Alla fine la nomina di Fitto e degli altri commissari europei è stata approvata

Dopo settimane di trattative è stato trovato un accordo per sbloccare la formazione della seconda Commissione Ue guidata da von der Leyen 
Ansa
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Nella tarda serata di mercoledì 20 novembre, il Parlamento europeo ha concluso le valutazioni dei candidati commissari europei, che nelle scorse settimane sono stati esaminati dalle commissioni parlamentari. Al termine di una lunga trattativa, tutti i membri della seconda Commissione von der Leyen sono stati promossi. Le ultime approvazioni in ordine di tempo sono state quelle di due vicepresidenti esecutivi: l’italiano Raffaele Fitto (Fratelli d’Italia) e la spagnola Teresa Ribera (Partito Socialista Operaio Spagnolo), il cui giudizio è stato per giorni al centro delle trattative tra i gruppi parlamentari.

Contro Fitto si erano espressi i partiti di centrosinistra nel Parlamento europeo, contrari ad assegnare una vicepresidenza a un esponente dei Conservatori e Riformisti Europei (ECR), partito di cui fa parte Fratelli d’Italia. Ribera, che attualmente ricopre l’incarico di ministra per la Transizione ecologica in Spagna, era stata invece criticata dai partiti di centrodestra per la gestione delle alluvioni di Valencia. Vediamo come si è svolta la trattativa che ha portato alla conferma di Fitto e Ribera come commissari, e che cosa ha permesso di sbloccarla.

Ai margini della maggioranza europea

Ad agosto Fitto, attuale ministro per gli Affari europei, il Sud, le Politiche di coesione e il Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr), è stato indicato dal governo Meloni come candidato italiano al ruolo di commissario europeo. Dopo i colloqui con i candidati dei diversi Paesi Ue, la presidente della Commissione Ursula von der Leyen ha affidato a Fitto il ruolo di vicepresidente esecutivo per la Coesione e le Riforme. Da subito gli esponenti di centrosinistra al Parlamento europeo si sono detti contrari a questo incarico, dal momento che Fratelli d’Italia non aveva sostenuto la rielezione di von der Leyen al vertice della Commissione europea. «L’alleanza che ha sostenuto von der Leyen a luglio non include ECR e quindi non c’è motivo di dargli una vicepresidenza», aveva detto Raphaël Glucksmann, esponente dei socialisti francesi al Parlamento europeo, alla vigilia dell’audizione di Fitto. Glucksmann si riferiva in questo caso all’alleanza composta da Partito Popolare Europeo (PPE), Socialisti & Democratici (S&D) e Renew Europe, che nella scorsa legislatura ha sostenuto la prima Commissione guidata da von der Leyen. A luglio questi stessi gruppi parlamentari hanno votato a favore del secondo mandato da presidente di von der Leyen, insieme al gruppo dei Verdi. 

Il 12 novembre, nel corso del suo esame davanti alla commissione per le politiche regionali, il candidato italiano ha cercato di evitare polemiche, ricordando che in qualità di commissario europeo non rappresenterà un partito politico o uno Stato membro, ma gli interessi dell’Unione europea. I partiti di centrosinistra, a partire da S&D (di cui fanno parte gli esponenti del Partito Democratico), hanno comunque mantenuto dei dubbi sul suo incarico. «Fitto non può fare il vicepresidente esecutivo della Commissione europea», aveva ribadito Brando Benifei (PD) su X, precisando che «questa è la posizione della netta maggioranza del gruppo parlamentare dei Socialisti & Democratici, senza il quale la Commissione europea non ha i voti per essere approvata».

Polemiche nazionali, conseguenze europee

Nella stessa giornata era in programma l’audizione della candidata spagnola Teresa Ribera, designata da von der Leyen come vicepresidente esecutiva per la Transizione pulita, equa e competitiva. 

L’esame di Ribera davanti alle commissioni parlamentari si è concentrato soprattutto sulla gestione delle alluvioni di Valencia avvenute a fine ottobre, dato che Ribera è attualmente vicepresidente e ministra della Transizione ecologica del governo spagnolo. La candidata socialista è stata criticata soprattutto dai rivali del Partito Popolare spagnolo e dal partito di estrema destra Vox, che tra le altre cose l’hanno accusata di nascondersi a Bruxelles «per salvare la sua poltrona europea», sostenendo che «la storia e forse anche i giudici la giudicheranno per la sua inazione e la sua incompetenza». Ribera ha replicato che «il governo nazionale ha la responsabilità delle allerte meteorologiche», che nel caso di Valencia erano state emesse già dal mattino e che però «le autorità locali non hanno seguito». Secondo fonti stampa, il presidente della regione di Valencia, Carlos Mazón (Partito Popolare), ha trascorso infatti l’intero pomeriggio del 29 ottobre – giorno dell’alluvione – in un ristorante, senza rispondere al telefono. 

Le critiche del PPE a Teresa Ribera e la contrarietà dei socialisti alla nomina di Fitto hanno spinto i gruppi politici a rinviare a data da destinarsi il voto su tutti i vicepresidenti esecutivi della Commissione, oltre a quello sul commissario ungherese Olivér Várhelyi, che era stato rimandato dopo la sua audizione. Dopo un comunicato in cui i socialisti accusavano il PPE di aver «rotto lo storico accordo pro-europeo», la stessa Ursula von der Leyen ha organizzato un incontro tra i presidenti dei gruppi politici che l’hanno sostenuta, senza però riuscire a raggiungere un compromesso per sbloccare le trattative.
Immagine 1. La ministra della Transizione ecologica del governo spagnolo Teresa Ribera – Fonte: Ansa
Immagine 1. La ministra della Transizione ecologica del governo spagnolo Teresa Ribera – Fonte: Ansa

La svolta nella notte

Il 14 novembre, mentre la presidente della Commissione Ue cercava una soluzione, in Italia il presidente della Repubblica Sergio Mattarella ha ricevuto Fitto al Quirinale, rivolgendogli «gli auguri per l’affidamento dell’incarico – così importante per l’Italia – assegnatogli dalla presidente von der Leyen». Il messaggio, interpretato come un segnale di appoggio al candidato italiano, ha spinto la segretaria del PD Elly Schlein a precisare che «il problema non è Fitto» e a dire: «Noi non abbiamo mai messo in discussione un portafoglio di peso all’Italia».

Cinque giorni più tardi, il 19 novembre, a margine del G20 a Rio de Janeiro, la presidente della Commissione Ue ha incontrato il presidente del governo spagnolo Pedro Sánchez. Secondo fonti stampa, per sbloccare lo stallo sulle nomine, Sánchez avrebbe accettato a nome dei socialisti spagnoli di dare il via libera a Fitto come vicepresidente esecutivo. Nel frattempo, il 20 novembre Ribera si è presentata al Parlamento spagnolo, dove ancora una volta ha difeso il suo operato durante l’emergenza alluvioni. A questo punto, PPE, S&D e Renew Europe hanno siglato un patto di cooperazione per la legislatura, affermando che «lo stato di diritto, la difesa dell’Ucraina e l’approccio europeista sono aspetti fondamentali della nostra cooperazione».

Un altro ostacolo, che inizialmente aveva portato ad approvare tutti i vicepresidenti a eccezione di Fitto e Ribera, ha riguardato una richiesta avanzata all’ultimo minuto dal PPE e dei Patrioti per l’Europa (gruppo di cui fanno parte Vox e la Lega, tra gli altri). I due gruppi hanno chiesto di inserire, nella lettera da mandare a von der Leyen per dare il via libera alla commissaria spagnola, una clausola per obbligarla a dimettersi qualora fosse incriminata dalla giustizia spagnola per la gestione delle alluvioni di Valencia. Secondo i giornalisti presenti a Bruxelles, questa precisazione è stata aggiunta come “opinione minoritaria” firmata soltanto dai due gruppi. Allo stesso modo, nella lettera su Fitto, S&D e Renew Europe hanno espresso insoddisfazione per l’incarico di vicepresidente assegnatogli da von der Leyen, pur non opponendosi alla sua nomina.

Tra i due litiganti

Il 20 novembre i gruppi politici hanno raggiunto un accordo anche sulla valutazione dell’ungherese Várhelyi, candidato al ruolo di commissario per la Salute e il Benessere animale. 

Dopo la sua audizione, che si è tenuta lo scorso 6 novembre, i coordinatori delle commissioni parlamentari avevano sospeso il giudizio sul suo conto, chiedendogli di rispondere a ulteriori domande per iscritto. In particolare, Várhelyi non era riuscito a convincere i deputati rispetto al suo impegno per la tutela della salute riproduttiva delle donne e non aveva preso le distanze dalla scelta del primo ministro ungherese, Viktor Orbán, di promuovere il vaccino russo Sputnik durante la pandemia. Nonostante le risposte richieste siano state presentate in anticipo sulla scadenza dell’11 novembre, i gruppi politici hanno comunque deciso di esprimersi sul suo incarico contemporaneamente al giudizio sui sei vicepresidenti esecutivi.

Il responso finale è stata un’approvazione del candidato ungherese, ma con deleghe depotenziate rispetto a quelle assegnate inizialmente da Ursula von der Leyen. In qualità di commissario alla Salute, Várhelyi non potrà occuparsi di salute sessuale e riproduttiva, né di emergenze sanitarie. Entrambe le competenze sono state assegnate alla commissaria belga Hadja Lahbib (Renew Europe), che ha già le deleghe all’Uguaglianza e alla Gestione delle crisi. 

Il via libera a tutti i 26 commissari permetterà al Parlamento europeo di votare l’approvazione dell’intera Commissione europea il prossimo 27 novembre, nel corso della sessione plenaria in programma a Strasburgo. Se la squadra dei commissari sarà confermata nel suo complesso, la seconda Commissione von der Leyen potrà insediarsi entro la scadenza prevista del 1° dicembre.

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