Secondo la presidente del Consiglio sono le big company e le banche a non pagare «davvero» le imposte, ma i numeri del Ministero dell’Economia dicono una cosa diversa
Il 26 maggio, durante un comizio elettorale a Catania, la presidente del Consiglio Giorgia Meloni ha respinto le critiche di chi sostiene che il suo governo non vuole contrastare l’evasione fiscale. «La lotta all’evasione fiscale si fa dove sta davvero l’evasione fiscale: le big company, le banche, le frodi sull’Iva, non il piccolo commerciante al quale vai a chiedere il “pizzo di Stato”», ha detto Meloni, aggiungendo che il suo governo vuole «ridisegnare completamente il rapporto tra lo Stato e il contribuente».
I dati ufficiali del Ministero dell’Economia e delle Finanze smentiscono però quanto sostenuto dalla leader di Fratelli d’Italia: la maggior parte dell’evasione fiscale in Italia non è commessa dalle grandi aziende, ma da quelle più piccole.
Quando si parla di stime sull’evasione fiscale, la fonte più autorevole e affidabile è la “Relazione annuale sull’economia non osservata e sull’evasione fiscale e contributiva”, pubblicata ogni anno dal Ministero dell’Economia e delle Finanze insieme alla Nota di aggiornamento al Documento di economia e finanza (Nadef). La relazione, scritta da una commissione di esperti in materie come la finanza, il lavoro e la statistica, quantifica quanto sono evase le imposte e i contributi previdenziali in Italia.
Secondo i dati più aggiornati del ministero, nel 2019 (tralasciamo i dati del 2020 influenzati dalla pandemia di Covid-19) l’evasione fiscale ammontava a oltre 79 miliardi di euro, considerando imposte come l’Irpef, l’Iva, l’Ires e l’Irap. La cifra sale a 89 miliardi di euro aggiungendo l’evasione dell’Imu, delle accise, del canone Rai e dei canoni degli affitti. L’evasione dei contributi previdenziali, a carico dei dipendenti e dei datori di lavoro, ammontava invece a circa 12,7 miliardi di euro. Nel complesso l’evasione fiscale e contributiva era stimata dunque intorno ai 99,7 miliardi di euro, in calo rispetto agli oltre 106 miliardi di euro del 2015.
Chi evade di più
Ogni forma di evasione è censurabile e da contrastare, ma chi sono i contribuenti che evadono di più in Italia? Secondo Meloni sono le grandi imprese (le cosiddette big company) e le banche, ossia le organizzazioni con una dimensione aziendale piuttosto grande. Queste sono le imprese soggette all’Ires, l’imposta sul reddito delle società, pagata soprattutto dalle società di capitali. Secondo la relazione del Ministero dell’Economia e delle Finanze, nel 2019 sono stati evasi 8,7 miliardi di euro tramite la mancata dichiarazione o il mancato versamento dell’Ires. Se si considera il gettito potenziale dell’Ires, ossia tutte le entrate fiscali che si otterrebbero se tutti pagassero questa imposta, circa un quarto viene evaso (il 23,2 per cento).
Nel suo comizio elettorale Meloni ha fatto riferimento anche alle «frodi sull’Iva». Secondo la relazione del ministero, circa un quinto dell’Iva potenziale viene evasa (il 20,4 per cento nel 2019), per un totale di 31,8 miliardi di euro. In effetti questi numeri mostrano che il peso dell’Iva sull’evasione è elevato. Quello che Meloni non specifica, però, è che una buona parte dell’evasione dell’Iva deriva dalle piccole transazioni, come quelle del commercio al dettaglio, che sono semplici da non dichiarare al fisco: per esempio basta non emettere lo scontrino. Come ha spiegato a novembre 2022 su lavoce.info l’economista Alessandro Santoro, presidente della commissione che realizza la relazione ministeriale sull’evasione fiscale, per un’impresa di medie e grandi dimensioni, che compie soprattutto transazioni con altre imprese, sottrarre le fatture all’occhio del fisco è invece molto più complicato.
Va poi considerata l’ultima voce più rilevante tra quelle relative alle transazioni in nero: l’evasione dell’Irpef da parte dei lavoratori autonomi e delle piccole imprese. Secondo le stime del ministero, nel 2019 sono stati evasi 32,5 miliardi di euro di Irpef da lavoratore autonomo e di imprese. Questa è la voce più rilevante dell’evasione fiscale sia in termini assoluti che in termini relativi: i lavoratori autonomi e le piccole imprese, infatti, non pagano in media il 69 per cento delle imposte sul reddito che dovrebbero pagare allo Stato ogni anno (una percentuale che nel 2015 era pari al 65 per cento).
Molto probabilmente nel suo intervento Meloni ha voluto fare riferimento alla cosiddetta “elusione fiscale”, fenomeno che per esempio indica la decisione di alcune grandi aziende di spostare i profitti o presentare in un certo modo i propri ricavi per pagare meno tasse (come trasferire la sede legale all’estero). Nel suo discorso, però, la presidente del Consiglio ha fatto esplicitamente riferimento all’evasione fiscale, che è una cosa ben diversa e su cui abbiamo a disposizione dati affidabili che smentiscono la sua posizione.
Ricapitolando: sostenere che il problema dell’evasione fiscale non riguarda i «piccoli commercianti ai quali vai a chiedere il “pizzo di Stato”» è sbagliato e fuorviante. L’evasione dell’Irpef delle piccole imprese e dei lavoratori autonomi è la voce più rilevante sull’evasione fiscale in Italia e sopravvive soprattutto nella cosiddetta “evasione con consenso”, ossia quella in cui il venditore e il cliente sono concordi sulla volontà di evadere, per esempio con la mancata emissione della fattura o di uno scontrino.