In meno di una settimana, tra il 15 e il 19 luglio, la Camera dei deputati ha votato due questioni di fiducia su altrettanti provvedimenti in esame, rispettivamente il decreto “Salva casa” e il decreto “Sport”. Con questi due voti, in meno di due anni da quando è in carica il governo Meloni ha posto la fiducia in Parlamento 59 volte. Quando il governo pone la questione di fiducia sul voto di una legge, le aule di Camera e Senato non possono più proporre modifiche al testo. In questo modo il governo evita rallentamenti dell’esame della legge e ne velocizza l’approvazione, correndo comunque un rischio (quasi sempre remoto): se Camera o Senato non approvano la fiducia su una legge, anche il governo perde la fiducia del Parlamento e rischia così di cadere.
Da tempo i governi che si sono succeduti alla guida dell’Italia ricorrono spesso alle questioni di fiducia, e questo è uno dei fattori che ha portato il Parlamento a essere velocissimo nell’approvare le leggi. Allo stesso tempo però, come abbiamo spiegato in un altro approfondimento, velocità non vuol dire qualità e il ricorso continuo alla fiducia svilisce il ruolo dei parlamentari, che sono costretti ad approvare le leggi senza la possibilità di apportare modifiche. Abbiamo analizzato l’uso della fiducia da parte del governo Meloni e dei predecessori in cinque grafici.
Da tempo i governi che si sono succeduti alla guida dell’Italia ricorrono spesso alle questioni di fiducia, e questo è uno dei fattori che ha portato il Parlamento a essere velocissimo nell’approvare le leggi. Allo stesso tempo però, come abbiamo spiegato in un altro approfondimento, velocità non vuol dire qualità e il ricorso continuo alla fiducia svilisce il ruolo dei parlamentari, che sono costretti ad approvare le leggi senza la possibilità di apportare modifiche. Abbiamo analizzato l’uso della fiducia da parte del governo Meloni e dei predecessori in cinque grafici.