Italia Viva copia Trump usando numeri sbagliati

Il partito di Renzi ha accusato il governo Meloni di aver fatto aumentare i prezzi dei beni alimentari, ma i dati sono fuorvianti
Pagella Politica
Il 1° ottobre Italia Viva ha pubblicato sui social network una grafica con alcuni dati per dimostrare che durante il governo Meloni i prezzi di vari beni alimentari, tra cui la carne, l’olio e il pane, sarebbero aumentati rispetto a quando c’era il governo Draghi. «Giorgia Meloni, quanto ci costi?», ha scritto il partito di Matteo Renzi, commentando i numeri. 
Poco dopo la pubblicazione dei post, alcune persone si sono accorte della forte somiglianza tra la grafica realizzata da Italia Viva e un paio di grafiche pubblicate la scorsa settimana su Instagram da Donald Trump, il candidato repubblicano alle elezioni presidenziali degli Stati Uniti, molto criticato da Renzi. In almeno due post, Trump ha raccolto alcuni numeri che, se presi per buoni, dimostrerebbero come siano diventati più costosi beni come le patate e il latte e servizi come i biglietti aerei durante la presidenza di Joe Biden, di cui è vicepresidente Kamala Harris, la candidata democratica alle elezioni presidenziali.
La somiglianza con lo stile di Trump non è il problema principale della grafica pubblicata da Italia Viva: i numeri contenuti nel post, infatti, non tornano, e così come non tornano le accuse contro il governo Meloni.

I dati dell’Osservatorio prezzi

Partiamo dai dati. Nella grafica pubblicata da Italia Viva si legge, tra le altre cose, che il costo di un chilogrammo di carne è passato da 20,18 euro durante il governo Draghi a 21,18 euro durante il governo Meloni; che il costo di un litro d’olio è salito da 5,32 euro a 9,74 euro; che il costo di un litro di latte da 1,50 euro a 2,04 euro; e così via per gli altri prodotti mostrati nella grafica: il pane, il tonno in scatola, la farina, il caffè e la passata di pomodoro. Come fonte dei numeri, Italia Viva ha indicato l’Osservatorio prezzi e tariffe del Ministero per le Imprese e il Made in Italy, che mensilmente raccoglie le variazioni dei prezzi di vari prodotti. 

I prezzi mensili dei “beni e servizi di largo consumo”, pubblicati dall’Osservatorio, sono disponibili per 65 province e non a livello nazionale: per ogni prodotto è indicato il prezzo minimo, quello massimo e la sua quotazione media. Si potrebbe ipotizzare che Italia Viva abbia fatto una media delle quotazioni medie di tutte le province per i prodotti indicati nella grafica, ma così non è. 

I prezzi indicati da Italia Viva sotto il governo Meloni, infatti, sono i prezzi relativi al mese di luglio 2024, ma solo per la provincia di Roma (tra l’altro, il prezzo indicato per un chilogrammo di passata di pomodoro è scorretto: Italia Viva ha scritto 3,33 euro, come per un chilogrammo di pane, in realtà è 1,88 euro). I prezzi indicati per il governo Draghi, invece, fanno riferimento ancora una volta solo a quelli della provincia di Roma, e non di tutta l’Italia, e sono relativi al mese di luglio 2022, quando è iniziata la crisi di governo che poi ha portato alle elezioni anticipate del 25 settembre. Crisi a parte, Draghi ha comunque governato fino al 22 ottobre 2022. 

Se si prendono i dati relativi a febbraio 2021, il mese in cui si è insediato il governo Draghi, i prezzi dei prodotti scelti da Italia Viva erano più bassi rispetto a quando Draghi ha ceduto il posto a Meloni. Se si confrontano questi prezzi con quelli di ottobre 2022, infatti, si scopre che la variazione è stata maggiore rispetto a quella registrata finora durante il governo Meloni.

Occhio ai confronti

Non è finita qui: il confronto fatto da Italia Viva tra governo Draghi e governo Meloni sta poco in piedi per un altro motivo.

Lo stesso Osservatorio prezzi e tariffe spiega sul suo sito che «tra una provincia e l’altra, così come tra un mese e l’altro nell’ambito della stessa provincia, le quotazioni (di prezzo) possono riferirsi, per il medesimo prodotto, a diverse combinazioni di varietà, marca e confezione». Per questo motivo «i confronti temporali possono essere effettuati correttamente solo utilizzando gli indici dei prezzi al consumo diffusi dall’Istat e dagli Uffici Comunali di Statistica, mentre le informazioni sui livelli dei prezzi possono fornire informazioni utili nell’ambito di uno specifico mese». 

L’Osservatorio aggiunge anche che queste ragioni «consigliano di non utilizzare i dati sui livelli dei prezzi diffusi nell’ambito dell’Osservatorio nazionale prezzi e tariffe per confronti fra le diverse città e i diversi mesi».

Le responsabilità dei governi

In ogni caso, al di là dei mesi considerati e al di là del fatto che i dati valgono solo per la provincia di Roma, resta un problema di fondo nella grafica di Italia Viva: attribuire al governo Meloni l’aumento dei prezzi di alcuni beni alimentari. 

Come mostrano i dati Istat, se si confrontano i governi Meloni e Draghi, in realtà i prezzi dei beni alimentari sono cresciuti soprattutto durante il governo Draghi, quando in generale c’è stato un forte aumento dell’inflazione, causato in particolare dell’aumento dei costi dell’energia. 

Durante il governo Meloni i prezzi hanno continuato a crescere, ma a un ritmo più lento, ma non per effetto di una qualche politica specifica (per esempio il “trimestre anti-inflazione” o il cartello con i prezzi medi ai distributori), come abbiamo spiegato in altri articoli e come ha ammesso lo stesso governo. Secondo i dati dell’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico (Ocse), a luglio l’Italia aveva l’inflazione più bassa tra i Paesi del G7 e, secondo Eurostat, l’inflazione italiana è tra le più basse tra i Paesi dell’Unione europea. A settembre i prezzi erano cresciuti nel nostro Paese dello 0,8 per cento rispetto a settembre 2023. Seguendo il ragionamento fuorviante di Italia Viva, il partito di Renzi dovrebbe attribuire al governo Meloni i meriti di questi risultati.

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