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Sì, lo ius scholae prevede che solo un genitore possa chiedere la cittadinanza per il figlio

| 29 giugno 2022
La dichiarazione
«Peggiora ulteriormente il testo dello ius scholae. Ora la cittadinanza la può richiedere solo un genitore e la responsabilità e parità genitoriale (e quella tra uomo e donna) si va a far benedire»
Fonte: Twitter | 28 giugno 2022
ANSA / MATTEO BAZZI
ANSA / MATTEO BAZZI
Verdetto sintetico
Al netto delle opinioni sul tema della «parità genitoriale», la deputata di Fdi ha ragione
In breve
  • Il 28 giugno la Commissione Affari costituzionali ha approvato un emendamento al testo della proposta di riforma che permette a un solo genitore residente legalmente in Italia di richiedere la cittadinanza italiana per un minore straniero. TWEET
Il 28 giugno Augusta Montaruli, deputata di Fratelli d’Italia ed esponente della Commissione Affari costituzionali della Camera, ha commentato il via libera della Commissione al testo del cosiddetto “ius scholae”, la riforma della cittadinanza che punta a concedere la cittadinanza italiana ai minori figli di genitori stranieri che abbiano frequentato un ciclo scolastico nel nostro Paese per almeno cinque anni, senza dover necessariamente attendere il compimento dei 18 anni. 

Secondo Montaruli, dopo l’esame in Commissione, il testo della riforma «peggiora ulteriormente», dato che «ora la cittadinanza la può richiedere solo un genitore». In questo modo, secondo la deputata di Fdi, «la parità genitoriale (e quella tra uomo e donna) si va a far benedire». 

Abbiamo verificato e, al netto del giudizio molto netto espresso sulla «parità genitoriale», la deputata di Fdi ha ragione.

Che cosa prevede il testo dello “ius scholae”

Il testo in esame alla Camera per la riforma della legge sulla cittadinanza ha raccolto i testi di cinque proposte sullo stesso tema avanzate da deputati di vari partiti, dal Partito democratico fino a Forza Italia. 

Più nel dettaglio, il 9 marzo la Commissione Affari costituzionali della Camera aveva adottato come testo base della riforma quello proposto dallo stesso presidente della Commissione, il deputato del Movimento 5 stelle Giuseppe Brescia. In base a questo testo, i bambini e le bambine nati in Italia o arrivati nel nostro Paese prima di avere compiuto 12 anni possono ottenere la cittadinanza italiana dopo aver frequentato le scuole italiane per almeno 5 anni. 

Ad oggi la legge attualmente in vigore si basa sul cosiddetto “ius sanguinis” (“diritto di sangue”): un bambino “eredita” automaticamente la cittadinanza italiana alla nascita se almeno uno dei genitori già la possiede. Nel caso in cui un bambino sia nato in Italia da genitori entrambi stranieri le cose invece si complicano. Inizialmente il minore eredita infatti la cittadinanza dei genitori ma, compiuti i 18 anni, e se ha risieduto legalmente in Italia fino a quel momento, ha un anno di tempo per esprimere l’intenzione di ottenere la cittadinanza italiana.

Tornando alla proposta di riforma, nel corso dell’esame in commissione il testo proposto da Brescia è stato comunque modificato in alcune parti, in particolare quelle riguardanti le modalità attraverso cui può essere richiesta la cittadinanza.

Le modifiche al testo della riforma

Più nel dettaglio, il testo originario prevedeva (art.1) che il minore straniero potesse ottenere la cittadinanza con una richiesta firmata «da entrambi i genitori legalmente residenti in Italia o da chi esercita la responsabilità genitoriale». Il 28 giugno, però, la Commissione Affari costituzionali ha approvato [1] un emendamento firmato da Stefano Ceccanti e da altri deputati del Pd che, come ha scritto correttamente Montaruli, ha modificato l’articolo uno del testo, prevedendo che la richiesta di cittadinanza per il minore venga fatta da un solo genitore legalmente residente in Italia, e non più da entrambi. 

«Abbiamo approvato questo emendamento per tutelare tutti i minori nati da genitori stranieri, perché spesso succede che alcuni abbiano uno solo dei genitori con la residenza legale nel nostro Paese», ha spiegato a Pagella Politica Matteo Mauri, deputato del Pd ed ex viceministro dell’Interno nel secondo governo Conte. «Se il testo fosse rimasto alla versione precedente, i minori stranieri che hanno un solo genitore residente in Italia sarebbero stati esclusi dalla cittadinanza, perché il testo della legge prevedeva il requisito della residenza in Italia per entrambi i genitori», ha aggiunto Mauri. 

Nel suo post su Twitter Montaruli ha comunque criticato l’emendamento dei deputati del Pd affermando che andrebbe a compromettere «la parità genitoriale» e «quella tra uomo e donna». «Siamo contrari a questa modifica del testo perché il nostro ordinamento prevede la responsabilità di entrambi i genitori per la gran parte degli atti che riguardano un minore, dall’iscrizione all’anagrafe fino all’iscrizione a scuola», ha spiegato a Pagella Politica Montaruli. «Più in generale, siamo contrari a questo testo anche per il fatto che, al di là del genitore, non è stato previsto alcun tipo di coinvolgimento del minore, che non ha la possibilità di esprimersi in alcun modo riguardo la richiesta della cittadinanza», ha aggiunto la deputata di Fdi. «In più, temo che questa modifica alla proposta di riforma possa favorire gli uomini, soprattutto in alcune famiglie islamiche dove la donna è sottomessa al volere del marito. In quel caso, è molto probabile che la richiesta di cittadinanza per il figlio minorenne venga esercitata dall’uomo», ha concluso Montaruli. 

Per quanto riguarda la parità tra uomo e donna, al netto del giudizio della deputata, la nuova versione del testo della proposta di riforma non fa comunque distinzione tra madre o padre.  

Il verdetto

Secondo la deputata di Fdi Montaruli il testo dello “ius scholae”, la riforma della cittadinanza in esame alla Camera, prevede che la cittadinanza italiana per un minore figlio di genitori stranieri possa essere richiesta anche da uno solo dei genitori. In questo modo, secondo la deputata di Fdi, verrebbe compromessa sia la «parità genitoriale» e sia «quella tra uomo e donna».

Abbiamo verificato e, al netto delle opinioni espresse sulla «parità genitoriale», la deputata di Fdi ha ragione. In base alle ultime modifiche della Commissione Affari costituzionali, il testo della riforma prevede che la richiesta di cittadinanza per un minore debba essere eseguita da un solo genitore residente legalmente in Italia. 

[1] L’emendamento presentato da Ceccanti e dagli altri deputati del Pd è il numero 1.240

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