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Molti percettori del reddito di cittadinanza non sono andati ai centri per l’impiego perché non sono mai stati convocati

| 15 novembre 2022
La dichiarazione
«L’Anpal ci dice che su 660 mila persone occupabili [tra i percettori del reddito di cittadinanza], il 57 per cento non si è neanche presentato al centro per l’impiego»
Fonte: LA7 | 13 NOVEMBRE 2022
ANSA
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Verdetto sintetico
Il deputato della Lega usa i dati in modo fuorviante.
In breve
  • Molti dei percettori del reddito di cittadinanza che non hanno ancora stipulato il Patto per il lavoro non sono mai stati convocati dai centri per l’impiego. TWEET
  • I beneficiari che dopo la convocazione rifiutano di sottoscrivere il patto perdono l’accesso al sussidio. TWEET
Il 13 novembre, ospite della trasmissione Non è l’arena su La7, il deputato e responsabile economico della Lega Alberto Bagnai ha ribadito la volontà del suo partito di modificare il reddito di cittadinanza, la misura di contrasto alla povertà introdotta nel 2019 che molti partiti hanno promesso di cambiare durante la campagna elettorale.

In particolare, Bagnai ha criticato le politiche di inclusione al lavoro del provvedimento, affermando (min. 01:55) che secondo i dati dell’Agenzia nazionale politiche attive lavoro (Anpal), su «660 mila persone occupabili» tra i percettori del reddito, «il 57 per cento non si è neanche presentato al centro per l’impiego e non ha fatto neanche il primo passo verso l’inserimento nel mondo del lavoro».

Abbiamo verificato e Bagnai cita i dati in modo fuorviante.

I percettori “occupabili”

I «dati dell’Anpal» visionati da Bagnai sono con tutta probabilità quelli diffusi nella nota periodica dell’Agenzia pubblicata lo scorso ottobre, contenente i dati relativi ai beneficiari del reddito di cittadinanza che, al 30 giugno 2022, erano stati «indirizzati ai servizi per il lavoro».

Secondo il documento, in quella data la platea di cittadini che percepivano il reddito di cittadinanza ed erano abili al lavoro era di circa 920 mila individui. Tra questi, c’erano persone già occupate in attività lavorative, persone esonerate o rinviate ai servizi sociali. Di fatto, i percettori del reddito realmente collocabili sul mercato del lavoro, e quindi «occupabili», erano circa 660 mila. Questi individui, il cui numero è stato correttamente citato dal deputato leghista, erano quelli tenuti a sottoscrivere il cosiddetto Patto per il lavoro (Ppl), ossia un percorso di accompagnamento al lavoro che di fatto obbliga i percettori del sussidio a seguire corsi di formazione, orientamento e riqualificazione professionale nei centri per l’impiego presenti su tutto il territorio italiano, pena «la decadenza o l’annullamento» del sostegno.

La nota inoltre specifica che dei 660 mila beneficiari “idonei” alla stipula di questo patto, al 30 giugno «la quota di utenti presi in carico, ovvero che hanno sottoscritto un Ppl o sono impegnati in esperienze di tirocinio extracurriculare, ammontano a più di 280 mila, pari al 42,5 per cento». Secondo Bagnai, dunque, sottraendo dai 660 mila occupabili questi 280 mila, si ottiene un «57 per cento» circa di beneficiari (più o meno 380 mila) che «non si è neanche presentato al centro per l’impiego», dando quindi per assodato che gli individui che non hanno sottoscritto il patto e non hanno ancora iniziato nessun percorso di reinserimento lo abbiano fatto volontariamente. Le cose però non stanno così.

Il Patto per il lavoro

In realtà, il «57 per cento» considerato da Bagnai rappresenta un campione di individui molto variegato e che non può essere raggruppato sotto l’insieme di chi «non si è neanche presentato al centro per l’impiego». In molti casi, infatti, il motivo per cui questi quasi 400 mila beneficiari non hanno ancora sottoscritto il Ppl prescinde dalla loro volontà o meno di iniziare un percorso di reinserimento nel mondo del lavoro.

«Nella percentuale di persone che non ha ancora sottoscritto il Patto per il lavoro e non è impegnata in tirocini extracurriculari ci sono tante situazioni diverse», ha dichiarato a Pagella Politica Marco Benadusi, capo ufficio stampa di Anpal. «È vero che i beneficiari occupabili sono tenuti a presentarsi ai centri per l’impiego, ma prima di tutto devono essere convocati: la stesura del Ppl non è semplice, vanno fatte interviste, verifiche e una serie di procedure per le quali serve del tempo e spesso i centri per l’impiego non riescono a prendere in carico tutte le pratiche perché sono troppe».

Anche dopo essere stati formalmente convocati, però, non è detto che i beneficiari siano effettivamente a conoscenza del percorso che devono intraprendere. «Una delle difficoltà maggiori è proprio quella di riuscire a contattare queste persone, a volte sono sbagliati gli indirizzi, i numeri di telefono o l’email e per rintracciarli ci vogliono mesi», ha sottolineato Benadusi. Come specificato dalla nota Anpal, infatti, va tenuto presente che proprio a causa della lontananza dal mondo del lavoro questi individui «esprimono alcune fragilità» rispetto al bagaglio di competenze necessarie per risultare pienamente occupabili, e che nel 71 per cento dei casi «hanno conseguito al massimo il titolo della scuola secondaria inferiore».

In ogni caso, se una persona è più volte contattata da un centro per l’impiego ed è stata appurata la sua volontà di non sottoscrivere nessun Patto per il lavoro, questa viene esclusa dalla misura e perde quindi il reddito di cittadinanza. «Questo è uno dei pochi casi in cui effettivamente si può perdere l’accesso al beneficio», ha spiegato Benadusi. 

Il verdetto

Secondo Alberto Bagnai, i dati diffusi dall’Anpal dimostrano che il 57 per cento dei percettori occupabili del reddito di cittadinanza «non si è neanche presentato al centro per l’impiego». Abbiamo verificato e questa percentuale è citata in modo fuorviante.

Al 30 giugno 2022, il 42,5 per cento del totale dei percettori occupabili, pari a oltre 280 mila persone, aveva sottoscritto il Patto per il lavoro. Il restante 57,5 per cento rappresenta però un campione di individui variegato e, in molti casi, il motivo per cui non hanno ancora sottoscritto il Patto è indipendente dalla loro volontà o meno di iniziare un percorso di reinserimento nel mondo del lavoro.

Per firmare il patto, i beneficiari occupabili del reddito di cittadinanza devono essere convocati dai centri per l’impiego, ma spesso questo non è possibile per una serie di ragioni, che vanno dalla difficile reperibilità dei soggetti interessati all’eccessivo carico di pratiche che gli stessi centri sono chiamati a gestire. In ogni caso, i percettori di reddito che dopo essere stati convocati rifiutano di presentarsi e sottoscrivere il patto perdono l’accesso alla misura.

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