Anche il governo Meloni ingolfa il Parlamento con i decreti-legge

In pochi giorni le aule di Camera e Senato ne hanno discussi e approvati quattro, tra l’altro con due voti di fiducia. Nonostante le promesse l’esecutivo segue la strada dei suoi predecessori
ANSA
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Nei quattro giorni tra lunedì 20 e giovedì 23 febbraio il Parlamento è stato impegnato nella conversione in legge di una serie di decreti presentati nelle scorse settimane dal governo Meloni. Il 21 febbraio la Camera dei deputati ha approvato il decreto “Carburanti” che ora dovrà passare l’esame del Senato, mentre il 23 febbraio ha convertito in legge il decreto “Milleproroghe”. Lo stesso giorno il Senato ha convertito in legge il decreto “Ong”, mentre il giorno prima ha approvato il decreto “Ex Ilva”, trasmesso poi alla Camera.

Quando era all’opposizione la leader di Fratelli d’Italia Giorgia Meloni ha più volte criticato i governi che facevano ampio uso dei decreti-legge per introdurre provvedimenti di vario tipo. Una volta arrivata al governo Meloni ha seguito la stessa strada dei suoi predecessori. La Costituzione stabilisce che un governo può approvare un decreto-legge solo in casi di necessità e urgenza. Negli anni l’uso di questo strumento è stato sempre più abusato anche per approvare misure che non necessariamente rispettavano questo criterio.

Dai decreti-legge…

La strategia di affidarsi ai decreti-legge per governare, seguita nei primi quattro mesi di governo anche dall’esecutivo di Meloni, causa una serie di problemi per le attività del Parlamento. Se un governo presenta un numero elevato di decreti-legge, la Camera e il Senato devono concentrare i loro lavori, dagli esami in commissione fino al dibattito in aula, sulla loro conversione in legge. I decreti perdono infatti validità se non sono convertiti nei 60 giorni successivi alla loro pubblicazione in Gazzetta Ufficiale. Il tempo dedicato in maniera eccessiva all’esame dei decreti-legge comporta così una riduzione dello spazio che il Parlamento ha a disposizione per esaminare le proposte di legge presentate da deputati e senatori. Anche per questo motivo nella scorsa legislatura solo l’1 per cento delle proposte di legge presentate dai parlamentari è diventato legge.

In questa legislatura, iniziata il 13 ottobre 2022, il Parlamento ha approvato 13 leggi: 11 sono conversioni in legge di decreti-legge (dieci presentati dal governo Meloni e uno dal governo Draghi); una è la legge di Bilancio, presentata dal governo e approvata dal Parlamento alla fine di dicembre 2022; e una è la legge di iniziativa parlamentare per l’istituzione della Commissione d’inchiesta parlamentare sul femminicidio e su ogni forma di violenza di genere. Salvo sorprese, presto il numero delle leggi approvate salirà a 15 con la conversione in legge dei due decreti “Ex Ilva” e “Carburanti”.

In totale fino a oggi il governo Meloni ha presentato in Parlamento 16 decreti-legge: dieci sono stati convertiti in legge, due lo saranno presto e gli altri quattro o sono in corso di esame oppure sono decaduti o confluiti in altri provvedimenti. Per esempio alla Camera è iniziato l’esame del decreto-legge con cui il 16 febbraio il governo Meloni ha bloccato la cessione dei crediti d’imposta del Superbonus e di altri bonus edilizi. Una volta pubblicato in Gazzetta Ufficiale, inizierà in Parlamento anche l’esame del decreto-legge approvato nella serata di giovedì 23 febbraio con alcune misure per i rifugiati ucraini in Italia.

… alle questioni di fiducia…

Le votazioni tenute in Parlamento tra il 20 e il 23 febbraio confermano altre due dinamiche in corso ormai da tempo e che neppure il governo Meloni è riuscito a invertire nonostante le promesse. 

In primo luogo c’è il frequente ricorso alla questione di fiducia, un voto che riduce l’esame parlamentare di un provvedimento ed elimina la possibilità per le aule della Camera e del Senato di modificare il testo arrivato dalle commissioni parlamentari. Questa settimana il governo ha posto la questione di fiducia alla Camera sia sul decreto “Carburanti” il 20 febbraio, sia sul decreto “Milleproroghe” il 21 febbraio. Il numero di questioni di fiducia poste dal governo dal suo insediamento, avvenuto il 22 ottobre, è salito così a otto: sei alla Camera, dove tra l’altro i partiti che sostengono il governo hanno la maggioranza più ampia, e due al Senato. Sei questioni di fiducia hanno riguardato la conversione in legge di decreti, due la legge di Bilancio. 

Nel complesso stiamo parlando di una questione di fiducia posta in media ogni 13 giorni: un dato in linea con quello registrato dal secondo governo Conte e il terzo più alto tra gli ultimi nove governi, dietro solo ai governi tecnici di Mario Draghi e Mario Monti.

… passando per il “monocameralismo alternato”

In secondo luogo, anche nell’attuale legislatura si sta consolidando il fenomeno che prende il nome di “monocameralismo alternato” o “monocameralismo di fatto”. In base alla Costituzione, in Italia vige il bicameralismo: un testo per diventare legge deve essere approvato nella stessa versione sia dalla Camera sia dal Senato. Se una delle due camere modifica un provvedimento, il testo deve tornare all’esame dell’altra per essere approvato. Ma ormai da anni sono sempre più frequenti le leggi che di fatto vengono esaminate e modificate solo da una camera per poi essere approvate senza modifiche dall’altra camera.

Prendiamo il caso dei dieci decreti-legge presentati dal governo Meloni convertiti in legge fino a oggi dal Parlamento: quattro sono stati presentati alla Camera e convertiti in legge dal Senato, e sei sono stati presentati in Senato e convertiti in legge dalla Camera. In tutti i casi la prima camera che ha esaminato il testo ha apportato alcune modifiche, mentre la seconda è stata praticamente costretta ad approvare il testo così come le è stato trasmesso (ricordiamo che dopo 60 giorni un decreto, se non convertito, decade e spesso l’approvazione finale arriva a ridosso di questa scadenza). Discorso analogo vale per la legge di Bilancio per il 2023: l’esame del testo è iniziato il 1° dicembre alla Camera, che lo ha approvato il 24 dicembre, mentre il via libera definitivo del Senato è arrivato il 29 dicembre.

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