi negli ultimi mesi»

È vero che tra il 1° ottobre 2022 e il 18 luglio 2023 le operazioni contro la criminalità organizzata di tipo mafioso hanno portato all’arresto di 1.376 persone. Ma l’arresto in queste operazioni non coincide, ovviamente, con una condanna definitiva con l’aggravante dell’associazione mafiosa. In più questi dati sono in linea con quelli registrati in passato.

Il taglio del cuneo fiscale

«Aiuti concreti per milioni di famiglie: più soldi in busta paga grazie al taglio del cuneo fiscale»

È vero che il governo Meloni è intervenuto per aumentare i soldi nelle buste paga dei lavoratori. Ma lo ha fatto proseguendo la strada iniziata dai suoi predecessori, non invertendone la rotta.

Il cosiddetto “cuneo fiscale” è la differenza tra il salario lordo e quello netto percepito in busta paga e comprende varie voci, come le imposte sul lavoro e i contributi previdenziali, che sono a carico del lavoratore e del datore di lavoro. Con il decreto “Lavoro” il governo Meloni ha aumentato temporaneamente di 4 punti percentuali, per i mesi tra luglio e dicembre di quest’anno, il taglio dei contributi previdenziali già stabilito con la legge di Bilancio per il 2023. Quest’ultima a sua volta aveva rifinanziato per il 2023 il taglio del 2 per cento introdotto temporaneamente nel 2022 dal governo Draghi per i redditi fino a 35 mila euro, che arrivava al 3 per cento per chi guadagna fino a 25 mila euro l’anno. Nella seconda metà del 2023, grazie al decreto “Lavoro”, il taglio per queste due fasce di reddito è salito rispettivamente al 6 per cento e al 7 per cento. 

Il governo ha annunciato che il taglio del cuneo fiscale sarà rinnovato temporaneamente anche nel 2024 con la prossima legge di Bilancio. Nel 2024 il governo interverrà anche sull’Irpef, portando da quattro a tre il numero di scaglioni. Il governo Draghi li aveva già ridotti da cinque a quattro, ma in via definitiva, con la legge di Bilancio per il 2022.

L’eliminazione del “bonus cultura”

«Cultura per tutti: “Carta cultura giovani” e “Carta del merito”»

La legge di Bilancio per il 2023 ha sostituito (art. 1, comma 630) il cosiddetto “bonus cultura”, introdotto dal governo Renzi, con la “Carta della cultura Giovani” e la “Carta del merito”, due bonus cumulabili da 500 euro l’uno. Entrambe le carte sono destinate ai neo diciottenni, con alcuni limiti: la prima va ai giovani con 18 anni di età che fanno parte di famiglie con un Isee inferiore ai 35 mila euro, la seconda a quelli che si sono diplomati con il massimo dei voti. 

Il video di Meloni non dice però una cosa importante, ossia che dopo quasi un anno entrambe queste carte non sono ancora entrate in vigore.

I ritardi sul Pnrr

«Pnrr: procede senza ritardi l’attuazione degli obiettivi e dei traguardi del piano. Al sicuro i fondi per rilanciare l’Italia»

Come abbiamo spiegato in varie analisi, e come monitoriamo ogni due settimane nella nostra newsletter dedicata al Pnrr, non è vero che nell’ultimo anno non ci sono stati ritardi nell’attuazione del Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr). 

Il governo ha chiesto alla Commissione europea l’erogazione dei 19 miliardi di euro della terza rata alla fine dello scorso anno, dicendo che gli obiettivi fissati per il secondo semestre del 2022 erano stati tutti raggiunti. Dopo mesi di trattative con l’Ue, la terza rata è stata erogata il 9 ottobre, oltre nove mesi dopo, ma mezzo miliardo di euro è stato spostato sull’erogazione della quarta rata, quella da 16 miliardi di euro legata al raggiungimento degli obiettivi fissati per i primi sei mesi del 2023. La quarta rata è stata chiesta dall’Italia a settembre e ora è in fase di valutazione da parte dell’Ue.

Tra gli investimenti che hanno accumulato ritardi, iniziati già con il governo Draghi, c’è quello per la realizzazione dei nuovi asili nido. Nella sua proposta di revisione del Pnrr, inviata alla Commissione Ue ad agosto, il governo ha detto che stanzierà ulteriori 900 milioni di euro per raggiungere gli impegni presi con l’Ue. Nella stessa proposta il governo ha dichiarato che entro il 2026 non potranno essere portate a termine nove misure, per un valore pari a quasi 16 miliardi di euro: il piano dell’esecutivo è quello di definanziare questi interventi dal Pnrr e di finanziarli con altre fonti, al momento non ancora decise ufficialmente. Sulla proposta di revisione del Pnrr stanno infatti procedendo le trattative con l’autorità europea.

Nella Nota di aggiornamento al documento di economia e finanza (Nadef) il governo ha anche ammesso che, come già avvenuto con il governo Draghi, l’Italia sta spendendo meno soldi del previsto tra quelli erogati per il piano. Le nuove previsioni di spesa, in attesa della fine delle trattative sulla proposta di revisione del Pnrr, saranno pubblicate nel Documento di economia e finanza (Def) del 2024.

Il divieto contro la carne coltivata

«Rilancio del Made in Italy: stop al cibo sintetico»

A luglio il Senato ha approvato un disegno di legge, presentato dal governo ad aprile, che tra le altre cose introduce il divieto di produrre e commerciare la cosiddetta “carne coltivata”, chiamata impropriamente “carne sintetica”: questa carne è infatti prodotta a partire dalle cellule staminali di animali vivi. Ora il testo è all’esame della Camera. In ogni caso, al momento la commercializzazione della carne coltivata non è ancora permessa nell’Unione europea, e dunque nemmeno in Italia.

Dal video pubblicato da Meloni sembra che lo «stop al cibo sintetico» sia un traguardo già raggiunto, ma non è così: manca la definitiva approvazione del Parlamento. 

Come ha spiegato di recente Il Foglio, poi, il governo Meloni ha ritirato la notifica inviata alla Commissione europea con cui la informava del percorso per introdurre il divieto di commerciare e produrre carne coltivata. Queste notifiche servono alla Commissione Ue per valutare eventuali osservazioni da fare agli Stati membri che rischiano di introdurre provvedimenti contrari alle norme europee. In questo caso il rischio sarebbe quello di «ostacolare la libera circolazione delle merci», nel caso in cui in futuro il commercio di carne coltivata nell’Ue fosse consentito. A Il Foglio il Ministero dell’Agricoltura ha confermato che la notifica sarà rinviata all’Ue dopo l’approvazione del disegno di legge alla Camera, con il rischio concreto di incorrere in una procedura d’infrazione.

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