Gli errori di Salvini sui condoni e l’evasione fiscale

I dati smentiscono il leader della Lega: chi ha debiti con il fisco può essere anche un evasore, e i condoni rischiano di incentivare chi non paga
ANSA/FABIO FRUSTACI
ANSA/FABIO FRUSTACI
Il 16 giugno, ospite a Non stop news su RTL 102.5, il segretario della Lega Matteo Salvini ha difeso (min. 10:46) la proposta del suo partito di approvare una nuova «pace fiscale», espressione già usata in passato per indicare un condono fiscale. 

Al momento è all’esame della Commissione Finanze del Senato un disegno di legge, firmato da vari senatori della Lega, che chiede di permettere ai contribuenti di estinguere i debiti con il fisco accumulati tra il 2000 e il 2023, pagando solo l’importo originario, senza sanzioni e interessi, in un massimo di 120 rate mensili, cioè in dieci anni. Questo è un condono fiscale a tutti gli effetti, dato che propone ai contribuenti non in regola con il fisco condizioni vantaggiose per regolare la propria posizione pagando solo una parte del dovuto. Una proposta uguale è stata presentata dalla Lega alla Camera. 

Durante l’intervista, a Salvini è stato chiesto se non pensa che un nuovo condono di questo tipo possa aggravare il problema dell’evasione fiscale in Italia. Il vicepresidente del Consiglio ha risposto di no, perché la misura «riguarda persone che hanno fatto la dichiarazione dei redditi» – e che quindi, a detta sua, non hanno evaso il fisco – e non «i maxi evasori». «Ricordo che l’evasione fiscale riguarda soprattutto i grandi gruppi, che hanno centinaia di milioni di arretrati, non riguarda chi ha una cartella arretrata di 2 mila euro o di 20 mila euro», ha aggiunto Salvini. 

La ricostruzione del leader della Lega contiene però varie imprecisioni: le cartelle fiscali non escludono gli evasori, i dati mostrano che l’evasione in Italia non è concentrata soprattutto nei grandi gruppi, e i condoni rischiano di indebolire l’efficacia del sistema fiscale, incentivando l’attesa di nuove sanatorie e riducendo la propensione a pagare le imposte.

I numeri sulle cartelle

Nell’introduzione che accompagna il disegno di legge, i deputati della Lega hanno giustificato l’approvazione di una nuova “rottamazione” delle cartelle esattoriali – così è chiamato il condono – per svuotare parte del cosiddetto “magazzino fiscale” in carico all’Agenzia delle Entrate. Questo magazzino raccoglie tutte le cartelle esattoriali accumulate nel tempo, cioè i debiti fiscali che i contribuenti non hanno ancora saldato.

Secondo i dati più aggiornati dell’Agenzia delle entrate, al 31 gennaio 2025 tutte le cartelle contenute nel magazzino avevano un valore di circa 1.300 miliardi di euro, accumulati tra il 2000 e il 2024. In un’audizione in Parlamento, la stessa Agenzia ha sottolineato che il 40 per cento del debito totale è difficilmente recuperabile, perché riguarda persone morte, aziende fallite o cittadini nullatenenti. Se si tolgono le cartelle per cui è stata sospesa la riscossione, per esempio perché hanno beneficiato di condoni ancora in corso, restano quasi 700 miliardi di euro. Di questi, 581 miliardi sono relativi a contribuenti verso cui gli agenti della riscossione hanno già avviato azioni di recupero. 

La stessa proposta di legge della Lega smentisce la dichiarazione di Salvini, secondo cui tra chi ha debiti con il fisco non ci sono evasori perché hanno fatto le dichiarazioni dei redditi. Qui si legge che «nella maggior parte dei casi» delle cartelle accumulate nel magazzino fiscale, «tali situazioni non sono il frutto di disonestà o evasione fiscale, ma piuttosto di difficoltà economiche temporanee o eventi imprevisti che hanno impedito ai contribuenti di adempiere ai propri obblighi». E ancora, nella proposta si legge che non riuscire a pagare le imposte «non è un segnale di irresponsabilità bensì una manifestazione di difficoltà economica che, in molti casi, è del tutto indipendente dalla volontà del contribuente» (corsivo nostro).

Dai dati dell’Agenzia delle Entrate non si può sapere se effettivamente la maggior parte delle cartelle non riguardi evasori. Ma sicuramente una parte delle cartelle riguarda chi ha evaso o tentato di evadere il fisco, come ammesso dagli stessi parlamentari della Lega. 

Nel complesso, i contribuenti con debiti con il fisco sono circa 22,3 milioni, di cui 3,5 milioni sono società, 2,9 milioni sono persone fisiche con attività economiche (per esempio liberi professionisti e artigiani) e i restanti 15,9 milioni sono comuni cittadini. Come detto, tra questi possono esserci contribuenti morti o che hanno cessato l’attività che aveva debiti con il fisco. In totale, le cartelle accumulate sono quasi 176 milioni, di cui quasi il 90 per cento ha un importo inferiore ai 5 mila euro. Quest’ultime, però, pesano per meno del 10 per cento sul valore complessivo del magazzino fiscale. Quasi la metà dei crediti che il fisco vanta verso i contribuenti riguarda cartelle che hanno un valore superiore ai 500 mila euro.

Dunque, questi numeri danno ragione a Salvini, secondo cui l’evasione fiscale riguarda soprattutto i maxi evasori? La risposta è no: come detto, chi ha una cartella con il fisco non è necessariamente un evasore fiscale. E non avere una cartella con il fisco, non significa necessariamente non essere un evasore.

Chi evade di più

Per analizzare il fenomeno dell’evasione fiscale, bisogna guardare un’altra fonte: il rapporto annuale realizzato dal Ministero dell’Economia e delle Finanze. La relazione, scritta da una commissione di esperti in materie come la finanza, il lavoro e la statistica, quantifica quanto sono evase le imposte e i contributi previdenziali in Italia.

Secondo i dati più aggiornati, in media tra il 2017 e il 2021 l’evasione fiscale e contributiva nel nostro Paese è ammontata ogni anno a 84 miliardi di euro. Salvini ha detto che i principali responsabili sono le grandi aziende. Ma i dati dicono che non è così.

Analizziamo i dati delle aziende con una dimensione più grande. Queste sono le imprese che devono pagare l’IRES, l’imposta sul reddito delle società, pagata soprattutto dalle società di capitali. Secondo la relazione del Ministero dell’Economia e delle Finanze, in media tra il 2017 e il 2021 sono stati evasi ogni 8,2 miliardi di euro tramite la mancata dichiarazione o il mancato versamento dell’IRES. Se si considera il gettito potenziale dell’IRES, ossia tutte le entrate fiscali che si otterrebbero se tutti pagassero questa imposta, poco più di un quinto è stato evaso: il 22,1 per cento.

Le due voci più rilevanti nell’evasione fiscale riguardano l’IRPEF che deve essere pagata dai lavoratori autonomi e l’IVA. Tra il 2017 e il 2021, in media ogni anno l’IRPEF evasa dagli autonomi è ammontata a 31,2 miliardi di euro. I lavoratori autonomi e le piccole imprese non hanno pagato in media quasi il 69 per cento delle imposte sul reddito che dovrebbero pagare allo Stato ogni anno.

Nello stesso periodo, l’evasione dell’IVA ha avuto un valore di 26,9 miliardi. Qui il tasso di evasione è stato di poco superiore al 20 per cento. Ma come abbiamo spiegato in passato, buona parte dell’evasione dell’IVA deriva dalle piccole transazioni, come quelle del commercio al dettaglio, che sono semplici da non dichiarare al fisco, e non dalle transazioni delle imprese di medie e grandi dimensioni.

L’impatto dei condoni

Secondo Salvini, una nuova rottamazione non avrebbe effetti negativi sull’evasione fiscale. Diverse istituzioni indipendenti non la pensano allo stesso modo.

In un’audizione sul disegno di legge presentato dalla Lega, lo scorso marzo l’Ufficio parlamentare di bilancio (UPB) – un organismo indipendente che vigila sui conti pubblici italiani – ha commentato la proposta come «particolarmente generosa». Secondo l’UPB, una valutazione di questa misura non deve limitarsi a quantificare quanti soldi potrebbe incassare lo Stato. «Dovrebbero, infatti, essere valutati anche gli impatti indiretti che aspettative su futuri condoni determinano sulla riduzione dei versamenti» e «sul livello generale di tax compliance», cioè il rispetto spontaneo degli obblighi fiscali da parte dei contribuenti. In una nota, l’UPB ha citato alcuni studi che hanno mostrato come le rottamazioni introdotte in Italia negli scorsi anni abbiano modificato il comportamento dei contribuenti. Per esempio, uno studio del 2021 ha mostrato che chi ha aderito a un condono mostra una probabilità più alta di non pagare i debiti successivi con il fisco, rispetto ai contribuenti simili che non hanno aderito al condono, proprio perché sperano in uno sconto futuro.

In più, l’UPB ha ricordato che i condoni possono compromettere l’equità del sistema fiscale, perché offrono a certi contribuenti – spesso con maggiore capacità contributiva – l’«opportunità di non pagare le imposte» che non sono distribuite in modo uniforme, rafforzando così gli effetti iniqui di un’eventuale evasione. Chi beneficia di queste misure non è necessariamente più in difficoltà di chi paga regolarmente le imposte o di chi salda subito una cartella senza aspettare futuri sconti. Per questo, secondo l’UPB, a ogni intervento di sanatoria dovrebbe affiancarsi un rafforzamento dell’efficacia della riscossione forzata e dei meccanismi che incentivano la tax compliance.

In passato, anche la Corte dei Conti ha segnalato gli effetti negativi che i condoni hanno sull’evasione fiscale. Nel 2021 la Corte aveva commentato una misura contenuta nel decreto “Sostegni”, approvato a marzo 2021 dal governo guidato da Mario Draghi. Il decreto aveva introdotto l’eliminazione delle cartelle esattoriali fino a 5 mila euro, relative al periodo tra il 2000 e il 2010, una misura fortemente voluta dalla Lega, che lo stesso Draghi aveva ammesso essere un condono. 

Nella memoria, la Corte dei Conti aveva scritto che la scelta adottata dal governo Draghi, uguale a quella già adottata da governi precedenti, non appariva «condivisibile». Secondo la Corte, il condono avrebbe generato «disorientamento e amarezza per coloro che tempestivamente adempiono» ai loro obblighi fiscali. Il provvedimento, aveva aggiunto la Corte, «può rappresentare una spinta ulteriore a sottrarsi al pagamento spontaneo per molti altri». E avrebbe coinvolto «un vastissimo numero di soggetti, molti dei quali presumibilmente non colpiti sul piano economico dalla crisi» causata dalla pandemia di COVID-19.

Preoccupazioni simili sono state esposte dalla Corte dei Conti in un’audizione in Parlamento, sul disegno di legge presentato dalla Lega. La Corte ha evidenziato che l’incasso effettivo delle precedenti rottamazioni è stato «sensibilmente inferiore a quello atteso a causa dei successivi mancati pagamenti delle rate» da parte dei contribuenti che hanno beneficiato delle misure. «Quanto agli effetti indiretti prodotti dalle rottamazioni, non può essere trascurato il fatto che esse possano indurre all’inadempimento successivo, alimentando il convincimento che è possibile e conveniente non pagare alle scadenze ordinarie», ha aggiunto la Corte dei Conti. «Inoltre, è stata frequente la tendenza, in chi ha aderito alla rottamazione, a non pagare le rate successive, beneficiando comunque della temporanea sospensione delle procedure».

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