Anche stavolta si è parlato di una patrimoniale che non si farà

I partiti al governo sono tutti contrari, e anche i partiti all’opposizione sono divisi sul tassare di più la ricchezza
ANSA/ANGELO CARCONI
ANSA/ANGELO CARCONI
Nel weekend la politica italiana è tornata a parlare di un tema che periodicamente riaffiora nel dibattito pubblico: la patrimoniale. Chiariamo subito che con questo termine, nel linguaggio comune, ci si riferisce a un’eventuale imposta sulla ricchezza complessiva delle persone (e quindi non sui redditi), come immobili, risparmi o investimenti. In realtà, in Italia imposte patrimoniali esistono già: una delle più famose è l’IMU, che si paga sugli immobili.

Il 6 novembre, ospite dell’evento “Il Domani delle donne” organizzato dal quotidiano Domani, la segretaria del Partito Democratico Elly Schlein ha ribadito di essere favorevole a «una tassazione a livello europeo sulle persone che hanno milioni a disposizione, cioè a una tassazione sui miliardari». Schlein ha smentito di avere «paura» di proporre una patrimoniale sui miliardari «a livello locale», cioè in Italia, spiegando che in Europa «i capitali viaggiano molto più velocemente delle persone». In altre parole, Schlein ha difeso l’introduzione di una tassa comune europea sui grandi patrimoni, per evitare che i miliardari possano spostare facilmente i propri capitali da un Paese all’altro e sfuggire così alla tassazione.

Lo stesso giorno, il segretario del sindacato CGIL Maurizio Landini ha annunciato per il 12 dicembre uno sciopero generale contro il disegno di legge di Bilancio per il 2026, presentato dal governo Meloni. Tra le altre cose, Landini ha chiesto l’introduzione di «un contributo di solidarietà dalle grandi ricchezze dell’1 per cento più ricco della popolazione». 

Dopo le dichiarazioni di Schlein e Landini, è arrivata subito la replica del governo. «Le patrimoniali ricompaiono ciclicamente nelle proposte della sinistra. È rassicurante sapere che, con la destra al governo, non vedranno mai la luce», ha scritto sui social la presidente del Consiglio Giorgia Meloni (che in passato, durante il quarto governo Berlusconi e la crisi economica del 2011, ha votato a favore di un contributo di solidarietà straordinario sui redditi dei contribuenti più ricchi, non sul loro patrimonio).
All’opposizione, però, le posizioni sulla patrimoniale non sono univoche: i partiti che si sono alleati alle ultime elezioni regionali contro la maggioranza, infatti, sono divisi.

«Vorrei mandare un messaggio direttamente a Giorgia Meloni. Ho visto che oggi ha voluto fare un post parlando di patrimoniale. Si rassegni. Non so se alla sinistra c’è una discussione sulla patrimoniale, ma per quanto ci riguarda, noi che siamo una forza progressista indipendente, una patrimoniale non è all’ordine del giorno», ha dichiarato il presidente del Movimento 5 Stelle Giuseppe Conte. Il leader di Italia Viva Matteo Renzi, invece, ha scritto che «sulla patrimoniale si gioca il capolavoro mediatico della Meloni e l’ennesimo autogol mediatico del centrosinistra». Entrambi pensando che la comunicazione della coalizione progressista debba concentrarsi sul fatto che, durante il governo Meloni, è aumentata la pressione fiscale, piuttosto che sulla proposta di introdurre un’imposta patrimoniale.
All’opposizione, Sinistra Italiana ed Europa Verde – che in Parlamento formano l’Alleanza Verdi-Sinistra – sono i due partiti più favorevoli all’introduzione di un’imposta patrimoniale. Il 10 novembre, in un’intervista con la Repubblica, il segretario di Sinistra Italia Nicola Fratoianni ha spiegato, però, che il suo partito non vuole «introdurre nuove tasse tout court. «Noi vogliamo spostare il peso fiscale e fare in modo che chi lavora o è in pensione paghi di meno e chi vive di rendita o di speculazione paghi di più», ha detto Fratoianni.

Visti i rapporti di forza in Parlamento, l’introduzione di una nuova imposta patrimoniale sulla ricchezza dei cittadini è del tutto improbabile. La maggioranza di governo è compatta nel dire no, e anche tra le opposizioni manca una proposta condivisa.

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