Il fact-checking di Elly Schlein a DiMartedì

Dal PNRR ai centri per migranti in Albania, abbiamo analizzato sei dichiarazioni della segretaria del PD
Pagella Politica
Il 10 dicembre la segretaria del Partito Democratico Elly Schlein è stata ospite a DiMartedì su La7. Dall’attuazione del Piano nazionale di ripresa e resilienza (PNRR) alla sanità, passando per la crescita dell’economia, abbiamo verificato sei dichiarazioni di Schlein per vedere quante sono supportate dai numeri e quante no.

La rinuncia alle cure

«Quattro milioni e mezzo di italiani non riescono a curarsi» (min. -2:06:56)

Il dato citato è corretto. Secondo ISTAT, nel 2023 circa 4,5 milioni di italiani hanno rinunciato a visite o accertamenti sanitari «per problemi economici, liste di attesa o difficoltà di accesso». Rispetto al 2022, si registra un aumento del 7 per cento. ISTAT ha spiegato che questo peggioramento è dovuto alle conseguenze dirette e indirette della pandemia di COVID-19. Tra i principali problemi emergono la difficoltà nel riorganizzare efficacemente l’assistenza sanitaria e l’aumento dell’inflazione, che ha limitato l’accesso ai servizi sanitari.

La spesa del PNRR

«Il 60 per cento della spesa [del Piano nazionale di ripresa e resilienza (PNRR), ndr] l’hanno spostata all’ultimo anno» (min. -2:06:22)

Su questo punto Schlein fa confusione, come già accaduto in passato. A settembre la Corte dei Conti europea ha scritto in un rapporto che 16 Stati dell’Unione europea prevedono di completare solo nel 2026 gli obiettivi dei loro piani nazionali di ripresa relativi ad almeno il 30 per cento dei propri investimenti. Questa percentuale raggiunge il 62 per cento nel caso del PNRR italiano. 

Questo non significa che l’Italia spenderà nel 2026 il 62 per cento delle risorse del PNRR, che vale oltre 194 miliardi di euro. La Corte fa riferimento agli obiettivi legati agli investimenti, che non vanno confusi con la spesa effettiva. Quest’ultima è stata riprogrammata con la revisione del piano concordata a fine 2023 tra il governo Meloni e l’UE. In origine, il piano prevedeva una spesa di 40,4 miliardi di euro nel 2026, cifra salita a 48,6 miliardi e destinata probabilmente ad aumentare ulteriormente. Questo è dovuto ai ritardi nell’avanzamento del piano rispetto alla tabella di marcia iniziale.

Il calo della produzione industriale

«In questo Paese la produzione industriale cala da 20 mesi» (min. -2:04:13)

Ogni mese, ISTAT pubblica i dati sulla produzione industriale italiana, escludendo il settore delle costruzioni. La dichiarazione di Schlein è corretta se si considera la variazione tendenziale, che misura il confronto con lo stesso mese dell’anno precedente. Secondo i dati più recenti, gennaio 2023 è stato l’ultimo mese di crescita della produzione industriale. I 21 mesi successivi hanno registrato variazioni tendenziali negative.

Guardando invece la variazione congiunturale, che misura il confronto con il mese precedente, il quadro è diverso. A ottobre 2024, per esempio, la produzione industriale è rimasta stabile rispetto a settembre, mentre l’ultimo aumento si è verificato a giugno (+0,5 per cento rispetto a maggio). Da gennaio 2023 undici mesi hanno registrato variazioni congiunturali negative.

Il costo dei centri in Albania

«Hanno appena buttato 800 milioni di euro per costruire questi centri inutili» (min. -1:57:35)

Al di là del giudizio politico sull’utilità dei centri realizzati dall’Italia in Albania per il trattenimento dei migranti, la dichiarazione di Schlein è imprecisa.

Non è vero che il governo ha già speso 800 milioni di euro. Come abbiamo chiarito in un precedente fact-checking, il costo complessivo per la realizzazione e gestione di questi centri è stimato in circa 680 milioni di euro, suddivisi tra il 2024 e il 2028. A oggi questi fondi non sono stati spesi interamente ma sono legati all’attuazione dell’accordo con l’Albania. Inoltre, la spesa effettiva è stata inferiore alle stime iniziali a causa dei ritardi nell’apertura dei centri, che finora di fatto non hanno accolto alcun migrante.

I lavoratori poveri in Italia

«Giorgia Meloni sta negando il salario minimo a 3 milioni e mezzo di lavoratori poveri in Italia» (min. 1:51:53)

È vero che il governo Meloni si oppone all’introduzione del salario minimo in Italia. Ma il dato dei 3,5 milioni di lavoratori poveri è accurato? Per capirlo, è necessario chiarire che cosa si intende con “povero”.

Secondo ISTAT, una persona vive in povertà assoluta quando non riesce a raggiungere una soglia di spesa mensile per beni e servizi essenziali, necessari per uno standard di vita accettabile. Questa soglia varia a seconda del luogo di residenza e della composizione familiare. Nel 2023, circa l’8 per cento degli occupati viveva in povertà assoluta, pari a 1,9 milioni di persone, meno dei 3,5 milioni citati da Schlein.

È probabile però che la segretaria del PD si riferisca alla “povertà lavorativa” (in-work poverty), un concetto usato da Eurostat. Un lavoratore è considerato in povertà lavorativa se: ha tra i 18 e i 64 anni; è occupato al momento della rilevazione; ha lavorato per almeno sette mesi nell’anno di riferimento; ha un reddito disponibile equivalente (un particolare tipo di reddito che tiene conto del numero di membri della famiglia) inferiore alla soglia di povertà relativa (un’altra misura con cui si calcola la povertà).

Secondo Eurostat, a seconda delle stime e dei parametri considerati, il numero dei lavoratori poveri in Italia varia tra 2,5 milioni e oltre 3 milioni, avvicinandosi ai 3,5 milioni indicati da Schlein.

Il PD alle elezioni regionali

«[Il centrosinistra] ha appena vinto le elezioni regionali in Umbria, in Emilia-Romagna, con due nuovi presidenti. Le ha vinte con distacco, con un Partito Democratico in crescita di 8-9 punti rispetto alle scorse regionali» (min. -1:50:48)

Schlein ha ragione. Le elezioni regionali in Emilia-Romagna e Umbria del 17 e 18 novembre sono state vinte rispettivamente dai candidati presidente Michele de Pascale e Stefania Proietti, entrambi sostenuti dal Partito Democratico, insieme al Movimento 5 Stelle, ad Alleanza Verdi-Sinistra e ad altre liste, con all’interno candidati di Azione, Italia Viva e Più Europa.

In Emilia-Romagna il PD ha preso il 42,9 per cento dei voti, 8,3 punti in più rispetto alle precedenti elezioni regionali del 2020 e 6,8 punti in più rispetto alle elezioni europee dello scorso giugno. In Umbria il PD ha ottenuto il 30,2 per cento, percentuale più alta di 5,4 punti rispetto alle elezioni europee e di 7,9 punti rispetto alle elezioni regionali del 2019.

SOSTIENI PAGELLA

Leggi ogni giorno la newsletter con le notizie più importanti sulla politica italiana. Ricevi le nostre guide eBook sui temi del momento.
ATTIVA LA PROVA GRATUITA
Newsletter

I Soldi dell’Europa

Il lunedì, ogni due settimane
Il lunedì, le cose da sapere sugli oltre 190 miliardi di euro che l’Unione europea darà all’Italia entro il 2026.

Ultimi articoli