Come funzionano le misure che sostituiranno il reddito di cittadinanza

Si chiamano “assegno per l’inclusione sociale” e “supporto per la formazione e il lavoro”: uno entrerà in vigore nel 2024, l’altro dal 1° settembre 2023
Ansa
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Il 4 maggio è stato pubblicato in Gazzetta ufficiale il decreto “Lavoro”, approvato dal Consiglio dei ministri il 1° maggio, con i dettagli sulle misure che sostituiranno il reddito di cittadinanza. Quest’ultimo è stato introdotto nel 2019 dal primo governo Conte, sostenuto da Lega e Movimento 5 stelle, come misura di contrasto alla povertà e di politica attiva per il lavoro. 

La legge di Bilancio per il 2023 ha stabilito la cancellazione del reddito di cittadinanza dal 1° gennaio 2024, in attesa di una riforma delle misure di sostegno alle fasce della popolazione più povere.

L’assegno per l’inclusione sociale

Dal prossimo anno entrerà in vigore l’assegno per l’inclusione sociale, un sussidio economico che integra il reddito delle famiglie in cui è presente almeno un minore, o una persona con più di sessant’anni di età, o un disabile. 

Il sussidio potrà arrivare fino a 6 mila euro all’anno (500 euro al mese), moltiplicati per la cosiddetta “scala di equivalenza”, un parametro che cambia in base alla composizione del nucleo familiare. Più nel dettaglio, la “scala di equivalenza” varia da 1 a un massimo di 2,3, a seconda del numero di persone con disabilità o non autosufficienti, di minori, di persone con più di 60 anni o di altre persone a carico. L’importo del sussidio può aumentare fino 630 euro al mese se tutte le persone del nucleo familiare del richiedente sono di età pari o superiore a 67 anni, oppure se c’è almeno una persona con più di 67 anni e tutte le altre soffrono di disabilità grave o non sono autosufficienti. Il sussidio non potrà comunque essere inferiore di 480 euro all’anno e una parte potrà essere utilizzata per il pagamento dell’affitto. Il richiedente dovrà essere cittadino italiano o di un Paese dell’Unione europea, e residente in Italia da almeno cinque anni, di cui gli ultimi due anni in modo continuativo.

La famiglia di chi richiede l’assegno deve avere un Isee non superiore a 9.360 euro e un reddito familiare inferiore a 6 mila euro all’anno, moltiplicato anche questo per la scala di equivalenza. Tra le altre cose, nessun componente del nucleo familiare deve poi possedere un’auto con una cilindrata superiore a 1.600 cc o una moto con cilindrata superiore a 250 cc, immatricolate la prima volta nei tre anni precedenti la richiesta del sussidio.

L’assegno per l’inclusione sociale sarà erogato dall’Inps su una carta elettronica, la “Carta per l’inclusione sociale”, per al massimo un anno e mezzo e potrà essere rinnovato per un altro anno, con una sospensione di un mese tra la prima scadenza e il rinnovo. Per richiedere il sussidio bisogna fare domanda all’Inps e sarà necessario aderire a un percorso personalizzato di inclusione sociale. Il percorso sarà gestito dai servizi sociali dei comuni che stabiliranno, in base a una serie di colloqui con i beneficiari, quali di loro potranno essere avviati al lavoro. Tutti i beneficiari dovranno iscriversi a una piattaforma online, chiamata “Sistema informativo per l’inclusione sociale e lavorativa”, dove potranno trovare offerte di lavoro, tirocini o, nel caso di impossibilità a lavorare, corsi di formazione.

Il supporto per la formazione e il lavoro

L’altra misura che sostituirà il reddito di cittadinanza si chiama “supporto per la formazione e il lavoro”: sarà destinata alle persone tra i 18 e i 59 anni di età (i cosiddetti “occupabili”), con un Isee familiare inferiore a 6 mila euro e che non hanno i requisiti per accedere all’assegno di inclusione sociale. A differenza di quest’ultimo, il supporto per la formazione al lavoro sarà attivato già dal 1° settembre di quest’anno. Questo sussidio sarà di 350 euro al mese per un anno e a differenza dell’altro non sarà rinnovabile. Le modalità per richiedere il supporto per la formazione e il lavoro sono le stesse dell’assegno di inclusione sociale. In questo caso però al momento della sottoscrizione del patto per l’inclusione la persona deve dichiarare immediatamente la sua disponibilità al lavoro, che sarà trasmessa ai centri per l’impiego e alle agenzie per il lavoro. I beneficiari di questo sussidio riceveranno dunque offerte di lavoro da questi enti e potranno cercarle anche loro stessi, in autonomia, sul Sistema informativo per l’inclusione sociale e lavorativa.

Le sanzioni 

Per prevenire eventuali truffe, il nuovo decreto introduce sanzioni, che in linea di massima sono uguali a quelle previste per chi truffava sul reddito di cittadinanza. 

È prevista infatti la reclusione da due a sei anni per chi utilizza dichiarazioni o documenti falsi per rientrare tra i beneficiari, e da uno a tre anni per i percettori che non comunicano le variazioni di reddito o di patrimonio che comportano la modifica o la perdita dei sussidi.

Le cause di decadenza

L’assegno di inclusione sociale e il supporto per la formazione e il lavoro decadono con il rifiuto della prima offerta da parte di uno qualsiasi dei membri «attivabili al lavoro» della famiglia beneficiaria. I beneficiari delle nuove misure devono accettare qualsiasi offerta di lavoro a tempo indeterminato, senza limiti di distanza dal luogo di residenza, a patto che sia a tempo pieno o part-time non inferiore al 60 per cento dell’orario a tempo pieno, e che rispetti i minimi salariali previsti dal contratto collettivo di riferimento. Per i contratti a tempo determinato non è possibile rifiutare le offerte di lavoro entro gli 80 chilometri dal domicilio del beneficiario.  

In più il nucleo familiare perde il diritto a entrambi i nuovi sussidi se uno dei componenti occupabili non si presenta ai servizi sociali o al servizio per il lavoro competente, se non sottoscrive il patto per l’inclusione o se non partecipa alle iniziative di carattere formativo organizzate nel percorso di riqualificazione professionale.

I costi 

Per il 2024 i fondi previsti per l’assegno di inclusione sociale sono pari a 5,5 miliardi di euro, che aumentano ogni anno fino a 6 miliardi di euro annui nel 2033. I fondi per gli incentivi ai datori di lavoro che assumono i beneficiari dell’assegno di inclusione sociale sono pari invece a 78 milioni di euro nel 2024 e arrivano fino a 154 milioni nel 2033, mentre l’incentivo per le agenzie per il lavoro parte da 8,7 milioni di euro nel 2024 e arriva a 9,7 milioni nel 2033.

Il supporto per la formazione e il lavoro, che come detto sarà attivo già da settembre 2023, ha un costo pari a 122 milioni di euro per quest’anno, che salgono a 1,5 miliardi nel 2024 e poi decrescono fino a circa 600 milioni di euro nel 2033. 

In totale, quindi, i fondi stanziati dal governo per le nuove misure corrispondono a circa 7 miliardi di euro per il 2024, che diventano 7,1 miliardi nel 2025 e arrivano a quasi 6,9 miliardi l’anno nel 2033. Queste risorse saranno recuperate dal “Fondo per il sostegno alla povertà e per l’inclusione attiva”, istituito (art.1, comma 321) dal governo con l’ultima legge di Bilancio. Come abbiamo spiegato in passato, nel 2019 il reddito di cittadinanza era stato finanziato con 5,9 miliardi, stabilendo un limite di spesa di 7,3 miliardi annui a partire dal 2022. Con la legge di Bilancio per il 2022, il governo Draghi ha poi aumentato le risorse a disposizione del reddito di cittadinanza, portandole a oltre 8,3 miliardi di euro. 

Al netto delle differenze tra le due misure, che rimangono comunque due misure di contrasto alla povertà, i nuovi provvedimenti proposti dal governo Meloni comporteranno quindi un risparmio di circa un miliardo di euro all’anno per le casse dello Stato, a fronte però di un aiuto economico minore e regole più stringenti per selezionare i beneficiari del sussidio.

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