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Orlando sbaglia: il taglio del cuneo fiscale non è finanziato con il reddito di cittadinanza

| 12 maggio 2023
La dichiarazione
«[Il taglio del cuneo fiscale] si finanzia in larga parte con la riduzione degli stanziamenti per il reddito di cittadinanza»
Fonte: Sky Tg24 | 11 maggio 2023
ANSA/ANGELO CARCONI
ANSA/ANGELO CARCONI
Verdetto sintetico
La dichiarazione del deputato del Partito democratico è scorretta.
In breve
  • Il taglio temporaneo del cuneo fiscale contenuto nel decreto “Lavoro”, che costa 4 miliardi di euro per i sei mesi tra luglio e dicembre 2023, è coperto con l’aumento dell’indebitamento, approvato dal Parlamento con lo scostamento di bilancio. TWEET
  • Per le due misure che sostituiranno il reddito di cittadinanza – una in vigore da settembre 2023, l’altra da gennaio 2024 – sono stati stanziati circa 7 miliardi di euro dal 2024, che scenderanno negli anni successivi. Le risorse per il reddito di cittadinanza, prima dell’intervento del governo Meloni, erano pari a circa 8,8 miliardi di euro. TWEET
L’11 maggio, ospite su Sky Tg24, il deputato del Partito democratico Andrea Orlando ha accusato il governo Meloni di finanziare il nuovo taglio del cuneo fiscale «in larga parte con la riduzione degli stanziamenti per il reddito di cittadinanza». 

Sarà davvero così? La risposta è no: abbiamo verificato che cosa dicono i numeri e la dichiarazione dell’ex ministro della Giustizia e del Lavoro è scorretta.

Che cosa dice il decreto “Lavoro”

Con il decreto “Lavoro”, approvato il 1° maggio e ora all’esame del Senato, il governo Meloni ha aumentato (art. 39) di 4 punti percentuali, per i mesi tra luglio a dicembre di quest’anno, il taglio del cuneo fiscale già stabilito con la legge di Bilancio per il 2023. Quest’ultima ha rifinanziato per quest’anno il taglio del 2 per cento introdotto temporaneamente nel 2022 dal governo Draghi per i redditi fino a 35 mila euro, alzando al 3 per cento il taglio per chi guadagna fino a 25 mila euro l’anno. Nella seconda metà del 2023, grazie al decreto “Lavoro”, il taglio per queste due fasce di reddito salirà rispettivamente al 6 per cento e al 7 per cento.

Ricordiamo che il cosiddetto “cuneo fiscale” è la differenza tra il lordo e il netto in busta paga e comprende varie voci, come le imposte sul lavoro e i contributi previdenziali, che sono a carico del lavoratore e del datore di lavoro. Il taglio del cuneo fiscale del governo Meloni è una riduzione dei contributi previdenziali.

Per il 2023 il costo del nuovo taglio del cuneo fiscale contenuto nel decreto “Lavoro” vale oltre 4 miliardi di euro. Da dove vengono questi soldi? Il decreto stabilisce che una parte di queste risorse arriverà dall’effetto fiscale dello stesso taglio, mentre una parte è coperta con le risorse indicate dall’articolo 44 del testo. 

Nello specifico circa 1,1 miliardi di euro, come spiega la relazione tecnica del decreto, si ottengono proprio dalla riduzione temporanea dei contributi previdenziali. Quando si tagliano i contributi, infatti, aumenta la cosiddetta “base imponibile” su cui viene calcolata l’Irpef, ossia l’imposta sul reddito delle persone fisiche. Tradotto in parole semplici: grazie al taglio dei contributi previdenziali il lavoratore riceve un netto in busta paga più alto rispetto a prima, ma l’Irpef versata allo Stato sale, seppur leggermente. 

La fonte dei rimanenti 3 miliardi di euro per finanziare il nuovo taglio del cuneo fiscale è indicata all’articolo 44 del decreto “Lavoro”, quello con le “Disposizioni finanziarie” del provvedimento. Tra le altre cose questo articolo indica le coperture economiche per le misure contenute in altri cinque articoli del decreto, tra cui il 39. Come riassume un dossier del Senato, le fonti di finanziamento sono sette e la più sostanziosa è il ricorso all’indebitamento. Il 28 aprile il Senato e la Camera hanno approvato la relazione che accompagna il Documento di economia e finanza (Def), autorizzando uno scostamento di bilancio di 3,4 miliardi di euro per il 2023 e di 4,5 miliardi di euro per il 2024. La stessa relazione, presentata dal governo, specificava che il maggiore debito sarebbe stato destinato proprio per sostenere il reddito dei lavoratori.

Tra le coperture economiche dei provvedimenti del decreto “Lavoro” ci sono comunque 100 milioni di euro recuperati riducendo il “Fondo per il reddito di cittadinanza”, creato nel 2019 per finanziare la misura di contrasto alla povertà.

I tagli al reddito di cittadinanza

Nella sua intervista con Sky TG24 Orlando ha parlato della «riduzione degli stanziamenti per il reddito di cittadinanza». Quali sono in questo caso i numeri da conoscere?

Il decreto “Lavoro” ha introdotto (art. 1-13) due misure che sostituiranno il reddito di cittadinanza. Dal 1° gennaio 2024 entrerà in vigore il cosiddetto “assegno per l’inclusione sociale”, un sussidio economico che integra il reddito delle famiglie in cui è presente almeno un minore, o una persona con più di sessant’anni di età, o un disabile. Dal 1° settembre 2023, invece, sarà attivo il cosiddetto “supporto per la formazione e il lavoro”: sarà destinato alle persone tra i 18 e i 59 anni di età che non hanno i requisiti per accedere all’assegno di inclusione sociale. 

Per il 2024, si legge nella relazione tecnica del decreto, i costi per le due misure sono stati stimati dal governo in circa 7 miliardi di euro, ma negli anni successivi si arriverà intorno ai 6,5 miliardi di euro. Queste risorse provengono dal “Fondo per il sostegno alla povertà e per l’inclusione attiva”, creato dalla legge di Bilancio per il 2023, con cui il governo Meloni aveva già deciso di cancellare il reddito di cittadinanza dal 2024 in poi e di introdurre alcune modifiche per quest’anno. Prima dell’intervento del governo, il “Fondo per il reddito di cittadinanza” poteva contare su 8,8 miliardi di euro, ridotti a circa 7 miliardi di euro con le nuove misure. La legge di Bilancio ha però stabilito che dal 2024 in poi oltre 700 milioni di euro l’anno andranno a finanziare l’assegno unico universale per le famiglie con figli.

Vedremo nei prossimi mesi che cosa deciderà di fare il governo Meloni con le risorse recuperate tagliando il reddito di cittadinanza. Un’ipotesi è che possa impiegarle – come suggerito in passato da alcuni esponenti dell’attuale governo – per rendere strutturale il taglio del cuneo fiscale, per ora temporaneo solo fino al termine di quest’anno. Per rendere strutturale il taglio del decreto “Lavoro” servirebbero tra i 7 e gli 8 miliardi di euro l’anno (bisogna raddoppiare i costi del provvedimento, visto che ora vale solo per sei mesi). Se si aggiungono anche i 5 miliardi di euro del costo del taglio del cuneo fiscale introdotto con la legge di Bilancio solo per il 2023, l’intervento del governo dovrà essere ancora più sostanzioso. Visto che i risparmi sulle misure contro la povertà si aggireranno, a spanne, intorno ai 2 miliardi di euro, stiamo parlando comunque di risorse non in grado di coprire «in larga parte» – per usare le parole di Orlando – il finanziamento strutturale del taglio.

Il verdetto

Il deputato del Partito democratico Andrea Orlando ha accusato il governo Meloni di finanziare il nuovo taglio del cuneo fiscale «in larga parte con la riduzione degli stanziamenti per il reddito di cittadinanza». Abbiamo verificato e questa dichiarazione è scorretta.

Il taglio temporaneo del cuneo fiscale contenuto nel decreto “Lavoro”, che costa 4 miliardi di euro per i sei mesi tra luglio e dicembre 2023, è coperto con l’aumento dell’indebitamento, approvato dal Parlamento con lo scostamento di bilancio. 

Per le due misure che sostituiranno il reddito di cittadinanza – una in vigore da settembre 2023, l’altra da gennaio 2024 – sono stati stanziati circa 7 miliardi di euro dal 2024, che scenderanno negli anni successivi. Le risorse per il reddito di cittadinanza, prima dell’intervento del governo Meloni, erano pari a circa 8,8 miliardi di euro.

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