«Siamo tornati alle percentuali che prendevamo con Umberto Bossi, ma senza l’ideale che ci guidava all’epoca e senza il nostro popolo». Così Francesco Tranossi, ex segretario della sezione della Lega a Scorzè, comune di ventimila abitanti in provincia di Venezia, riassume la situazione in Veneto del suo partito, o meglio: del suo ex partito. Dopo una militanza di quasi trent’anni, prima nella Lega Nord guidata da Bossi e poi nella Lega di Matteo Salvini, a giugno di quest’anno Tranossi è stato ufficialmente espulso dal partito.
Alle elezioni comunali dell’8 e 9 giugno, insieme a una parte dei militanti della sezione locale della Lega, Tranossi non ha sostenuto a Scorzè il candidato sindaco del centrodestra Giovanni Battista Mestriner, esponente di Fratelli d’Italia e «imposto», secondo Tranossi, dai vertici provinciali della Lega in virtù di accordi elettorali. «Se un tempo le decisioni venivano prese consultando le sezioni locali, ora nella Lega le decisioni arrivano dall’alto e non c’è quasi mai la possibilità di discuterle. Altrimenti sei fuori», ha aggiunto a Pagella Politica l’ex segretario leghista, che alle elezioni comunali ha appoggiato la ricandidatura della sindaca leghista uscente Nais Marcon, sostenuta da due liste civiche e sconfitta da Mestriner al ballottaggio con circa 400 voti di scarto. Nonostante la vittoria del centrodestra unito, alle elezioni di Scorzè la lista della Lega ha raccolto meno del 4 per cento dei voti e ha eletto un solo consigliere comunale. Cinque anni prima la lista del partito di Salvini aveva raggiunto il 26 per cento.
Il caso di Scorzè non è isolato: è uno dei tanti esempi del malcontento che da anni si è diffuso dentro la Lega in Veneto, dove il partito di Salvini ha sempre avuto una delle roccaforti elettorali. Qui la Lega ha preso il 31 per cento dei voti alle elezioni politiche del 2018, una percentuale quasi doppia rispetto a quella ottenuta a livello nazionale. Alle elezioni politiche successive, quelle del 25 settembre 2022, la Lega ha dimezzato i voti rispetto a quattro anni prima, scendendo al 14 per cento a livello regionale, doppiata da Fratelli d’Italia che ha sfiorato il 33 per cento. Lo stesso copione si è ripetuto alle ultime europee: a giugno 2024 la Lega ha preso il 14 per cento dei voti in Veneto, perdendo circa un milione di voti rispetto a quelli ottenuti alle europee del 2019, quando aveva sfiorato il 50 per cento dei consensi.
Ma a che cosa è dovuto questo crollo elettorale della Lega nella regione che più di tutte, nella sua storia, è stato il principale bacino elettorale? A domande sulla situazione attuale in Veneto i vertici della Lega non rispondono, mentre è più facile parlare con singoli amministratori locali o ex militanti usciti dal partito. «La maggior parte di noi sa che c’è una serie di questioni e di problemi, ma qui nessuno vuole parlare apertamente, a meno che non voglia mettersi fuori dalla Lega stessa», ha detto a Pagella Politica una fonte istituzionale del partito di Salvini, che ha preferito rimanere anonima.
Alle elezioni comunali dell’8 e 9 giugno, insieme a una parte dei militanti della sezione locale della Lega, Tranossi non ha sostenuto a Scorzè il candidato sindaco del centrodestra Giovanni Battista Mestriner, esponente di Fratelli d’Italia e «imposto», secondo Tranossi, dai vertici provinciali della Lega in virtù di accordi elettorali. «Se un tempo le decisioni venivano prese consultando le sezioni locali, ora nella Lega le decisioni arrivano dall’alto e non c’è quasi mai la possibilità di discuterle. Altrimenti sei fuori», ha aggiunto a Pagella Politica l’ex segretario leghista, che alle elezioni comunali ha appoggiato la ricandidatura della sindaca leghista uscente Nais Marcon, sostenuta da due liste civiche e sconfitta da Mestriner al ballottaggio con circa 400 voti di scarto. Nonostante la vittoria del centrodestra unito, alle elezioni di Scorzè la lista della Lega ha raccolto meno del 4 per cento dei voti e ha eletto un solo consigliere comunale. Cinque anni prima la lista del partito di Salvini aveva raggiunto il 26 per cento.
Il caso di Scorzè non è isolato: è uno dei tanti esempi del malcontento che da anni si è diffuso dentro la Lega in Veneto, dove il partito di Salvini ha sempre avuto una delle roccaforti elettorali. Qui la Lega ha preso il 31 per cento dei voti alle elezioni politiche del 2018, una percentuale quasi doppia rispetto a quella ottenuta a livello nazionale. Alle elezioni politiche successive, quelle del 25 settembre 2022, la Lega ha dimezzato i voti rispetto a quattro anni prima, scendendo al 14 per cento a livello regionale, doppiata da Fratelli d’Italia che ha sfiorato il 33 per cento. Lo stesso copione si è ripetuto alle ultime europee: a giugno 2024 la Lega ha preso il 14 per cento dei voti in Veneto, perdendo circa un milione di voti rispetto a quelli ottenuti alle europee del 2019, quando aveva sfiorato il 50 per cento dei consensi.
Ma a che cosa è dovuto questo crollo elettorale della Lega nella regione che più di tutte, nella sua storia, è stato il principale bacino elettorale? A domande sulla situazione attuale in Veneto i vertici della Lega non rispondono, mentre è più facile parlare con singoli amministratori locali o ex militanti usciti dal partito. «La maggior parte di noi sa che c’è una serie di questioni e di problemi, ma qui nessuno vuole parlare apertamente, a meno che non voglia mettersi fuori dalla Lega stessa», ha detto a Pagella Politica una fonte istituzionale del partito di Salvini, che ha preferito rimanere anonima.